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ECUADOR: noALCApitale: migrazione una "scelta" imposta
by afroditea Wednesday, Oct. 16, 2002 at 2:11 AM mail: afroditea2@hotmail.com

Nella quarta guerra mondiale , quella economica, le nuove bombe sono finanziarie. Queste armi servono ad attaccare territori (Stati Nazionali) distruggendo le basi materiali della loro sovranità (ostacolo etico, giuridico, politico, culturale e storico contro la globalizzazione economica) e producono uno spopolamento qualitativo nei suoi territori. Questo spopolamento consiste nel prescindere da tutte le persone inutili per la nuova economia di mercato (per esempio gli indigeni). Sub Comandante Marcos,”Siete piezas sueltas del rompecabezas mundial”, Ed.del FZLN.

ECUADOR: no ALCApitale
migrazione, una “scelta” imposta

Nella quarta guerra mondiale , quella economica, le nuove bombe sono finanziarie. Queste armi servono ad attaccare territori (Stati Nazionali) distruggendo le basi materiali della loro sovranità (ostacolo etico, giuridico, politico, culturale e storico contro la globalizzazione economica) e producono uno spopolamento qualitativo nei suoi territori. Questo spopolamento consiste nel prescindere da tutte le persone inutili per la nuova economia di mercato (per esempio gli indigeni).
Sub Comandante Marcos,”Siete piezas sueltas del rompecabezas mundial”, Ed.del FZLN.

1535, Ecuador. Rumiñahui combatte l’invasione spagnola guidata da Francisco Pizarro e dal traditore Atahualpa. Dopo lunghe battaglie Rumiñahui viene catturato, torturato e infine bruciato, senza però svelare il nascondiglio dei tesori degli Incas.
“Il fuoco non cancella la memoria... la ravviva, la fa camminare nel vento degli anni... la fa rinascere nelle ribellioni che verranno.”

1578, Ecuador. Jumandi il grande cacique (leader) non accetta di sottomettersi ai conquistatori che vogliono usurpare il suo mondo. Catturato dagli spagnoli, viene esposto per le strade di Quito, torturato per essere poi impiccato. L’ultimo suo grido ribelle risuonò illuminando i popoli del proprio paese.

1872, Ecuador. Fernando Daquilema forma un esercito di almeno 300 uomini e donne per combattere le ingiustizie che subisce il proprio popolo. Viene catturato e poi ucciso.

1944, Ecuador. Transito Amaguaña, donna indigena del nord di Quito, contribuisce alla fondazione del primo sindacato agricolo e del primo sciopero. Viene incarcerata e accusata di traffico di armi al ritorno da un suo viaggio in Unione Sovietica.

1945, Ecuador. Dolores Cacuango non accetta di sottomettersi ai maltrattamenti e alle imposizioni che subiscono i bimbi indigeni da parte di professori meticci. Fonda quattro scuole bilingue (kichwa-spagnolo). Nel 1963 una giunta militare chiude le scuole e proibisce l’insegnamento del kichwa nelle scuole.

1990, Ecuador. Gli indigeni ecuatoriani realizzano la maggiore mobilitazione della storia. Occupano strade, entrano in latifondi, sequestrano soldati, non vendono i propri prodotti al mercato, occupano edifici pubblici. La reazione dell’esercito non tarda, reprime, picchiando selvaggiamente e incarcerando i vari leader della rivolta.

Fine ottobre 2002. L’Ecuador è una delle nazioni latinoamericane maggiormente colpite dal processo di globalizzazione economica.
Povertà, disoccupazione, emigrazione, privatizzazione, rimborso del debito estero, saccheggio delle materie prime, instabilità politica e violenza stanno mettendo in crisi grande parte del paese.

Da novembre del 1998 a febbraio del 1999 cinque colossi bancari dichiarano bancarotta. Lo Stato, guidato dal presidente Mahuad, ne assume i debiti sborsando più di 1500 milioni di dollari. Nei mesi seguenti la crisi si fa più profonda. Mancando liquiditá, il presidente dichiara stato d’emergenza nazionale, blocca i conti bancari e alza notevolmente il prezzo del combustibile. Il valore del sucre (moneta nazionale) passa in pochi mesi da 4000 per un dollaro a 25.000 sucre. Si comincia ad ipotizzare il passaggio dal sucre al dollaro, unico rimedio individuato dalla classe politica neoliberista per combattere l’enorme inflazione.
Per far fronte a questa nuova imposizione del Capitale, durante il mese di gennaio del 2000, l’intero paese viene paralizzato da una moltitudine di proteste organizzate da movimenti indigeni, contadini e sociali che si oppongono al processo di dollarizzazione e di privatizzazione dei servizi (elettricità, petrolio). Inoltre ribadiscono il proprio rifiuto al piano statunitense che vorrebbe appropriarsi della base militare di Manta per intensificare il Plan Colombia e consolidare la propria potenza militare nella regione, controllando un’intera zona ritenuta possibile focolaio di ribellioni.
Questa alleanza di forze sociali esige il rispetto della madre terra, della propria identità, della propria autonomia e autogestione.
Il 21 gennaio 2002 indigeni, contadini, movimenti sociali e parte dell’esercito occupano il Congresso Nazionale e formano una giunta di “Salvacion Nazional” (governo d’emergenza). Ne fanno parte un dirigente indigeno, un colonnello militare e l’ex presidente della Suprema Corte di Giustizia. Il nuovo governo durerà tre ore. La parte militare si dissocierá dopo pressioni dell’ambasciata statunitense e degli ambienti finanziari, lasciando via libera alla soluzione degli interessi neoliberisti.
Come capo del governo subentrerá infatti il vicepresidente del “vecchio” governo che proseguirà coi programmi di dollarizzazione e di privatizzazione di ampi settori.

Dal 1996 ad oggi l’Ecuador ha cambiato sei presidenti. Il paese vive un’instabilità politica estrema, la ricchezza é concentrata sempre in meno mani, la gente è vieppiù sfiduciata, il potere d’acquisto interno è bassissimo, l’inflazione, nonostante la dollarizzazione, rimane la piú alta dei paesi dell’America Latina (10 volte piú alta di quella negli Stati Uniti), i servizi pubblici sono sempre piú deteriorati. Buona parte delle risorse naturali sono controllate da potenti multinazionali senza scrupolo che le saccheggiano, inquinano e commerciano, tra le altre cose, in geni umani rubati alle varie etnie indigene per le loro sperimentazioni e soprattutto per i loro guadagni.
La disoccupazione è alta, 31,4 %, il precariato altissimo 59,4 %, mentre il 75 % della popolazione vive sotto la soglia di povertà. L’indice di povertá é cresciuto come in nessun altro paese latinoamericano in maniera drastica: dal 1995 al 2000 é passato da 3,1 a 9,1 millioni di persone (dal 34 al 73 %) su 12 milioni di persone che vivono nel paese!!
Il cambio dal sucre al dollaro ha incrementato notevolmente questo aspetto coinvolgendo una parte della borghesia e dei piccoli commercianti che si trovano confrontati con una situazione di perdita di potere d’acquisto notevole rispetto al periodo del sucre.

Il gran mercato internazionale senza frontiere e senza leggi che l’Impero neoliberista sta modellando si appresta a mietere un’ennesima vittima, che si troverà, o meglio che giá si trova, sotto la sua dipendenza totale.

In tutto questo quadro di povertà, corruzione e sfruttamento, emerge drammaticamente la problematica dell’emigrazione di una buona parte della popolazione equadoriana. Dal 1996 al 2001 il numero di persone emigrate in cerca di una possibilitá di sopravvivenza è di 2,5 millioni, la maggior parte negli Stati Uniti e in Spagna (ma questo dramma tocca in modo particolare anche il cantone Ticino!!), ed è considerevolmente aumentato in questi ultimi due anni di dollarizzazione. Solo durante il cambio di secolo emigrarono dal paese tra le 700.000 e 800.000 persone. In alcune regioni del paese 6 persone su 10 hanno almeno un familiare all’estero.
Nel processo di fuga dal paese assumono una grande importanza i fondi che gli emigranti mandano alle proprie famiglie e che garantiscono un’entrata basilare per ridare vitalitá all’economia del paese. Nel 2001 la cifra inviata dall’estero (1364 milioni di dollari) fu superiore all’entrate della vendita di banane, cacao, gamberoni e caffé, preceduta solamente dai ricavi dell’esportazione del petrolio.
Queste forti entrate sono indubbiamente un grande beneficio per le casse dello Stato, per il quale il processo di emigrazione diventa una risorsa inaspettata. Giá in molti paesi latinoamericani toccati dall’emigrazione di massa, questo circolo vizioso diventava un’arma per tentare di combattere la povertá, sicuramente piú efficace delle politiche dei governi e degli aiuti che provengono da paesi “amici”. Ad esempio nell’ultimo anno si é registrato un abbassamento degli indici di disoccupazione ma questo non é dovuto alla creazione di nuovi posti di lavoro, bensí alla stessa corrente inarrestabile di emigranti e alla diffusione del precariato.
Putroppo, nella realtá, dell’ “inaspettata” liquiditá non ne beneficiano le classi piú povere, viene bensí utilizzata per pagare il debito estero o per proseguire con gli accordi presi con FMI e Banca Mondiale. Il lato positivo é che questa situazione permette un aumento dei livelli di consumo e un piccolo incremento della capacitá di acquisto. Inoltre non bisogna dimenticare i lauti guadagni delle ditte che si assumono il compito del trasferimento del denaro, le quali incassano commissioni altissime arricchendosi alle spalle di questa immensa onda di disperazione.

Durante l’ultima settimana di ottobre si svolgerá a Quito l’ultimo incontro dei vari capi di governo e dei ministri dell’economia di tutta America per definire l’approvazione dell’ALCA (trattato di libero commercio che coinvolge tutti i paesi del continente americano ad esclusione di Cuba). L’accordo, negoziato in segreto, voluto dagli Stati Uniti per imporre la libera circolazione di merci e capitali secondo le loro regole del loro gioco, andrá sicuramente a peggiorare le condizioni di vita dei popoli latinoamericani.
Il popolo equadoriano scenderá nelle strade per ribellarsi a questo nuovo tentativo di colonizzazione, che é all’origine della forzata migrazione di milioni di persone. Il loro destino sará quindi quello di continuare ad errare alla ricerca di condizioni di vita migliori in paesi che impostano le loro politiche sul rafforzamento delle frontiere e sulla sicurezza interna, quando di fatto la loro economia beneficia e necessita di questa manodopera a basso prezzo, sfruttata, repressa e costantemente isolata per i rigurgiti razzisti del cosiddetto mondo industrializzato.

ALCARAJO, L’ALCA NO PASARA, NI UN PASO ATRÁS

Ecuador, 10 ottobre 2002,
afroditea

Dati e informazioni liberamente tratte da:
- Carlos Marx Carasco V., “Dollarizacion: un camino de espinas y espejismos”, U ediciones.
- Kintto Lucas, “La rebelión de los indios”, ediciones AYBA-YALA.
- Alberto Acosta, “La Insignia”, Deuda externa y migracion, una relacion incestuosa, Septiembre 2002







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