Solidarietà a Paolo Persichetti! Saviano vergognati!
La notizia è questa: Roberto Saviano ha querelato Paolo Persichetti, compagno e giornalista di Liberazione, nonché il direttore dello stesso giornale, Dino Greco. Una denuncia penale per diffamazione a mezzo stampa è stata depositata contro Paolo, in qualità di autore degli articoli messi sotto accusa. Pare che Saviano non abbia gradito il modo in cui Paolo ha raccontato, lo scorso 14 ottobre, la vicenda della diffida inoltrata dal centro Peppino Impastato all’editore del suo penultimo libro, La parola contro la camorra. La parola appunto, quella che Saviano dice fin dal titolo di utilizzare come strumento per combattere il crimine organizzato, veicolo di libertà che lui sostiene di difendere contro le molte censure, di cui sarebbe vittima; quella parola che diffonde attraverso tutti i media, a destra e a manca, trasversalmente agli schieramenti politici, resta legittima solo se da lui pronunciata. La sua parola, a quanto pare ormai l’unica parola possibile, che esclude le altre, soprattutto se sono critiche nei suoi confronti, se ne raccontano limiti e inesattezze, se ne mettono in crisi il meccanismo, tutto mediatico, di critica a una parte sola del sistema capitalistico.
Quelle parole “altre” che per Saviano non possono essere libere, ma che vanno fermate per mezzo dell’intimidazione penale, della richiesta di carcere e dell’accusa di corrività con quelli che lui ha eletto suoi acerrimi nemici mortali, i Casalesi. I suoi critici sono immediatamente considerati amici dei suoi nemici. I familiari e il centro intitolato a Peppino Impastato, militante di Democrazia proletaria, animatore a Cinisi dell’emittente libera “Radio aut”, assassinato nel maggio 1978 dai sicari di Tano Badalamenti, boss ferocemente anticomunista saldamente legato al potere democristiano, avevano segnalato alcune inesattezze presenti nel suo testo e chiedevano di apportare le dovute correzioni. Messo in discussione come amministratore della storia di un’antimafia che non conosce, Saviano ha opposto uno sprezzante silenzio, un’indifferenza che segnala come il rifiuto di adularlo sia per lui una insopportabile e delittuosa ferita narcisistica. Tale silenzio, apparentemente indifferente, non ha impedito a Einaudi di comportarsi ancora peggio. La casa editrice torinese, di proprietà da anni di Berlusconi, ha minacciato i familiari di ritorsioni legali se non avessero smesso di agitarsi pubblicamente. L’intera vicenda potete trovarla con dovizia di particolari sul sito del centro (www.centroimpastato.it). La querela contro Liberazione appare, dunque, l’espediente per capovolgere l’ordine del problema, che per giunta suona come una promessa di punizione contro chi ha osato dare voce alle critiche. Il dispositivo Saviano con le sue parole, i suoi libri, le sue prese di posizione, la sua semplice presenza, legittimate dalla postura cristica e l’interpretazione vittimistica del proprio ruolo, garantisce la verità morale, sempre più distante da quella storica. Una macchina da guerra mediatica messa a totale disposizione degli imprenditori delle emergenze, dei guerrieri delle battaglie giudiziarie contro il crimine. Il risultato è una trasfigurazione della lotta contro le organizzazioni criminali che rende mistica la legalità, edifica una forma di Stato etico che fa della soluzione giudiziario-militare predicata una medicina peggiore del male. Del personaggio Saviano meglio tacere. Gli preferiamo persone come Vittorio Arrigoni che non si riteneva depositario di nulla e metteva in gioco le proprie idee senza imboscarsi dietro potenti gruppi editoriali-finanziari. Gli preferiamo compagni come Paolo, che nonostante viva tutt'ora in regime di semilibertà per le sue scelte politiche fortemente represse dallo Stato, continua a mettersi in gioco, alla luce del sole, senza nascondersi dietro le intimidazioni penali e gli scudi politico-economico di cui gode gentaglia come Saviano.
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