Cile - Comunicato del centro sociale "Sacco y Vanzetti" sulle ultime perquisizioni

Nel combattimento non claudichiamo mai
Nuove perquisizioni in questo nuovo scenario della guerra sociale...

Le ultime perquisizioni nelle case occupate e le reazioni suscitate dimostrano che spesso parliamo di guerra sociale, ma che questo concetto non lo viviamo nel quotidiano. Non lo utilizziamo per analizzare e affrontare la nostra realtà.
I diversi attacchi dinamitardi da parte di anarchici e di antiautoritari hanno generato una risposta da parte della classe dirigente, la quale ha annunciato arresti e perquisizioni a mezzo stampa, facendo presagire quali saranno le prossime mosse.
Diversi dipartimenti di polizia hanno perquisito le seguenti occupazioni: “El Hogar”, “La Idea”, “La Malicia” e “La Escalera” (disoccupata) nel pomeriggio del 31 dicembre.
Di fronte a tale mossa, appellarsi alla legalità o meno di una procedura di polizia, di una procedura del nemico significa nascondere lo scontro o, ancor peggio, avallare nella pratica gli strumenti dei potenti, quelli con i quali ipoteticamente saremmo in guerra.
La strategia adottata dai potenti per mantenere intatto il loro dominio è parte integrante di un processo storico di lotta di classe. Ciò che viviamo oggi, in questo specifico momento, noi centri sociali ed occupazioni s'inquadra certamente in tal senso. Lo Stato attacca, con metodi diversi, quelli che mettono in pratica la messa in discussione dell'autorità.
Pedinamenti, intercettazioni telefoniche, poliziotti nascosti in agguato, microspie e videocamere compongono il florilegio di opzioni del nemico. Non è una novità per coloro che, in modo o nell'altro, si sono posti come acerrimi nemici dell'esistente.
Se fin qui siamo d'accordo, allora perché la sorpresa dinanzi agli attacchi del nemico? Perché la risposta comune sembra essere l'isteria o la passività dei "compagni"? In che momento abbiamo parlato di guerra, ma abbiamo smesso di sentirci guerrieri?
Si diffonde una sensazione di mancanza di difesa di fronte agli attacchi ed è lì dove si cede il terreno alla repressione. Che sia chiaro una volta per tutte: noi abbiamo SCELTO questo cammino d'insurrezione permanente contro l'ordine imposto. Abbiamo scelto i più grandi tra i nemici: il capitale e l'autorità. Tutto ciò esige che noi si cresca come giganti.
Per lo stesso motivo, la difesa di uno spazio, di una pratica non si può fare solo in termini giuridici, perché sono i compagni che danno vita a tali luoghi gli incaricati di trasformarli in armi, di difenderli fino alla fine... isolarli, abbandonarli significa essere complici degli attacchi del potere. Smettere di frequentarli, fare il vuoto, non è una strategia di sicurezza, è piuttosto la pacca sulle spalle dei nemici, è applaudire alla loro mossa e dimenticare cosa significa essere contro l'autorità.

Le azioni dirette per le quali vengono perquisite le case e poste sotto indagine tante altre sono pratiche simili di lotta contro il capitale. Non ha senso sovrapporre una forma di lotta all'altra, se entrambe puntano radicalmente alla distruzione del potere.
Condannare qualsiasi atto di lotta non è altro che considerare una singola pratica come l'unica valida, annullando il potenziale dell'attacco nelle sue diverse forme.
Oggi, con il peso costante di essere perquisiti e/o arrestati, noi continuiamo ancora in questa guerra aperta, disposti ad assumercene le conseguenze lanciamo un appello alla lotta, senza cadere nel vittimismo della "ingiustizia" o "innocenza", siamo qui e continueremo la lotta in qualsiasi luogo in cui ci troveremo.

Se adesso ci fermiamo nel nostro cammino, se adesso corriamo a nascondere la testa o ci dedichiamo a ripulire la nostra immagine, allora ci avranno sconfitti... ma questo giammai, mai battuti, orgogliosi come siamo del percorso insurrezionale che abbiamo scelto.
Questa casa non ha mai preteso di essere uno spazio ingenuamente culturale, in pacifica convivenza con il capitale, non ha mai preteso di essere "l'alternativa" alla cultura borghese, sempre si è posta all'offensiva.
E questo ha avuto i suoi costi, abbiamo appreso a convivere in maniera schizofrenica con la repressione, conoscendo persino gli orari del cambio del turno di guardia degli agenti posti di fronte alla casa, abbiamo riconosciuto i loro volti, le targhe, le biciclette e anche così niente ha diminuito il nostro lavoro, non abbiamo chiuso la casa, né ci siamo lamentati. Come lezione ci resta, questo sì, un sentimento auto-critico di fronte a tante altre cose che avremmo potuto e possiamo fare.
Respingiamo l'atteggiamento che hanno avuto in tanti che sapendo che siamo sorvegliati hanno deciso di voltare l'angolo, ignorando che con quell'azione davano un fondamento alla mossa degli sbirri e dei loro padroni. Negando nella pratica che gli spazi recuperano vita, avanzano, si giustificano e si rafforzano per i compagni che li frequentano.
Nostri complici, ricevete un caldo abbraccio dalla fratellanza antiautoritaria e ai nostri nemici che, con tanta dedizione leggeranno questo testo, cercano in ogni parola, in ogni virgola l'argomento perfetto per mettere a soqquadro la nostra casa... il più profondo disprezzo, l'odio a morte per la forma di vita che difendono.

La lotta continua!

A moltiplicare le occupazioni!

E quando verranno per noi... compagni: facciano quel che devono fare...
Dall'occhio del ciclone...

Centro Social Okupado e Biblioteca Sacco y Vanzetti.

gennaio 2009, Santiago - Cile
- sette anni collettivizzando la proprietà privata -

Ven, 16/01/2009 – 16:15
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