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Tecniche di disinformazione-Parte B | ||
by IMC-Italia Monday, Oct. 14, 2002 at 10:40 PM | mail: | |
Tecniche di disinformazione, manuale per una lettura critica dei media-Escuela popolar de Madrid- Grupo de Aprendizaje colectivo- Comunicacion popular- Parte B- IL LINGUAGGIO B) IL LINGUAGGIO 1. IL LINGUAGGIO SCRITTO La redazione della notizia occulta spesso, sotto la facciata della neutralità ed oggettività, la valutazione del/la giornalista e del media per il quale lavora. Possiamo distinguere diverse tecniche per far scivolare, mediante il solo uso dell’espressione scritta, l’opinione dei redattori sopra l’informazione che ci offrono: 1.1 Tono/linguaggio orientato L’uso, a seconda dei casi, di un tono trionfalista, peggiorativo o di condanna tagliente, presentando come indiscutibile la valutazione positiva o negativa di un fatto a traverso il linguaggio, per togliere ogni dubbio e dibattito in merito. Un esempio lo troviamo in El Paìs 3/6/99 (pag. 54) nella notizia “Anguita chiama i sette milioni che dissero no alla NATO”, nella quale il giornalista introduce una gran quantità di espressioni peggiorative ed ironiche per ridicolizzare il protagonista della notizia, e per tanto delegittimare i suoi progetti (vedi sottolineato). Un’altra maniera più sottile per screditare una cosa mediante il linguaggio è l’uso delle virgolette. Non per trascrivere una dichiarazione, come vedremo nel punto Fonti di Informazione, ma per mettere in dubbio un termine od un fatto. Per esempio, nelle notizie che si riferiscono alle occupazioni di solito mettono fra virgolette l’espressione Centro Sociale, mentre non accade lo stesso se si tratta di un centro sociale o culturale del comune. La stessa cosa avviene con l’espressione Scuola Popolare, che nelle notizie viene messa fra virgolette mentre non viene fatto lo stesso con le scuole statali o private. Evidentemente, in questi casi ed in molti altri le virgolette hanno la funzione di screditare e mettere in dubbio il loro contenuto. 1.2 “Parole magiche” La creazione ed imposizione di una opinione mediante ciò che abbiamo chiamato “parole magiche”, vale a dire: termini con una connotazione positiva (sviluppo, crescita, tecnologia, Europa, moderato, competitività, impiego, flessibilità) o negativa (primitivo, radicale, illegale, fondamentalista, protezionismo). Questi sono utilizzati così ripetutamente in certi discorsi o contesti che finiscono assumendo per conto loro un valore aggiunto, una connotazione che va oltre il loro semplice significato. Il risultato pratico è che, una volta generata la “parola magica”, basta associarla a qualsiasi tema o argomento per impregnarlo dei suoi valori. Così per presentare la liquidazione del settore pubblico come qualcosa di positivo basta risaltare (se possibile nei titoli) che questo va a generare più competitività, più crescita, o che ci avvicinerà di più all’Europa. E per giustificare e legittimare l’investimento multimilionario dello Stato in armamenti, basta riferirsi alla quantità di impiego che questo genera. In cambio, per demonizzare e criminalizzare qualsiasi iniziativa o azione dei movimenti sociali o popolari che metta in dubbio seriamente il sistema dominante, si usa ed abusa del termine “radicale”, previamente negativizzato ed associato a concetti come “fanatico”, “ultrà” o incluso “terrorista”. (vedi gli esempi nel “Collage” di pagina 55). 1.3 Associazioni di parole e fatti Alcune parole inoltre sono di solito associate a determinati collettivi o persone (“giovani radicali” o “giovani violenti”, “radicalismo basco”, “esercito umanitario”, “integralismo/radicalismo arabo/islamico”…) di modo che una delle due parole finisce per evocare automaticamente l’altra. In altri casi la manipolazione si produce nell’associare ripetutamente certi collettivi con determinati fatti. Il miglior esempio è il caso di fatti delittuosi che hanno come protagonisti immigrati, nei quali solitamente viene risaltata (e normalmente nei titoli) la nazionalità o condizione di immigrato/a degli stessi. Anche se normalmente le notizie non stabiliscono una relazione diretta ed esplicita fra il fatto di essere immigrato e la delinquenza, si genera per ripetizione una stretta associazione fra l’immigrazione e fatti delittuosi o di conflitto, fomentando con ciò allarme sociale, xenofobia e razzismo. (vedi gli esempi nel “Collage” di pagina 55). 1.4 Eufemismi e tecnicismi Hanno l’effetto di banalizzare, ammorbidire o togliere valore alla portata di un argomento, presentandolo sprovvisto del suo proprio contenuto e significato. Per esempio, presentando un certo armamento come un prodotto di alta tecnologia, utilizzando espressioni eufemistiche come “danni collaterali” invece di civili morti quando si parla di una guerra, “forze dell’ordine” invece di forze di polizia o forze repressive, “intervento aereo o terrestre” invece di attacco, bombardamento o invasione, “maltrattamenti o violenza domestica” invece di aggressione o violenza maschilista o maschile, ecc. Abbiamo un buon esempio in un articolo di El Mundo del 23/12/97 (vedi pag. 56) intitolato “Santa Barbara termina la creazione dell’obice più avanzato del mondo”, che presenta una nuova arma come se si trattasse della pubblicità dell’ultimo modello di una macchina. La notizia, piena di tecnicismi, sottolinea le sue qualità e prestazioni tecniche, la sua tecnologia all’avanguardia, però non dice niente sulla sua capacità distruttiva, il prezzo che costerà ai paesi che pretendano acquistarlo, in che tipo di guerre e per quali fini si può utilizzare, ecc. (vedi esempi nel “Collage” di pagina 55). In altri casi l’uso di un certo linguaggio tecnico, come il gergo giuridico, amministrativo o di determinate professioni complica, quando non impedisce, alla maggior parte dei lettori di comprendere il significato di certe notizie (come abbiamo visto nelle notizie di El Paìs del 11/11/98 e del 9/3/99, pagine e ).allo stesso tempo, con l’utilizzo di questi termini tecnici-specializzati si pretende di rivestire l’informazione (con le valutazioni ed opinioni che incorpora) di autorità e oggettività, appoggiandosi sul carattere di indiscutibilità che viene attribuito di solito a tutte le cose scientifiche. 1.5 Espressioni orientate Senza che siano precisamente degli eufemismi, sono “frasi fatte” che tendono a ripetersi nel linguaggio giornalistico, e che servono per orientare in un certo senso la descrizione apparentemente oggettiva di certi fatti. Gli esempi sono innumerevoli, anche se vale la pena di riportarne alcuni: Per esempio, per giustificare cariche poliziani nel caso di manifestazioni, si suole utilizzare le seguenti espressioni: “La polizia si vide obbligata a caricare”, o “Provocarono la carica della polizia”. Così in molti casi si scarica la responsabilità della violenza su coloro che prendono le botte. Quando non si verificano cariche, numerose relazioni di manifestazioni finiscono con espressioni tipo: “Non ci sono stati incidenti”. La formula non è innocente, perché sembra indicare la cosa come un fatto eccezionale. Vale a dire che sottolineando che non ci sono stati incidenti si vuol fare capire che la cosa normale sarebbe stato il contrario, e con ciò si insiste sottilmente nel conferire un’immagine violenta a certi gruppi o collettivi. L’espressione: “Fonti ben informate” si suole utilizzare per dare affidabilità ad informazioni estratte da fonti inconfessabili, sospettose o direttamente per legittimare rumori o informazione inventata. Il conflitto basco, tanto contaminato dalla disinformazione, ha “lanciato la moda” fra i media ufficiali dell’uso di sue espressioni orientate contrapposte: “violenti” e “democratici”, la prima per inglobare tutte le espressioni del nazionalismo basco, da ETA a coloro che votano o simpatizzano per il MLNV (Movimento di Liberazione Nazionale Basco), e la seconda per tutti gli altri, con il PNV (Partito Nazionalista Basco) gravitando fra le due etichette, a seconda del momento politico. Un concetto così ampio ed ambiguo come quello di “violenza”* è attribuito in maniera così ripetitiva, semplicista ed assoluta ad un movimento (del resto molto variegato e contraddittorio) che la tremenda campagna mediatica sta riuscendo nel fatto che basti citare l’aggettivo “i violenti” per identificare tutto il movimento nazionalista basco, convertendolo in sinonimo di violenza. E tutti i suoi oppositori in sinonimo di “democratici” o “pacifisti”. · Non ci dimentichiamo che è lo stato che ha il monopolio della violenza, contando con migliaia di persone allenate e pagate per esercitarla sotto eufemismi come “Difesa” o “sicurezza”. I celerini sono pagati tanto per controllare violentemente come per provocare la violenza; i soldati per risolvere violentemente i conflitti internazionali a favore di interessi economici o di potere delle elìtes. La legittimità istituzionale e mediatica per attribuire o esonerare dall’aggettivo “violento” un collettivo è quindi più che dubbia e criticabile. In questo caso, sia alcuni settori del MLNV sia alcuni settori dello Stato utilizzano metodi violenti, fra le altre strategie, per riuscire nei propri obbiettivi. (vedi esempi nel “Collage” a pag. 55) 1.6 Stili narrativi Per scrivere certe notizie spesso si utilizzano diversi stili narrativi (epico, lirico, satirico, pubblicitario), cercando così di generare un sentimento di consenso o rifiuto verso alcuni fatti che se non fossero narrati in questa maniera potrebbero suscitare nel lettore impressioni non convenienti. Un chiaro esempio si trova in “Piccola storia di un aviatore notturno”; notizia di El Paìs del 30/5/99 (vedi pag. 57), nella quale si utilizza uno stile fra il poetico e l’epico per descrivere un bombardamento. Il giornalista dà briglia sciolta alla sua lirica fino a convertire uno scenario di guerra in un’avventura romantica, cercando di suscitare certe emozioni. Per far ciò non esita ad utilizzare figure letterarie come metafore o simili adornate con numerosi aggettivi. Riesce così a sdrammatizzare le dure conseguenze che si associano a ciò che in realtà è un polemico intervento militare di castigo, esaltando contemporaneamente fino a livelli “da film” l’operato degli aggressori aerei. 2. IL LINGUAGGIO DELLE IMMAGINI Le fotografie di un periodico compiono in teoria basicamente due funzioni: verificare visivamente l’informazione riportata nel testo, rendendola più realistica, ed eventualmente aggiungere nuova informazione che completi il testo. Però in realtà la foto è utilizzata per altre “funzioni nascoste”. Abbiamo già visto per esempio nel punto 3 del capitolo A che grazie alla loro visibilità le foto potevano essere utilizzate per risaltare alcune notizie. A parte questo effetto, possono anche servire per influenzare sottilmente sul contenuto dell’informazione. 2.1 Immagini manipolative Un’altra “funzione occulta” della fotografia consiste dunque in cambiare il senso di una notizia (alleggerendola, rinforzandola, distogliendo l’attenzione, ecc.), e può arrivare anche a contraddirla. Dato che alla fotografia viene data un’immagine di oggettività (si riceve come un “frammento della realtà stessa”), ottiene di solito una credibilità abbastanza acritica da parte del lettore e impone il suo “messaggio” al contenuto nello stesso testo. Noi lettori non siamo molto coscienti del fatto che anche la foto si costruisce e disegna come un’espressione in più col suo proprio linguaggio, secondo piani, illuminazione, uso di simboli ed altri trattamenti. Un buon esempio di come alleggerire la durezza di una notizia tramite la foto lo abbiamo nell’articolo intitolato “Solo la metà dei detenuti tossicodipendenti riceve il trattamento con il metadone” pubblicato su El Paìs il 18/03/99 (vedi pag. 58). Per illustrare la notizia di un informe di Izquierda Unida, che denuncia le terribili condizioni di vita che soffrono i detenuti in Spagna (isolamento, torture, condizioni sanitarie insufficienti, ecc.), il periodico ha la sfacciataggine di mostrare un primo piano della piscina olimpica del carcere di Soto del Real (Madrid). Con ciò tenta evidentemente di controbattere e smentire la denuncie dell’informe, cercando di far capire che le condizioni di vita in prigione sono “di lusso” (quando in realtà la suddetta piscina la può utilizzare solo il personale ed una minoranza dei detenuti…). In altri casi la manipolazione proviene direttamente da effetti fotografici (il già commentato linguaggio fotografico) usati per deformare o aggiustare in maniera espressiva un’immagine secondo gli interessi del media. Come esempio di questo tipo di manipolazione abbiamo le foto della notizia apparsa in La Razòn del 20/5/99 (pag. 59) intitolata “Militanti del PSOE credono che i cartelli danneggiano i loro candidati”, nella quale si utilizza chiaramente un obbiettivo fotografico speciale, conosciuto come “grandangolare”, o l’inquadratura delle foto, per deformare le immagini ed esagerare così l’effetto visivo dei cartelli del PSOE (Partito Socialista Spagnolo), appoggiando così l’ipotesi del periodico sopra la campagna di immagine di questo partito. Il linguaggio simbolico visivo è anche utilizzato per trasmettere certi messaggi o significati spesso in maniera abbastanza subliminale. La foto che accompagna l’articolo di El Mundo del 25/4/00 (pag. 60) intitolato: “PP e PSOE giudicano razziste le parole di Arzallus” approfitta di un piano fotografico preso per caso durante un discorso di Arzallus (Presidente del Partito Nazionalista Basco; PNV) per attribuirgli un’immagine che si avvicina alla simbologia fascista. Infatti, nella foto il leader nazionalista basco appare alzando il braccio in un momento del suo discorso, gesto che ricorda il classico saluto fascista, che evidentemente Arzallus non ha mai avuto intenzione di fare. Senza dubbio, El Mundo decise di scegliere, e nostro parere non a caso, questa foto piena di fortuito simbolismo, fra le tante foto che aveva dello stesso discorso. In alcuni casi, quando al giornale scarseggiano fotografie, pubblica disegni per sostituirle (abitudine comune in ABC e El Mundo), con totale libertà per ricreare ed inventare la realtà a piacere. 2.2 Campagne fotografiche Un altro fenomeno che ha come principale elemento il linguaggio fotografico è quello che abbiamo denominato “campagne fotografiche”, che consiste nel trattamento fotografico che danno i media alle notizie relazionate con determinate tematiche specialmente sensibili. Si può osservare, per esempio, una gran uniformità nell’illustrazione fotografica che si dà alle notizie sui paesi arabi (con sufficiente indipendenza dell’argomento trattato); si tratta in maggioranza di foto che esprimono violenza e fanatismo che hanno come principali protagonisti masse di persone o donne col velo. In questo caso si mette in relazione, per ripetizione ( per questo lo chiamiamo “campagna”, perché si va tessendo giorno per giorno) la cultura araba e la religione musulmana (che tendono ulteriormente a confondere e mescolare, quando ci sono molti musulmani che non sono arabi, ed arabi che non sono musulmani), con la violenze e l’irrazionalità. Qualcosa di simile, anche se più complicato e sottile, succede con molte immagini che si riferiscono al conflitto nei Paesi Baschi (quante volte si mostra la polizia che carica contro i manifestanti, e quante volte “giovani radicali” incappucciati ed in azione?). Se ci si attiene alle fotografie si ha l’impressione che nel Paese Basco non ci siano mai cariche di polizia né repressione. Una campagna più puntuale ma che ebbe un’impressionante copertura fotografica fu il trattamento visuale dato alle diverse vittime dell’ultimo conflitto in Jugoslavia, così come agli eserciti implicati: i soldati della NATO apparivano di frequente in emotivi addii alle loro famiglie o circondati da bambini kosovari, i guerriglieri albanesi dell’UCK apparivano feriti o morti, ed i soldati serbi erano sempre ritratti con un aspetto specialmente feroce e crudele. 3. IL LINGUAGGIO DEI NUMERI Sono molte le notizie che includono diagrammi o grafici statistici, e ciò le dota dell’oggettività che si suole attribuire alla scienza della statistica. Anche se a volte questi grafici risultano confusi o poco comprensibili per la loro complessità, non importa molto dato che l’effetto di sicurezza e credibilità non dipende tanto dalla comprensione ma dal suo essere Statistica, Scienza. Altre volte la notizia stessa sono i dati, le cifre, che la fanno acquisire un aspetto incontestabile, categorico, occultando o mascherando la rigorosità dello studio e la sua credibilità. La Statistica è una scienza i cui risultati finali dipendono dal processo di raccolta dei dati e dal modello che viene scelto. In qualsiasi analisi statistica, il fatto di selezionare una popolazione o un’altra, un modello od un altro, cambia in modo significativo i risultati. Per tanto succede abitualmente che venga invertito il processo di studio, vale a dire: partire da alcune conclusioni o risultati finali previamente decisi in funzione degli interessi del periodico o di altre istituzioni, e costruire un modello che li giustifichi. Non è un caso che, ad esempio, il Gruppo Prisa, proprietario di El Paìs oltre che di altri mezzi di comunicazione (anche di As, di Cinco Dìas, la Cadena Ser, Antena 3 Radio, Canal +, ecc.), sia pure il proprietario della famosa azienda di statistica Demoscopia. Un esempio che mette in dubbio la “credibilità” di certi studi è la disparità di risultati che mostrano la Inchiesta della Popolazione Attiva (EPA) da un lato e la Contabilità Nazionale da un altro rispetto allo stesso dato: il lavoro. Sotto ogni inchiesta esistono alcuni interessi, per esempio la pubblicazione di alcuni dati o altri sopra la intenzione di voto nei processi preelettorali mobilita o meno i votanti di uno o un altro partito. Un’altra forma di manipolazione statistica è ritardare la pubblicazione degli indicatori economici. (Se si vuole ampliare l’informazione sopra la manipolazione delle statistiche vedere El Paìs del 9/4/00 (pag. 61), reportage che non a caso fu pubblicato nella specializzata sezione dell’Economia, che non a caso poca gente legge. Però oltre la occultazione o trattamento interessato dei dati, la manipolazione si può dare anche mediante l’interpretazione degli stessi, risaltando gli aspetti positivi di alcuni risultati senza contare i negativi. Per esempio, risaltare la diminuzione della crescita dei morti in incidenti di lavoro è una manovra per dare un aspetto ottimista ad una tremenda realtà, vale a dire, che gli incidenti di lavoro continuano ad aumentare, anche se a minor ritmo. O le trionfaliste campagne del governo sulla riduzione della disoccupazione, che nasconde che si sta ottenendo grazie all’aumento della precarietà del lavoro, al peggioramento delle condizioni di lavoro, ed al togliere progressivamente ai lavoratori i loro diritti. Un buon esempio concreto di un uso disinformativo e manipolante delle statistiche lo troviamo nella seguente notizia di El Paìs del 26/5/00 (vedi pag. 62). In piena campagna allarmista iniziata con l’approvazione della Legge sull’immigrazione per giustificare una politica restrittiva e repressiva verso l’immigrazione, El Paìs presenta con il titolo “La cifra degli immigrati inclusi nella legge sull’immigrazione supera tutte le previsioni” alcuni dati statistici con tre tipi di cifre: numero di persone prese in considerazione (che hanno chiesto semplicemente informazioni), numero di coloro che hanno sollecitato la regolarizzazione e numero di casi risolti (non indica se positivamente, cioè che hanno ottenuto la regolarizzazione, o negativamente, che gli è stata negata). Un’analisi non tendenziosa delle cifre, non afferma assolutamente che queste sono superiori alle aspettative, ma tutto il contrario: le previsioni di 80.000 o 100.000 si riferiscono al numero di stranieri regolarizzati, ed alla metà del periodo il numero di casi risolti non arriva a 43.000 e, come dice il testo della notizia, la maggior parte positivamente ma non tutti, vale a dire che al momento il numero di stranieri regolarizzati non arriva a 40.000 persone, meno della metà delle previsioni più pessimiste. Senza dubbio, invece di comparare le cifre adeguate (previsione di regolarizzazioni con la quantità di coloro che la hanno realmente ottenuta), ricorre alle cifre logicamente molto maggiori: numero di coloro che hanno sollecitato la regolarizzazione, o incluso di chi semplicemente ha chiesto informazioni. Questo errore è troppo elementare per essere involontario, per cui sembra che voglia creare allarme sociale con la sensazione di che per colpa della legge gli immigrati ci stanno invadendo, giustificando così la riforma della legge, che era prevista anche prima di che entrasse in vigore. |
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