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Maurizio Laudi Boia, magistrato, o entrambe le cose?
by el Zapatero Sunday, Aug. 21, 2005 at 8:52 PM mail:

Maurizio Laudi Boia, magistrato, o entrambe le cose?



Dopo esserci occupati del pubblico ministero Marcello Tatangelo ci sembra
doveroso presentare al pubblico la figura di un altro grande
rappresentante della procura torinese che del predetto è diretto
superiore, maestro, guida spirituale e burattinaio: il procuratore
generale Maurizio Laudi.
Più anziano di una decina d'anni del collega, di vasta esperienza, egli è
dotato di maggior freddezza, si muove nelle aule di tribunale come un
chirurgo che affonda senza timore il bisturi nella carne del malato. Che
il paziente sopravviva o meno è del tutto ininfluente, l'importante è che
l'operazione riesca, sempre e comunque.
Singolari analogie e parallelismi si intersecano nelle esistenze dei due
magistrati.
Anche Laudi - come Tatangelo - da piccolo prediligeva cappi e nodi
scorsoi. Dimostrò una particolare predisposizione alla tortura. Catturava
per gioco piccoli animali ma solo dopo infinite sofferenze le povere
bestiole venivano impiccate.
Come il collega si appassionò molto all'illusionismo. Specialista in
digitazione era capace, servendosi di verbali d'acquisizione di prove
insignificanti, di costruire enormi castelli di carte che purtroppo
cadevano al primo alito di vento. Data la difficoltà a procurarsi il
materiale pensò di fabbricarselo da sé. Una volta, grazie alla complicità
di un compagno di giochi (tale Petronzio) riuscì persino a stampare dei
falsi volantini dei Lupi Grigi.
Appassionato cultore del dio Galera, i suoi interessi spaziavano dai
carceri normali agli speciali, dai lager nazisti ai Gulag sovietici.
All'università si laureò a pieni voti con una tesi dal titolo "La tortura
psicologica. Fattore importante nell'evoluzione del suicidio del detenuto"
che è tutt'oggi considerato uno dei testi più rappresentativi in materia.
Pubblicò diversi articoli su riviste specializzate, tra i più importanti e
stimolanti citiamo: "Il suicidio. Rimedio ottimale al sovraffollamento
delle carceri", "Come fabbricare dal nulla prove granitiche" e il recente
"La valutazione spropositata del reato ovvero come arrestare gli indagati
a piede libero".
Fece i suoi primi passi in magistratura nei roventi anni di piombo in cui
- grazie alle grandi possibilità offerte dalle leggi speciali - ebbe la
possibilità di sperimentare le sue teorie.
Applicò senza risparmio la tortura psicologica e ottenne ottimi risultati.
Non si contano gli indagati trasformati in infami che denunciarono i
propri compagni. Dotato di un'arguzia eccezionale fece circolare la voce
che anche quelli che non avevano parlato fossero delatori. Sembra che
proprio grazie a questa tecnica riuscisse a procurarsi il primo suicidio.
Acquisì grande notorietà e fu insignito dell'onorificenza di
Grand'Ufficiale del Sacro Ordine degli Impiccatori di Stato.
Purtroppo ad un certo momento il terrorismo esaurì la fase storica che
l'aveva determinato. Per Laudi fu un duro colpo. Improvvisamente su di lui
si chiuse il sipario e si spensero le luci. Il suo nome fu cancellato dal
cartellone.
Si occupò di calabresi, croupier e sassi dal cavalcavia ma il suo nome
ormai appariva sempre e solo nei titoli di coda.
Tentò di acquisire visibilità mediatica come giudice sportivo ma anche in
questo campo era considerato solo un insignificante burocrate del lunedì.
Solo nel 1998 riuscì a ritornare alla ribalta. E ciò grazie a una geniale
intuizione: "Se il terrorismo non esiste, bisogna inventarlo".
Immediatamente si mise all'opera. Ripresa la teoria del giudice romano
Antonio Marini (i terroristi si trovano nei centri sociali) la rielaborò
totalmente (i terroristi sono i centri sociali), formula da cui Tatangelo
ricaverà la teoria dell'extra-territorialità).
Applicando queste formule elaborò un piano di grande respiro che
comprendeva squatter, Lupi Grigi, raudi, pipe-bomb, bombolette spray,
portoni bruciacchiati, saldatrici, bombole del gas, timbri datari,
fiammiferi, medicamenti alternativi, bolli taroccati, libri nazisti e
favole sugli gnomi, mitragliamenti di turisti, zucchero nei serbatoi,
bottiglie di vernice, tondini di ferro. Il tutto meticolosamente inserito
in un preciso disegno eversivo.
In questo lavoro espresse il meglio della sua fantasia, tanto che vinse il
primo premio al festival internazionale del romanzo d'appendice e oggi il
suo nome figura a pieno titolo accanto a quelli prestigiosi di Carolina
Invernizio, Liala e Colette.
Più dei riconoscimenti quello che lo rende orgoglioso sono i risultati
ottenuti: due cadaveri (di cui uno addirittura argentino) da aggiungere al
proprio carniere.
Grazie alla sua ferma determinazione nel distruggere la vita di anarchici,
squatter e sovversivi vari potè giovarsi di prestigiose complicità nei
collegi giudicanti, sia di primo che di secondo grado, composti dai
giudici Giordana (dio l'abbia in gloria) e Accordon.
Purtroppo le sue tesi nel campo della persecuzione politica non
incontrarono i favori dei magistrati di cassazione i quali, rappresentanti
di una cultura giuridica retrograda, non compresero il carattere
innovativo delle sue teorie e l'applicazione disinvolta delle leggi da lui
perseguita.
Uomo di larghe vedute, sincero democratico e progressista, apertamente
schierato a sinistra si onora dell'amicizia del DS Luciano Violante, di
cui gode protezione. Tra i suoi ammiratori è da annoverare il sindaco
Olimpionico Chiamparino.
D'altro tenore è invece l'opinione che di lui hanno gli occupanti di case.
Continuamente lo gratificano della qualifica di Boia Assassino, anzi - per
nulla intimoriti della sacralità del luogo - ebbero persino l'ardire di
gridarglielo in faccia in tribunale il giorno della lettura della sentenza
del processo Pelissero. La sua reazione non si fece attendere. 14 furono
denunciati e condannati.
Ma il grave danno alla sua immagine non si arrestò. Non contento, uno di
loro scrisse addirittura un libro per confutare le sue tesi, in cui veniva
dimostrato passo passo - documenti alla mano - come tutto il castello
accusatorio fosse precostituito e privo di fondamenta.
Solo oggi, avvalendosi del suo delfino Marcello Tatangelo, l'ufficio da
lui presieduto ha potuto procedere con il giusto rigore contro lo
scriteriato autore di un libello che non solo minava la sua credibilità ma
demoliva irrimediabilmente tutto l'impianto teoretico da lui elaborato.
Perché non sembrasse una questione strettamente privata tra Laudi
Tatangelo e l'autore de "Le scarpe dei suicidi", già condannato per averli
pubblicamente ingiuriati, ha dovuto nuovamente ricorrere ai soliti
sistemi: una montatura in grande che vede coinvolte ben 17 persone, di cui
7 in galera. Il tutto ovviamente sulla base di prove insignificanti.
Pare che l'autore del libello, per nulla intimorito dalla severa
applicazione della legge, non si dia per vinto e abbia intenzione di dare
battaglia, trasformare il processo in accusa contro i due PM, riportando
in aula i fantasmi di Sole e Baleno.
Chissà se (nonostante le protezioni politiche e corporative di cui godono
i due PM) riuscirà a prevalere la ragione o se un furto di gelati verrà
punito come devastazione saccheggio. Staremo a vedere.

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