Firenze - IA: Intelligenza Artificiere
Riceviamo e diffondiamo:
IA: Intelligenza artificiere
Nella cronaca mediatica di questi ultimi giorni imperversa la glorificazione dell’ eroico artificiere che, all’alba del primo gennaio 2017, nell’esaminare un pacco sospetto lasciato davanti alla sede di una libreria di fascisti di CasaPound, è stato vittima dell’esplosione
dell’ordigno contenuto nel suddetto pacco. L’incauto sbirro ci ha rimesso la mano sinistra e molto probabilmente anche l’occhio destro. Ora, al di là delle considerazioni sulla sfortuna (l’artificiere è cieco ma la sfiga ci vede benissimo) o sull’accortezza dell’operazione di disinnesco (la tuta in dotazione gli avrebbe forse dato una mano), vi sono alcune altre banalità di cui i giornali non parlano. Ad esempio, il fatto che se il povero Mario Vece avesse scelto di fare il pasticciere invece di sollazzarsi a giocare con possibile materiale esplodente, probabilmente ora avrebbe entrambi le mani, sporche di crema.
Ha scelto lui di fare quel lavoro, con i rischi del caso: probabilmente vi sono molte più mani cadute sul banco di lavoro di un falegname che tra le fila di addestrati artificieri (con tutto il corollario di tecnologia e droni che questi si portano appresso). Eppure per gli altri si tratta di insignificanti incidenti sul lavoro: se uno sbirro si fa la bua, invece, apriti cielo. Ci siamo dimenticati qual è la funzione delle forze dell’ordine all’interno di questa organizzazione sociale?
Lo sbirro è l’esecutore materiale dell’autorità. E’ colui che viene pagato per mantenere inalterato l’ordine imposto sui molti dai pochi che detengono il potere di legiferare. E’ colui che lavora per preservare gli attuali rapporti di subordinazione e miseria umana, sociale, economica. E’ colui che opprime quotidianamente chi non pascola silenziosamente
entro il recinto della legalità mostrando il dovuto rispetto per i propri carcerieri. Lo sbirro non pensa, obbedisce, e se può, infierisce: bastona i manifestanti, perseguita gli immigrati, stupra, picchia, uccide, ed è totalmente legittimato a farlo, anzi, le forze armate sono le uniche a detenere il monopolio dell’uso della violenza.
Il povero Mario Vece non fa eccezione. La vittima della violenza politica, il nostro santo martire di capodanno, nel 2001 è un assistente di polizia della questura di Pistoia. Durante una lite scoppiata davanti ad una discoteca della città, quattro ragazzi vengono prelevati dalla polizia e trattenuti in questura. I quattro, ritenuti albanesi e quindi evidentemente massacrabili, vengono accolti dall’ispettore Paolo Pieri, dal vice sovrintendente Stefano Rufino e dal nostro beniamino Mario Vece. I referti medici parlano di testicoli tumefatti, timpani sfondati, traumi cranici, contusioni e setto nasale incrinato. Sfortunatamente per gli sbirri, tra i quattro pestati a sangue c’era pure il figlio di un pezzo grosso, l’allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Vannino Chiti. Questa svista è costata ai tre sbirri qualche piccola ripercussione penale (hanno patteggiato 14 mesi con sospensione dal servizio) ma ciò non ha impedito all’intrepido Mario Vece di farsi trasferire prima a Montecatini, poi a Pisa, e infine di conseguire il brevetto di artificiere ed entrare in servizio a Firenze.
Ma son passati 16 anni, e il nostro eroe mutilato torna alla ribalta per tutt’altri motivi, quindi stringiamoci in cordoglio per la defunta mano e scordammec’ ‘u passat.
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