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Col sangue agli occhi e a testa alta per riflettere e andare avanti
by Radio Onda Rossa Tuesday, Jul. 12, 2005 at 12:38 PM mail: ondarossa@ondarossa.it

Alcuni spunti di discussione a partire dalle recenti aggressioni fasciste Radio Onda Rossa, Roma, luglio 2005

Chi non ha voglia di parlare di capitalismo non parli nemmeno di nazismo
Max Horkheimer

Nelle ultime settimane abbiamo vissuto un trauma collettivo: quello stesso sgomento che la notizia della morte di Dax provocò due anni fa si è ripresentato oggi con violenza, senza il dolore per la perdita di un compagno ma con pari inquietudine nel prendere atto del livello d’infamia espresso dai fascisti, in questa occasione organizzati ad aggredire armi alla mano.
Il tentativo di uccidere Bernardo, un compagno di Radio Onda Rossa, per mano di una banda che ha assalito l’ingresso del Centro Sociale Forte Prenestino nella notte del 3 giugno, ci pone domande che non possiamo eludere, dal momento che quel giorno si voleva il morto e per pura casualità non si è arrivati a tanto. L’altrettanto vile e sanguinosa aggressione che pochi giorni dopo c’è stata fuori il Barocchio Squat di Torino ha fornito ulteriori elementi di preoccupazione in questo senso.

Non è facile capire la fase che stiamo attraversando. Scontiamo una mancanza di elaborazione, o peggio ci nutriamo di elaborazioni a nostro avviso fuorvianti, come quelle che tentano di sminuire quanto avviene o considerano l’antifascismo materia da specialisti di settore.

L’Antifascismo istituzionale, di partiti, sindacati, associazioni, ecc., non è quel che ci interessa e non è in quella direzione che rivolgiamo queste riflessioni. Nel suo nome i Padri della Patria hanno fatto danni incalcolabili dal nostro punto di vista e ancora oggi assistiamo a un pasticcio di ricorrenze condite con liturgie al cui interno vi è più sottocultura fascista di quanta non se ne voglia scansare (patria, stato, nazione, famiglia).
Né pensiamo che affrontare la questione fascista si possa ridurre esclusivamente a esercizi muscolari o ritualità dello scontro fisico, senza riflettere e agire in senso più ampio sulle cause che la generano. Il fascismo non si può ridurre semplicemente a un corpo sociale estraneo da isolare ed espellere. I contesti sociali in cui viviamo sempre più spesso esprimono fascismo. Contrastare queste dinamiche significa innanzitutto individuarne le origini e disarticolarne le componenti senza illudersi che solo chi si riconosce nei lugubri simboli nazi-fascisti e nelle organizzazioni che a essi fanno riferimento sia portatore di una cultura di morte, sopraffazione, stupro e razzismo. Se non si intraprende un'opera di attenta analisi e riflessione sulle cause e sui valori cui il fascismo attinge, si rischia di riconoscersi in un antifascismo come puro schieramento di facciata che riproduce alcuni degli atteggiamenti di cui il fascismo si compone.

Le aggressioni fasciste degli ultimi tempi non sono squallide riapparizioni di frange di nostalgici. I simboli e le grida non debbono trarre in inganno. Una destra populista e identitaria, con venature religiose integraliste, è il pilastro su cui si basa il fascismo attuale.
Sembra di essere di fronte a una realtà in movimento, non ancora “movimento” strutturato, che però raccoglie consenso grazie alle vulgate nazional-popolari ben manipolate dai mass-media. Una ideologia che ha come cemento unificante il meccanismo identitario artificiosamente costruito su una miscela di tradizioni/radici e veicolato col linguaggio dell’esclusione, dell’intolleranza e soprattutto della guerra.
La guerra appunto e il suo potente meccanismo d'indottrinamento messo in campo per digerirla e accettarla come dimensione normale della politica. L'abuso delle divise, dell'onore, delle gerarchie hanno attecchito con forza nel ventre molle del senso comune, nutrendosi della retorica su "i nostri soldati, i nostri alleati, i nostri funerali di stato, ecc."
La Tolleranza Zero istituzionale è il modello su cui si producono sempre nuove forme d’esclusione, minoranze di turno ed emergenze securitarie su cui si inseriscono le intolleranze fasciste. Sia chiaro: il problema non è nell'intolleranza come categoria, ma nell'orientamento che questa assume. Immaginare un'intolleranza contro lo sfruttamento, l’oppressione e la repressione anzi è un compito che ci spetta. Il terreno dell'antifascismo riempito dell'intolleranza genuina, nutrito della rabbia necessaria può essere un tassello di una strategia per non farci trovare morti.

La pratica delle compagini fasciste si articola su diversi livelli: cerca aggregazione sociale nei quartieri e nelle curve degli stadi, ma punta anche alla legittimazione tramite il voto e le forme istituzionali. Una legittimazione che passa attraverso la costruzione di poli che guardano alla destra sociale, da Alternativa Sociale di Fiore, Mussolini, Tilgher alle formazioni legate direttamente ai ministri Alemanno e Storace della Destra Sociale di Alleanza Nazionale, fino ad arrivare alle realtà dell’integralismo cattolico.
A Roma, vero laboratorio politico sotto questo punto di vista, la legittimazione passa anche attraverso la costruzione di iniziative di carattere intellettuale, come quelle promosse e finanziate da Casa Pound alle quali partecipano giornalisti, intellighenzia universitaria, editori, critici d'arte, avvocati e politici vari.
Le basi materiali su cui viaggia questo fascismo sono la condizione di impoverimento e di emarginazione che provoca smarrimento in ampi strati di classi subalterne, sempre più lasciate a dibattersi nell’insicurezza come dimensione quotidiana: una condizione feroce ed insopportabile.
Siamo in tempi di crisi. Le condizioni sociali si aggravano di giorno in giorno e la forbice tra ricchi e poveri si allarga facendo pagare a questi ultimi il costo della crisi. Sfruttamento, precarizzazione, mancanza di reddito sono alla base di un ricatto quotidiano e determinano l’impossibilità di costruire un futuro libero e autonomo. L'attuale fase di sviluppo capitalistico si fonda sulla precarizzazione delle nostre vite, per scaricare verso il basso i costi di produzione, per il governo della crisi stessa. Il controllo sulla vita determinato dalla precarietà è la forma di organizzazione sociale adeguata a questa nuova strategia.
Chi cerca soluzioni immediate a questa condizione non le trova senz’altro nella sinistra istituzionale, che anzi appare sempre più lanciata verso il governo tecnocratico della crisi e la pacificazione sociale. È così facile per i mestatori indirizzare il malessere verso la ricerca del capro espiatorio. Il diverso viene identificato come pericoloso ed estraneo a un corpo sociale che l’ideologia vuole coeso, laddove è semplicemente omologato.

Fuoriuscire dal paradigma della crisi è possibile solo grazie alla costruzione di un nuovo rapporto di forza in grado di imporre condizioni di avanzamento e di trasformazione che ribaltino la dinamica della crisi. Oggi è necessario dichiarare l'indisponibilità a prendere sulle proprie spalle quanto viene presentato come "realtà della crisi". Al contrario, accettarne il paradigma così come i padroni lo presentano, non comporta altro che l'aggravarsi di una crisi più generale per le classi subalterne.
I fascisti dentro questo quadro assumono un doppio ruolo. Da una parte quello di sempre, mazzieri, assassini sguinzagliati a contrastare qualsiasi ipotesi e percorso possibile di lotta, di sviluppo di movimenti sociali in grado di resistere alle scelte neoliberiste e impopolari; dall'altro tentano di proporsi come rappresentanza, per cavalcare le forme di protesta e disagio sociale in senso populista. In questo quadro va letta la loro presa di parola sulle questioni della precarietà, dei diritti sociali, dei bisogni, come quello della casa.

Nel tratteggiare questo scenario, non si può tacere della svolta autoritaria in atto negli apparati di potere e di controllo di questo paese. In occasione del Global Forum del marzo 2001 a Napoli si ebbero le avvisaglie di ciò che di lì a pochi mesi si sarebbe manifestato in tutta evidenza a Genova durante il G8 e ancora oggi continua incessantemente con arresti, denunce, sgomberi. Come non sottolineare il fatto che a tot scioperi si risponde ormai con tot precettazioni? Svolta autoritaria che tende a radicalizzarsi a partire proprio dalla necessità del capitale di costruire rapporti di forza in grado di azzittire e azzerare ogni forma di lotta, di opposizione, di dissenso che si pongano fuori del “quadro della compatibilità della crisi”.
Esiste un legame chiaro tra le migliaia di lavoratori precettati, le cariche in piazza, gli arresti e le denunce di compagni, l'aumento dei detenuti, la costruzione di carceri private per tossicodipendenti, i lager per i migranti e il ruolo della destra neofascista. Svolta autoritaria e fascisti, dentro questa dinamica di "controllo, prevenzione e repressione", sono complementari e spesso contigui.

Radio Onda Rossa è una radio di movimento e in movimento. Perciò auspichiamo un ampio dibattito intorno a queste questioni in cui connettere la lotta al liberismo, all'autoritarismo e al fascismo dentro la costruzione di un’opposizione antagonista. Con queste linee di riflessione appena tratteggiate, vorremmo facilitare, per quanto nelle nostre modeste possibilità, momenti comuni di elaborazione e di costruzione di iniziative in cui determinare i passaggi per uscire dalla spirale della "risposta all'ultima aggressione".

In ultimo, ma non per ultimo il nostro pensiero va a Bernardo, coraggioso e generoso, intollerante e indifeso. Il caso ha voluto che la sua voglia di vivere abbia prevalso su chi lo voleva morto, per lui e per noi tutti vale la pena di tentare una strada nuova.

Radio Onda Rossa, Roma, luglio 2005


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