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Ocalan, un rifugiato nell'isolamento di Imrali
by da anarcotico Friday, Apr. 01, 2005 at 2:07 PM mail:

La Turchia sta per entrare nell'Unione Europea con un carico di scheletri nell'armadio. Uno di questi si chiama Abdullah Ocalan, precursore della lotta curda per la democrazia e la libertà e presidente del Pkk (Partito Comunista Kurdo), da sei anni letteralmente isolato dal mondo.

Sia perché chiuso in una prigione di massima sicurezza dove può vedere la luce solo due ore al giorno, sia perché la prigione è sull'isola di Imrali.
Quest'isola-prigione non è una semplice prigione ma nei fatti un luogo di violazione dei diritti civili. L'isolamento di Ocalan, infatti, è quasi completo. Oltre ad essere l'unico detenuto della struttura, quello che sorprende è la condizione stessa dell'isolamento. La sua cella di 13 metri quadrati è sorvegliata 24 ore su 24 con una telecamera, e, da uno spioncino alla porta, una squadra di ufficiali scelti che cambia continuamente (per non fare stringere amicizie al detenuto) lo controlla una seconda volta. Non è provvista né di televisione né di radio. I pochi libri e i giornali che i suoi avvocati gli riescono a portare, dopo restrizioni spesso arbitrarie, non possono superare il numero di tre. Va aggiunto poi che, oltre al fatto che gli è vietata la corrispondenza, dall'inizio del 2002 arbitrarie sono anche le restrizioni sulle visite. Infatti da quel momento Ocalan passa spesso settimane di totale isolamento a causa delle scelte dei militari. Perché sempre più spesso, senza motivo apparente, impediscono agli avvocati di arrivare sull'isola. Quindi se prima i suoi avvocati personali lo vedevano un'ora alla settimana, adesso è frequente che ciò accada solo un'ora al mese. Esattamente quello che è sempre successo per i parenti stretti.
Proprio questo stato d'isolamento ha danneggiato considerevolmente lo stato di salute fisica e psichica del detenuto. Se prima della sua cattura il leader curdo soffriva esclusivamente di sinusite cronica, adesso, da quanto trapela dal Comitato per la prevenzione della Tortura e dei Trettamenti disumani del Consiglio d'Europa (CPT), il suo stato di salute è fortemente compromesso. Gravemente danneggiati sono i sensi dell'olfatto e del gusto, e sono visibili i primi sintomi di asma. Questo perché le visite mediche sono scarse (15 minuti a settimana), e non esiste una strumentazione necessaria per fare un completo controllo sanitario. Tra l'altro dalle pendenze in giudizio della Turchia di fronte alla Corte Europea per i Diritti Umani si evince che, sinora, non è mai stata intrapresa un'appropriata indagine sullo stato di salute di Ocalan. Ma è evidente che una detenzione di cinque anni in condizioni di isolamento causi a qualsiasi essere umano gravi problemi fisici e psichici. Non a caso lo stesso CPT ha esortato la Turchia a migliorare sensibilmente le condizioni di detenzione, e gli avvocati del leader curdo, dal momento dell'arresto, sono impegnati in una battaglia giuridica per fare in modo che la Corte Europea dei diritti umani protegga la sua vita.
"Ocalan è detenuto in maniera disumana" ci ha dichiarato Juri Carlucci dell'Associazione "Azad", fondata dal pacifista Dino Frisullo, vero simbolo della difesa dei diritti di questo popolo nel nostro paese. "I criteri di Copenaghen (nel 2002 a Copenaghen si è riunito un Consiglio Europeo che ha stabilito i criteri di ammissione all'Ue dal punto di vista delle libertà civili, ndr) non sono rispettati dalla Turchia" insiste Juri. "La condizione delle carceri turche ricorda quello che è successo a Bolzaneto" ci ha detto riferendosi alle torture subite nel 2001 dagli altermondialisti che contestavano il G8. Mentre Yilmaz Orkan, dell'associazione Kurda "Uiki Onlus", ci ha detto: "Il problema è che anche i responsabili del CPT, come l'italiano Mauro Palma, sono tenuti a non parlare delle condizioni dei detenuti delle carceri su cui stanno indagando".
Ieri una cinquantina di curdi li hanno seguiti davanti montecitorio per chiedere al nostro paese di fare qualcosa per "revocare il regime detentivo d'isolamento". Perchè quando nel '99 Ocalan approdò nel nostro paese gli venne riconosciuto l'asilo politico come rifugiato. "Ci appelliamo alla sensibilità mostrata dell'Italia verso la questione curda ed il suo leader, oltre che agli impegni giuridici esistenti verso di lui in quanto riconosciuto come rifugiato in questo paese" si leggeva su un loro documento che ricorda la responsabilità diretta del nostro paese in questa triste vicenda.
Un paradosso, se si pensa che Ocalan si batteva per la sopravvivenza e l'autodeterminazione del suo popolo che, al contrario dei cugini iracheni utili alleati degli Usa, consuma la propria tragedia nell'indifferenza della comunità internazionale.

Emanuele Profumi

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