L'Aquila, in 200 inneggiano alla Lioce
fote repubblica.it
E a Bologna scritte sotto la casa di Biagi
Manifestazione dell'area movimentista eversiva: cori per la brigatista in carcere.
Sui muri del capoluogo la frase "Terrorista è lo Stato". Condanne unanimi
ROMA - Corteo all'Aquila contro il carcere duro, previsto dall'articolo 41 bis, davanti al penitenziario dove è detenuta Nadia Desdemona Lioce, leader delle Nuove Br. Il corteo dell'area "movimentista-eversiva", si è svolto proprio mentre da Bologna arrivava la notizia di scritte contro Marco Biagi, apparse nei pressi dell'abitazione del giuslavorista ucciso dai terroristi.
La manifestazione dell'Aquila. Circa 200 persone sono giunte stamane all'Aquila per il corteo contro il regime del carcere duro, previsto dall'articolo 41 bis. Massiccia la presenza delle forze dell'ordine, dopo che ieri sera, nel penitenziario dove è detenuta anche Nadia Desdemona Lioce delle Nuove Br, un esponente della 'ndrangheta si era suicidato. Davanti al carcere i manifestanti hanno inscenato un sit-in sparando petardi e lanciando in aria fumogeni. Scanditi cori a sostegno della brigatista e contro Marco Biagi, ucciso dalle Br a Bologna cinque anni fa.
Obiettivo della manifestazione, sottolinea il movimento Olga sul suo sito internet, "Ora di Liberarsi dalle Galere", "lottare contro la tortura dell'isolamento e quindi dell'istituzione carceraria nel suo complesso". Annunciato da aspre critiche da entrambe le coalizioni politiche, il corteo stamane ha attraversato il centro della città scortato da polizia e carabinieri. Sui muri, con lo spray, slogan di protesta contro le forze dell'ordine, lo Stato e la Chiesa. "Da Poggio Reale all'Ucciardone evasione" ha scritto un giovane manifestante. Dalle grate di una cella del carcere, un detenuto è riuscito ad appendere una bandiera rossa. La manifestazione si è sciolta in anticipo, poco prima delle 17, a causa di un violento acquazzone che si è abbattuto sulla città.
Bologna, scritte contro Biagi. "Terrorista è lo Stato". Questa la scritta comparsa in via Valdonica a Bologna, la via in cui il 19 marzo del 2002 fu ucciso dai terroristi delle brigate rosse il giuslavorista Marco Biagi. Lo riferisce oggi 'il Resto del Carlino' sottolineando che "la scritta (segnalata al giornale da un lettore), è apparsa in questi giorni anche in altre zone della città. Il procuratore capo Enrico Di Nicola ha commentato l'accaduto allo stesso quotidiano affermando che "la scritta apparsa sotto casa del professor Biagi si commenta da sè. E' stupida, oltre che vergognosa".
Unanime il giudizio di sdegno. Secondo il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, la scritta "segnala l'esistenza di un problema non risolto quale è quello della presenza in città di persone attratte dalla follia del terrorismo". Il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, parla di "un gesto ignobile da condannare con grande fermezza". Per il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, "Ci sono tanti motivi per chiedere scusa ai familiari di Marco Biagi, ma da oggi ce n'è uno in più". Duro anche il commento di Piero Fassino: "Un atto vergognoso - ha detto il segretario dei Democratici di sinistra - che rivela lo squallore umano e politico di chi ha vergato quella scritta".
(3 giugno 2007)
fonte l'espresso.it
Raduno alla fontana luminosa, sfilata nel centro storico e sit-in davanti al carcere
Corteo eversivo, imbrattati i muri della città
Marina Marinucci
Slogan offensivi e inneggianti alle brigate rosse. Fra i manifestanti anche Petrilli (Prc
L’AQUILA. «Più vedove, più orfani, più sbirri morti». E ancora: «10, 100, 1000 Nassirya» e «Contro ogni carcere 10, 100, 1000 Raciti». E poi: «Biagi non pedala più». Questi alcuni dei vergognosi slogan gridati dai 200 manifestanti dell’area movimentista-eversiva, ieri all’Aquila per protestare contro il “carcere duro”. Contro quel 41 bis dal 2005 esteso anche ai reati di terrorismo. Un corteo, con sit-in finale davanti al carcere delle Costarelle, che ha lasciato traccia del suo passaggio in città. Tanti i palazzi del centro storico imbrattati con scritte contro lo Stato, il Papa, le vittime del terrorismo e le guerre imperialiste.
Ma i temuti incidenti non ci sono stati anche grazie all’imponente spiegamento delle forze dell’ordine che hanno letteralmente blindato la città.
L’appuntamento era alla Fontana Luminosa. Qui, intorno alle 10, sono arrivati i primi gruppi di manifestanti provenienti da Milano, Padova, Roma e poi ancora da Napoli, Pescara e dalla Puglia. Ma ad attenderli non c’erano “compagni noti” dell’Aquila, se non il solo Giulio Petrilli (fino a qualche settimana fa segretario di Rifondazione comunista) che ricopre - su nomina della Regione - l’incarico, da 2.500 euro lordi al mese, di presidente dell’Aret (azienda per l’edilizia territoriale). Una partecipazione che, visti i contenuti e i toni della manifestazione, non mancherà di suscitare aspre polemiche.
L’obiettivo dei manifestanti, tutti aderenti ai movimenti “Olga” “Carc” e “Soccorso rosso”, è l’abolizione del carcere duro che viene applicato non solo ai boss e agli affiliati di mafia, camorra e ’ndrangheta, ma anche ai terroristi come Nadia Desdemona Lioce, leader delle Nuove Br, condannata per gli omicidi Biagi e D’Antona. Una condanna che la Lioce sta scontando in regime di 41 bis proprio nel carcere aquilano delle Costarelle. Ed è qui, a una decina di chilometri dalla città, che gli appartenenti all’area movimentista-eversiva si sono spostati dopo aver sfilato in corteo per le vie del centro storico.
Un “passaggio” in città testimoniato dalle tante scritte offensive apparse sui muri. Nel mirino lo Stato, il Vaticano, i giornalisti e le forze dell’ordine. E poi le scritte inneggianti al terrorismo.
A Preturo, i 200 manifestanti, tenuti sempre sotto stretta sorveglianza, si sono accampati in un prato adiacente al carcere. Hanno divelto una rete, esploso petardi e “sparato” fumogeni per richiamare l’attenzione dei detenuti definiti «vittime dello Stato». «Libertà per i prigionieri, Lioce libera» hanno gridato, dando del «boia e dell’infame» a chi è dall’altra parte della barricata, collaboratori di giustizia inclusi. Così l’eroe del giorno è diventato Carmine Chirillo, il boss della ’ndrangheta che si è suicidato in carcere proprio alla vigilia della manifestazione.
E dalle celle, quelle all’ultimo piano delle Costarelle, qualcuno ha sventolato indumenti di colore rosso e delle magliette bianche. Gesti che hanno finito per gasare ancora di più i manifestanti che hanno continuato ad intonare cori farneticanti. A metter fine in anticipo al raduno ci ha pensato la pioggia. Sul prato “occupato” sono rimasti gli striscioni rossi con impressa un’inquietante stella a cinque punte. Non il simbolo con il quale le Br hanno firmato le loro tante condanne a morte, ma qualcosa di molto somigliante.
In quanto alle scritte sui muri, il Comune ha già coperto quelle meno edificanti. Ma ogni fase della manifestazione è stata filmata. Così assicura la questura che, coadiuvata da agenti della Digos arrivati dalle città di provenienza dei manifestanti, afferma di «sapere già a chi indirizzare ogni eventuale denuncia».
Restano invece le polemiche roventi per una manifestazione che ha scosso la città e le coscienze.
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