Cile - Una riflessione dal carcere

Pablo Morales Fuhrimann

In tutte la carceri del Cile i prigionieri devono fare l'appello due volte al giorno: la prima quando aprono le celle in mattinata e l'altra alle 16,30 quando ci rinchiudono dentro. Durante l'appello i prigionieri devono disporsi in fila indiana ed alla presenza dei gendarmi devono contarsi dal primo all'ultimo. Si tratta di un'occasione in cui si cerca l'addestramento esemplificante, iscrivendo su di noi in maniera più intensa che in altre il controllo sui corpi e sulle sanzioni normalizzanti. Adesso sono già stato sottoposto a più di 60 appelli (nella mia precedente detenzione l'ho fatto per circa 11.500 volte). Non ho ancora idea quando sarà per l'ultima volta.

Attualmente le prigioni della concertación sono spazi in cui la sorveglianza, la reclusione e la punizione sono luoghi comuni. Il sovraffollamento raggiunge livelli mai visti. Solo nell'enorme complesso penitenziario che è il C.D.P.1 Santiago Sur (centro di detenzione preventiva) ci sono 12.000 detenuti rinchiusi in celle disegnate per contenere un terzo di tale cifra. Il modulo "A", in cui mi trovo, è stato progettato per 80 detenuti e siamo in 300. E' facile immaginare le conseguenze materiali e psicologiche che tutto ciò comporta.

Lo Stato ed il Governo, per mezzo della gendarmeria, mantengono il controllo delle prigioni con l'applicazione ed il permanente mantenimento di politiche e meccanismi altamente repressivi, in cui l'uso ed abuso di potere è corrente. Questo si traduce in una costante violenza da parte dei carcerieri verso i prigionieri; da questa situazione ne conseguono gli alti indici di aggressività tra gli stessi detenuti, in cui è facile trovare delle relazioni sociali di sfruttamento e sottomissione dei più deboli da parte dei più forti, in una vera e propria spirale che sembra non aver fine.

Questa dinamica non permette nemmeno di intravvedere un qualche spazio di sviluppo o una qualche opportunità per quelli che sperano e sognano di poter venir fuori dalle forme di vita che implica la delinquenza, la quale si trasforma in una strategia di sopravvivenza.

E' evidente che le cause e le ragioni per cui le persone delinquono sono determinate dalle flagranti ingiustizie e disuguaglianze imposte dall'attuale sistema economico e dall'ordine sociale al servizio dei ricchi e degli sfruttatori. Questa situazione viene occultata dal Governo della Bachelet e dalla Concertación, negando il carattere strutturale della generazione della povertà, dell'esclusione, dell'emarginazione ed infine della delinquenza. Per essi la povertà si combatte costruendo nuove carceri, investendo milioni e milioni di pesos in esse, creando sinistri luoghi in cui sia possibile render invisibili decine di migliaia di persone, soprattutto giovani (attualmente la media dell'età dei reclusi nelle carceri cilene è di 19 anni, contro i 29 di 15 anni fa) che annualmente entrano in queste celle. Non è un caso che i reati contro la proprietà (principio di base di questa società di classe) siano la principale causa dell'inusitato aumento dei detenuti.

Il Cile rappresenta il 2° paese in America per il numero di detenuti sulla quantità di abitanti, dopo gli USA, vero impero delle prigioni, con un totale di oltre 2 milioni di individui dietro le sbarre.

In questa infame realtà della carcerazione ci sono detenuti che si organizzano e che resistono apertamente contro il sistema che cerca di distruggerli fisicamente e psicologicamente. Sono prigionieri ribelli che hanno fatto della lotta una quotidianità di sopravvivenza e di dignità della vita all'interno delle carceri e del percorso di uscita in libertà. Attualmente 5 di essi, riuniti nella Coordinadora de Ex-Combatientes y Subversivos en prisión, stanno effettuando uno sciopero della fame a tempo indeterminato volto ad esigere l'ottenimento dei benefici intrapenitenziari per uscire fuori e per migliorare la vita in carcere.

Questa è la realtà in cui sopravvivo, questo è lo scenario dal quale sono ansioso di smettere di farne parte. So che ciò dipende da quel che siamo capaci di fare. Innanzitutto esprimo una sentita e fraterna riconoscenza verso tutti coloro che solidalmente mi accompagnano e mi appoggiano. Per questo torno a lanciare un appello a tutti quelli che vorrebbero porre l'immaginazione come unico limite in questa lunga lotta per la liberazione di tutti e tutte i/le prigionieri/e politici/che ribelli, cileni/e, mapuche ed internazionalisti di tutto il mondo.

Fino a che ci sarà la miseria, ci sarà la ribellione!!!

Prigionieri/e politici/che liberi/e!!!

Pablo Morales Fuhrimann
C.D.P Santiago Sur

31 ottobre 2008
1° Prigioniero Politico della Concertación

Mer, 05/11/2008 – 16:02
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