La mattanza senza fine
Un'enorme tomba di senza nome e senza diritti. Questo e' diventato il Canale di Sicilia: l'emblema della negazione della dignita' di esseri
umani per migliaia e migliaia di uomini e donne. Nei giorni in cui
inizia il processo per il naufragio del natale 1996 in cui morirono 283 migranti, un'altra tragedia insanguina le acque del Mediterraneo. Il 17 ottobre scorso 13
somali hanno perso la vita tentando di raggiungere le coste di
Lampedusa. Due
giorni dopo, a poche miglia dalla costa tunisina, ancora migranti
persi per sempre in mare. E per i sopravvissuti, neanche la garanzia di
diritti fondamentali. Alcuni degli uomini e delle donne tratti in salvo
sono stati portati, come sempre, nel "centro di accoglienza" (o meglio,
nel centro di detenzione) dell'isola a sud della Sicilia. Non si sa
ancora se gli sara' concesso l'asilo politico . Gli altri sono stati
ricoverati negli ospedali di Palermo: ridotti allo stremo dopo giorni di
navigazione in condizioni al limite, costretti a buttare in mare i corpi
dei loro compagni che non ce l'hanno fatta o a usarli per proteggersi dal
freddo. Zahra, somala, e altri tre suoi compagni di viaggio sono tutt'ora
in coma. Nella serata del 22 ottobre un altro barcone con 150 persone approda sulle coste siciliane.
E davanti alla mattanza mediterranea, alla Camera dei deputati si consuma l'ennesimo ballo delle celebrita'. Parole d'ordine: agenzia europea delle frontiere, controllo dei flussi, patti bilaterali coi Paesi di origine dei migranti. Pochi, vaghi e superficiali accenni a uno sviluppo
sostenibile.
Alcuni dati sull'immigrazione
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