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articolo di un INFAME
by riggitano Monday, Nov. 07, 2005 at 12:24 PM mail:

PERICOLO TERRORISMO RAFFORZATI I CONTROLLI DOPO IL PACCO ESPLOSIVO RITROVATO A GIAGLIONE E IN VISTA DELLE OLIMPIADI
Dentro la bomba un messaggio di minacce
Nel mirino polizia e carabinieri. Il prefetto i siti sono centinaia, l'unica arma è la prevenzione
7/11/2005
di Massimo Numa, inviato a SUSA



C’era anche un messaggio, all’interno della videocassetta utilizzata come contenitore di un candelotto di esplosivo: poche parole, tracciate su un foglio: minacce precise contro polizia e carabinieri. Le indagini sulla bomba (un candelotto con 200 grammi di dinamite, più un innesco) trovata a Giaglione, al km. 56 della Statale 25, sopra Mompantero, aprono un capitolo nuovo. Si profila all’orizzonte il pericolo di una nuova stagione di attentati al tritolo, idealmente collegati a quelli avvenuti nei primi Anni Novanta.

Il prefetto di Torino, Goffredo Sottile, dopo il vertice di sabato in prefettura, parla ora «di un controllo attento ai possibili obiettivi dei terroristi, i più importanti, anche se appare francamente impossibile proteggere le migliaia di siti a rischio». E la situazione? Com’è? «Siamo in una fase di attesa, di relativa tranquillità. Le misure di sicurezza sono sempre altissime; non è possibile stabilire adesso se questa calma proseguirà anche nei prossimi giorni. Vorremmo poterlo dire, ovvio, ma non è possibile». Intanto, i tecnici Ltf, da qualche giorno, sono sotto scorta. L’assedio di giovedì, gli insulti rivolti anche ai loro familiari, hanno indotto la Digos ad aumentare ancora il livello di protezione. Gli inquirenti hanno tracciato da tempo una mappa dei possibili target di chi vorrebbe trascinare nella violenza il movimento No Tav, un cui - da molto tempo - si sono infiltrati elementi dell’Autonomia torinese. «Predicatori d’odio», così li definiscono all’Antiterrorismo.

Oggi si dissociano dai volantini che inneggiano alla lotta armata e dalle bombe. Ma da anni «cercano di radicalizzare in senso estremista la lotta dei valligiani contro l’Alta Velocità», è scritto in un rapporto dell’Antiterrorismo. I blocchi stradali e ferroviari porteranno presto 72 persone, sindaci e amministratori della Comunità Montana, compresi 18 autonomi dei centri sociali, davanti ai pm torinesi. Accuse pesanti. La più grave, resistenza a pubblico ufficiale. Per i blocchi stradali e ferroviari, depenalizzati da tempo i reati, ci sarà una catena di sanzioni amministrative, una volta terminata l’identificazione di tutti i responsabili. La protezione dei siti sensibili, divisi in settori (olimpici, comunicazioni, impianti) metterà a dura prova l’apparato di sicurezza coordinato dalla prefettura. I più importanti, cioè le centrali elettriche, i ripetitori, i caselli delle autostrade, le aree dove passano le linee di comunicazione tra Italia e Francia e le stazioni, saranno oggetto di una particolare vigilanza.

«Siamo consapevoli che i terroristi possono puntare su qualsiasi obiettivo. Non possiamo piazzare un poliziotto su ogni traliccio. La prevenzione, in questi casi, è l’unica arma efficace», spiega il prefetto. Si cerca, analizzando la catena degli attentati dei primi anni ‘90, di trovare la chiave per evitarne di nuovi. La scelta di abbandonare la bomba (che non poteva esplodere) proprio a Giaglione, ha un evidente valore simbolico. Il 10 marzo del 1997, infatti, un ordigno fu fatto esplodere davanti alla porta della chiesa. Ci fu un incendio, e vennero ritrovati volantini siglati «Val Susa Libera». Inneggiavano alla lotta armata, e si chiudevano con un appello ai partigiani valsusini caduti durante la Resistenza. Tra questi, Carlo Trettenero. Lo stesso nome compare anche, con modalità quasi identiche, nel documento sequestrato pochi giorni fa a Bussoleno, firmato da «Val Susa Rossa».

Le analogie tra i due documenti sono sorprendenti. Sembrano elaborati dalla stessa mano. E torna alla memoria la figura di un anarchico valsusino, Silvano Pelissero, che - arrestato dalla Digos di Torino per alcuni attentati avvenuti proprio in quegli anni - è tornato da qualche tempo in libertà. La prima apparizione pubblica fu a settembre, quando comparve all’improvviso nello stand del Festival de l’Unità dove era in corso un dibattito sulla giustizia. Pelissero, assieme a un gruppo di contestatori, minacciò il procuratore aggiunto Maurizio Laudi, fingendo di impugnare una P38. Puntata sul magistrato. Quasi un classico. Pelissero ritornò in valle, di cui conosce ogni anfratto, e ha fatto perdere le sue tracce. Non ha una residenza ufficiale, ma tutti sanno che è lì, con la sua antica e provata passione per gli esplosivi, per le frasi ad effetto «contro la borghesia capitalista».


http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200511articoli/29girata.asp

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