Sicilia libertaria nacque ufficialmente nel gennaio 1977, quando uscì il primo numero stampato al ciclostile; già da alcuni mesi nel movimento anarchico siciliano si dibattevano le questioni legate alla relazione tra anarchismo e lotta di liberazione nazionale, questioni che all’estero avevano già avuto sufficiente approfondimento (nei paesi baschi con “Askatasuna”, nell’Occitania francese con “Occitania libertaria”), così come storicamente si erano caratterizzate all’interno della rivoluzione bulgara (in Macedonia) o spagnola (in Catalogna) o ucraina. La specificità della situazione siciliana, sia dal punto di vista della questione nazionale (culturale e linguistica), che da quello della questione sociale, ci indusse a scegliere quel titolo per la testata, che era per noi oggettivamente programmatico. D’altronde, noi la nostra anarchia l’avremmo realizzata, se ci saremmo riusciti, nella nostra terra, non potevamo mica realizzarla in Francia o in Patagonia, e avrebbe avuto principi universali ma una lingua e una cultura espressione di quella realtà specifica!
Il giornale si apriva con un lungo articolo intitolato “Internazionalismo, autonomia e federalismo. Imperialismo, colonizzazione, lotta di liberazione nazionale. Gli anarchici, la lotta delle minoranze e la Sicilia”. Era la nostra presentazione e nello stesso tempo la nostra piattaforma di partenza; venivano centrati tutti i temi che sarebbero stati affrontati in maniera più organica nei numeri successivi, con una preoccupazione costante: dimostrare l’assoluta coerenza tra anarchismo e lotte di liberazione nazionale, supportando il discorso con citazioni da Bakunin e dall’Enciclopedia anarchica e dalle esperienze organizzate già operative all’estero; legando il nostro argomentare ai principi forti dell’anarchismo: il federalismo fra i popoli, l’internazionalismo, l’autodeterminazione, l’autogestione, la lotta di classe. L’impatto del n.1 non fu però tranquillo; assieme ai consensi vennero fuori anche pregiudizi e giudizi affrettati. Da più parti ci giunsero persino accuse di essere “separatisti e quindi fascisti” oppure “oggettivamente reazionari”.
Nei numeri successivi abbiamo approfondito, chiarito, definito le nostre posizioni, che nel frattempo raccoglievano consensi e soprattutto simpatie sia all’interno che all’esterno del movimento anarchico, tanto che negli anni successivi uscirono per diverso tempo giornali come “Sardegna libertaria” e “Friuli libertario”, che conducevano analisi simili alle nostre e che hanno, credo definitivamente, contribuito a chiarire che partire dalla propria realtà e proiettarsi verso un cambiamento rivoluzionario mantenendo salde le proprie radici, non era affatto una deviazione reazionaria, ma un modo coerente per rafforzare l’anarchismo su un determinato territorio, e quindi nel suo complesso.
Pippo Gurrieri
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