Comunicato di Marcelo, Freddy e David

Ai popoli cileni, argentini e del mondo.

A tutti quelli che lottano per la libertà, la felicità e la dignità dei poveri.

Marcelo Villarroel Sepúlveda e Freddy Fuentevilla Saa attualmente rinchiusi nel carcere di Junín de Los Andes e David Cid Aedo rinchiuso in quello di Zapala (provincia di Neuquén, Patagonia argentina) comunichiamo:

1.- Noi, Marcelo e Freddy, siamo arrivati in territorio argentino giovedì 13 marzo e, dopo esserci incontrati con David, siamo andati alla città di San Martín de Los Andes il venerdì 14, verso sera. Durante la notte siamo andati in un ristorante-pub per mangiare e prendere qualcosa da bere. Mentre cercavamo di entrare, la guardia di sicurezza del locale nell'ascoltare il nostro accento cileno ci ha rivolto insulti nettamente xenofobi, invitandoci ad andarcene via. Mentre stavamo abbandonando il posto, siamo stati aggrediti alle spalle da 10 individui. In seguito abbiamo saputo che si trattava di personale militare in borghese. Subito dopo siamo stati fermati da agenti della polizia locale che si trovavano nel pub. Siamo stati trasferiti al commissariato 23 della polizia provinciale di Neuquén dove siamo stati nuovamente aggrediti per tutta la notte.

In nessun momento abbiamo estratto armi di fronte a chicchessia, né abbiamo mai minacciato nessuno anche perché non abbiamo avuto il tempo di reagire, tanto meno eravamo sotto l'influenza dell'alcol. Non solo, una volta in commissariato abbiamo richiesto di essere sottoposti a esami tossicologici o alcolemici, ma ci hanno risposto pestandoci. Tutto ciò è materia di indagine da parte della giustizia provinciale argentina.

2.- La ragione principale per la quale ci siamo trasferiti in territorio argentino è stata e continua ad essere la tutela delle nostre vite, in quanto il nostro vero delitto è quello di essere dei noti lottatori sociali, combattenti popolari e miristi (appartenenti al m.i.r. - movimento politico-militare cileno, ndt).

Dal novembre 2007 siamo stati accusati di aver partecipato ad una rapina in banca ed alla successiva sparatoria con i Carabineros, conclusasi con il ferimento di un agente e la morte di un altro.

Siamo stati condannati a morte dal direttore generale dei Carabineros, il generale Bernales, con il consenso e la complicità del potere politico e dei media. Si sono dette e pubblicate innumerevoli e palesi menzogne, realizzando forse una delle montature poliziesche e mediatiche più sfacciate degli ultimi anni. Il fine: reprimere con un esempio drastico la protesta sociale e la ribellione popolare che cresce inarrestabile in differenti e ampi luoghi del Cile.

3.- In questi giorni di reclusione abbiamo ricevuto l'amore, l'affetto e l'impegno di molta gente senza frontiere. La nostra storia parla da sé: repressione nella dittatura, carcere e tortura delle nostre famiglie, prigione politica nella democrazia, fratelli e compagni caduti, perseguitati fino ad oggi... Niente di tutto ciò che ha detto e dice lo Stato, le sue polizie, la sua stampa servile merita il rispetto di quelli che lottano... poiché nelle loro carceri non c'è posto per i nostri sogni.

Mar, 25/03/2008 – 23:13
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