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La Trinità, Berlusconi e San Benigni a Rai Uno
by Child of the Light Wednesday, Dec. 25, 2002 at 4:30 PM mail:

Il Cattolicesimo giaceva inerte in fondo al cuore degli uomini. S.Benigni la sera dell’antivigilia di Natale lo ha risuscitato. Estrapolando da Berlusconi a Gesù, da S.Bernardo a Dante, il discorso dell’impareggiabile folletto toscano è salito da una satira politica del mondo contemporaneo sino ai vertici estremi dell’anima umana.


1) Da Berlusconi a Cristo, o meglio il contrario

Quest’anno, sorprendendo tutti, il tremebondo Giovanni Paolo II ha accusato la società attuale occidentale di un eccesso di consumismo. Quasi insomma di aver profanato il Natale con inutili e dispendiosi regali, con sprechi di cenoni e divertimenti vari. Aggiungendo che lo scopo delle feste è di celebrare Cristo, ahimé l’originario ‘Child of Light’; come proclamava la canzoncina in Em, “Child of Light / With You there is no night”. Perciò sarebbe bene accogliere il povero, ospitare lo straniero, aiutare il disoccupato e compiere tutti quei piccoli gesti quotidiani di carità verso il prossimo che indicano la buona volontà del cristiano – chi scrive appartiene altra tradizione – ad onorare il Verbo fattosi carne.
Per la verità quest’anno ci si erano messe anche le suore di Betlemme ( cfr. art. su ‘La Stampa’ ) nei giorni scorsi a creare un clima pre-natalizio da leggenda, quand’avevano asserito fra il serio e il faceto circa il pericolo che Re Erode tornasse a tormentare il Divin Fanciullo. Allusione neanche troppo velata alla barbarie attuata da Sharon, il despota sionista, nei confronti dei Palestinesi e peculiarmente dei Luoghi Santi nel Natale 2001. Dei terroristi palestinesi, o presunti tali ( non voglio entrare nel merito della questione in questo momento ), si erano infatti asserragliati nella Basilica della Natività, come tutti ricorderanno. E l’esercito israeliano li attendeva al varco, minacciando un blitz. Quest’anno le cose sono andate diversamente, per fortuna. Ma anche oggi il Pres. Arafat è stato costretto a disertare la Messa di Natale, dimostrando ancora una volta qual è il tipo di ordine che si prefigge Israele: il coprifuoco.
La proposta di Benigni di due sere fa su Rai-1 sembrava dapprima rientrare nei canoni consuti dello spettacolo televisivo nazionale, con il solito panegirico ben dissimulato del Centro-sinistra e le accuse velate al Centro-destra di aver creato in Italia una situazione “bulgara”. In relazione ad un nemico giurato dell’ideologia comunista, quale l’attuale Presidente del Consiglio, il paradosso suonava però piuttosto ironico. Il clou della satira fantapolitica giungeva allorché il comico faceva riferimento a tutti i personaggi politici cogli-ino ( nomi terminanti in –ino ), tipo Fassino, la Jervolino o Cirino Pomicino. Seguiva una presa in giro colossale nello stile cordiale classico di Benigni dei politici cogli-oni ( nomi terminanti in –oni ),): Berlusconi, Maroni, Speroni, Formigoni. Ma lo spasso ovviamente era quello d’intendere l’espressione come un’unica parola. Di fronte a tanto osare, visto che Fo e la Rame hanno preso da poco una denunzia per vilipendio da parte dell’irritante Min. della Giustizia Castelli per avergli dato del pirla ( espressione che in meneghino ha un carattere gaio, non troppo offensivo ), si sarebbe potuta incentrare una polemica da parte del Polo solo su tal punto delicato del programma. Senza contare le spassose battute sulla comparazione tra il Berlusca e Cristo, con tanto di Re Magi al fianco ( Baldassarre, Gasparri, in cerca di un futuro Melchiorre ); il grande Silvio è stato additato, in modo esilante, come uno e trino: Presid. del Cons., della Fininvest e del Milan. Capace inoltre di corrompere col potere del danaro nell’Aldilà persino San Pietro. Invece tale è stata la bravura del giullare toscano che il sollazzo della satira sociale pian piano ha lasciato posto alla meditazione sul comune destino umano e il pathos dello spettacolo presto si è spostato altrove, in un climax crescente d’interiorità culminante nella recita finale della ‘Comedia’.
Che Benigni negli ultimi tempi fosse orientato cristianamente, anziché materialisticamente, lo si era già capito lo scorso anno quando in occasione del Capodanno 2002 si era prodigato in una spettacolare declamazione dei versi dell’Alighieri, compreso il 33° Canto del Paradiso dantesco. Essendo però la trasmissione stata presentata su Tele+ non tutti l’avevano seguita. Quest’anno al contrario, dirottato sull’ente televisivo nazionale, lo spettacolo è stato seguito da 12.-14.000.000 di spettatori entusiasti. Lontani sono comunque i tempi di ‘Berlinguer ti voglio bene’. Io stesso, che lo credevo comunista perciò ateo, rimasi sorpreso dalla profondità e dalla levità soave con le quali la sera dell’ultimo dell’anno passato in un ambiente più raccolto recitò Dante. Tra parentesi il poeta preferito di molti, me compreso. Mai visto niente di simile già allora. Cfr. in proposito la parte finale del seguente link, ossia del mio primo art. su Indymedia: ( http://italy.indymedia.org/news/2002/01/33418.php ). Le recite dantesche prima di Benigni, peraltro rare, erano di solito tanto magniloquenti quanto tediose.
Quest’anno il folletto si è superato. Non si è limitato infatti a recitare, ha affrontato i meandri del pensiero dantesco con una destrezza ed un estro che neanche un Compagno, che dico? un Maestro massonico dei tempi migliori, era in grado di fare. Utilizzando il canovaccio precedente quale base del suo volo shamanico nel Settimo Cielo, anzi nell’Empireo, il valente Roberto questa volta ha variato sul tema con svisature di eccezionale portata. Una tecnica sopraffina anche nel recitare, se si pensa che ha declamato per due ore in crescendo, con l’autorità di un saggio antico. E alla fine sembrava Dante stesso, le parole gli uscivano dalla bocca come note musicali. I lazzi delle sue espressioni verbali parevano quelli di Lao Tzu che commentava il Tao-Te-Ching, facendosi beffe del Confucianesimo, troppo preso dal proprio compiacimento formale. Lo spettacolo si è limitato per l’occasione al 33° Canto del Paradiso, con un lungo commento introduttivo Ma quale grazia nell’indicare i punti salienti del testo sublime!
Indubbiamente Benigni si sente a titolo pieno un figlio della sua regione. Dall’Alighieri a Collodi, un massone che scrisse ‘Pinocchio’ – secondo l’antropologa Gatto Trocchi – onde sottrarre i fanciulli all’educazione catechistica e perbenistica ecclesiastica, le performance teatrali e cinematografiche di Benigni sono tutto un rifiorire di cultura toscana. Non per niente siamo una nazione che parla toscano. La Toscana è il vero cuore d’Italia, non l’Umbria del pur degno S.Francesco. E toscana, dei poeti in volgare tardomedievali, era la lingua cui il pur conformista Manzoni voleva attingere. La Toscana, patria degli Etruschi e culla della civiltà italica. Nell’Alighieri riecheggia qualcosa di quell’antica tradizione, non fosse che per il Caronte traghettator di anime. Gli Etruschi provenivano da Creta ed erano apparentati ai Pelasgi, nonché ai Sumeri. Dante ha miscelato l’eredità etrusco-latina ( Virgilio ) con il misticismo monastico cistercense ( S.Bernando di Chiaravalle ), la teologia scolastica ( di stampo tomistico-aristotelica ) con il pensiero gnostico-cabbalistico ( di derivazione giudaica ). E lo ha fatto alla luce della sapienza cosmologica islamica contenuta nel ‘Libro della Scala’, al dire di A.Palacios. Non a caso simpatizzava storicamente per i Templari ed epicamente per i Cavalieri del Graal, che definiva i primi veri ’Fedeli d’Amore’. Allusione ai Dodici Soli celesti dell’Anno Sacro ( archetipo zodiacale degli Apostoli ) aventi per perno il Cristo arturiano.


2) S.Benigni, la Madonna e gli Americani

Il comico era intervenuto pure al Festival di Sanremo del tardo inverno 2002, dove aveva cantato seppure un po’ in sordina la delicata ‘Quanto ti ho amato’ ( in Bm ), ripetuta l’altra sera con maggior apporto di orchestra e in maniera più ispirata. Lo scorso inverno si era profuso zeffirellianamente in un’appassionata esaltazione della Madonna. E la cosa era parsa un po’ strana e retorica a chi non aveva seguito la precedente recita su Tele+. In altre parole Benigni aveva riproposto il culto mariano, inconsapevolmente o meno, su ispirazione dantesca. Insomma partendo dalle proprie radici. Se un uomo non ama le proprie radici, non c’è da fidarsi di lui, spesso è uno che bara. Sicché un parlamentare comunista ed ex-ministro lo aveva velatamente accusato di avere un po’ le polveri bagnate, letteralmente di essere stato un po’ moscio. Per la verità lo aveva fatto al fine di difenderlo, dato che si era nel pieno delle polemiche – non del tutto strumentali – create da Ferrara dopo ‘La vita è bella’. In effetti quando entra in gioco l’argomento America, anche martedì sera, stranamente Benigni svicola. Non che faccia un servile ossequio agli Americani. Questo no, qualche volta accenna a Bush, sempre però in modo un po’ troppo bonario. Naturalmente Benigni deve appoggiarsi agli stranieri, due anni fa alla potente casa di produzione indipendente Miramax, al fine di poter gareggiare per l’Oscar. Forse il prossimo marzo il ‘Pinocchio’ risulterà candidato al prestigioso premio. Dunque si spiega la parziale defezione del N. verso una presa di posizione più graffiante nei confronti delle guerre spaventose che si stanno preparando ( Iraq, Iran, Corea del Nord.. ed altro ). Astrattamente è stato categorico, ma in concreto non ha detto nulla di chiaro. Pareva quasi che ce l’avesse col finto “pacifismo” di Saddam. Quale pacifismo? Saddam è un altro Bin Laden, un guerrafondaio che tiranneggia la sua nazione, infierisce su Curdi e Shiiti. Personalmente sono anche convinto che sia d’accordo cogli Anglo-americani, oggi come dodici anni fa. Questo in ogni caso non giustifica l’atteggiamento ambiguo del comico. In una guerra è il popolo, sono i civili prima di tutto che ci vanno di mezzo. Capisco l’Oscar, ma gli spettatori non son fessi… Vi è anche un’altra osservazione da fare. E non riguarda soltanto Benigni, bensì tutto il Pds, o meglio tutta la Sinistra.
Se coloro che ci hanno liberato dal Nazifascismo, dalla loro elite economico-politica finanziato proditoriamente e sostenuto culturalmente ( Crowley, inviato inglese e capo dell’O.T.O., si assentò per un certo periodo dal suo paese e pare che fosse in Germania presso la ‘Golden Dawn’ locale ), erano quelli dipinti con tratti stereotipati nel bel – per altri versi – film del regista toscano non si capisce come mai successivamente siano diventati i maggior propagatori dell’imperialismo nel mondo. Ciò non lo deve spiegare unicamente Benigni, ma pure molti frequentatori di Indymedia. La verità è ben più tragica, come molti autori anglofobi hanno ben evidenziato in questi anni. Qui non si tratta, lo ripeto per l’ennesima volta, di avercela con gli Inglesi, gli Americani o gli Ebrei. I popoli di tali nazioni non c’entrano. Esattamente come Tedeschi, Italiani e Spagnoli non sono colpevoli del Nazifascismo. Il problema è esclusivamente politico. La storiella che dall’Inghilterra vengono il Liberalismo, il Socialismo la democrazia ed il Capitalismo è una maschera della realtà. Dall’Impero Britannico sono venuti l’Imperialismo economico, il Liberismo, il Mondialismo ed il Terrorismo. Il Regno Unito ha preparato per scopi indegni la Prima, la Seconda e secondo me anche questa Terza Guerra Mondiale. Rimando l’argomento ad altri articoli, ora il soggetto è Benigni.
Di qui si spiega perché gli U.S.A., la principale filiazione del Commonwealth, abbiano sostenuto i peggiori regimi del mondo, dalla dittatura dei colonnelli in Grecia a quella di Pinochet in Cile. Salvo smantellarle al momento opportuno. Insomma la storia talebana ripetuta ad infinitum. I nostri partigiani hanno fatto come l’Alleanza del Nord e come faranno forse tra poco i Curdi, sono in certo senso i veri liberatori dell’Italia, ma nulla avrebbero potuto senza le bombe e il permesso degli Alleati. Dietro la Resistenza, d’altra parte, ci sono storie poco chiare per non dir di peggio. Come quella dell’assassinio di Mussolini e l’esposizione del cadavere in P.za Loreto per far perdere le tracce del delitto. Di ciò me ne accorsi fin da quando, giovanissimo, aderivo a ‘Manifesto’. Poi ho abbandonato. Dunque le accuse generiche di Benigni ad Hussein lasciano il tempo che trovano, sono inadeguate. Il dito è da puntare sugli Anglo-americani, quegli stessi che fecero uccidere Mussolini per nascondere le relazioni epistolari di Churchill con lui e probabilmente delle promesse non mantenute. Il solito sistema degli Alleati: promettere e non mantenere, sovvenzionando il silenzio della controparte. Vero Putin? Ecco perché si massacrano i nemici, com’è successo prima del vergognoso Processo di Norimberga o di recente a Kala-i-Janghi. Un massacro mafioso onde impedir loro di parlare e svelare trame segrete, incongruenze nel comportamento alleato. Giuletto Chiesa medesimo parlò di strani voli di elicotteri neri, senza insegne, nel centro delle battaglie in Afghanistan per portar via i rimestatori di fango di Al-Qaeda. Se il gioco fosse scoperto, e non lo è, si vedrebbe chi sono i veri Nazisti, intendendo il termine in senso generico e spregiativo. Strano però che a criticare il filo-americanista Benigni – per necessità – fosse il filo-americanista – per scelta – Ferrara. Ricordo che il cinico seppur simpatico Giuliano rimproverava al gioviale attore di aver parlato dell’Antisemitismo, cioè di un tema facile e scontato, quand’invece avrebbe potuto trattare del Kosovo. Il fatto è che persino in Jugoslavia, non solo in Kosovo, dietro a quanto di orribile è accaduto ci sono i soliti. Il progetto di smembramento della Jugoslavia faceva parte dei piani segreti dell’U.E., la quale non è nata per contrastare lo strapotere degli U.S.A. ( assai diversamente da quanto si diceva tempo fa ), altrimenti la N.A.T.O. ne avrebbe impedito il sorgere. Ma per motivi torbidi, che al momento non sto a dire. Gli Alleati hanno creato il Nazifascismo ed il Socialcomunismo per il proprio vantaggio politico, li hanno manovrati e sostenuti. Indi li hanno smantellati e questa è la classica tecnica del loro agire. Hanno imparato dai Romani: divide et impera. I mali del Nazifascismo, del Capitalismo e del Socialcomunismo sono in realtà i mali dell’Imperialismo britannico. Dietro ogni movimento e falsa contrapposizione ( genericamente Bianchi, Neri e Rossi ) lo zampino che mena e rimena la puta è lo stesso, cari Benigni e Ferrara. Beh, d’accordo, Benigni si era limitato a raccontare una favola senza spiacere troppo ai vigilanti. Ed infatti costoro, che non sapevano del talento costante del N., ingraziati simultaneamente dai begli occhi di cerbiatta della moglie Nicoletta lo hanno giustamente premiato con tre Oscar. W Benigni. Visto com’è bravo altrimenti, c’è da perdonarlo!


3) S.Benigni, le donne angelicate e la rivoluzione sessuale

Torniamo alla Madonna. Indubbiamente i pregiudizi in materia religiosa da parte dell’Estrema Sinistra sono notevoli, seppur totalmente ingiustificati. Il culto della Vergine in Europa, esattamente come in India il culto della Shakti, si addice propriamente al popolo minuto. Con la storia della dittatura del proletariato sin dai tempi della tirannide bolscevica, i Soviet avevano fatto un patto coi Nazisti, invitando i propri simpatizzanti ad intervenire al loro fianco come ausilio nella lotta furente dell’Ateismo contro il Giudaismo e le altre religioni. Ora Benigni pare uno shamano cristiano più che non un vero cattolico, pare l’anima di Dante vivificata per carità verso il prossimo; il busto del Sommo Poeta campeggiava dietro la figura dell’attore nella pubblicità precedente il programma con le fattezze dell’attore toscano, credo ad arte. L’atteggiamento di costui, che sottolineava quanta bellezza hanno donato in sette secoli a innumerevoli persone i versi di Dante, era realmente quello dello spirito dantesco tornato a nuova vita onde redimerci dalle nostre paure e dalle nostre incertezze circa il fine oltremondano della vita. Con la Donna-angelo presa a specchio della bellezza della Luce Divina. Avendo al fianco una dolce madonna come la Braschi c’è da capirlo… e da invidiarlo! Ma tanto è bravo che se la merita.
Benigni sembra un vate che voglia riportare lo spettacolo alle origini, in senso sacrale e rituale. Il Cristianesimo da lui proposto non è la teologia bigotta della Chiesa, bensì la dottrina misterica ( i Misteri si addicono al teatro ed il teatro si addice ai Misteri, poiché è come una finestra aperta sul mondo ) del più grande dei poeti degli ultimi duemila anni di storia umana. Neppure in Oriente, terra di celestiali poeti, c’è un poeta medievale così grande come Dante. Gli Inglesi venerano Shakespeare, ma Shakespeare è di gran lunga inferiore all’Alighieri. Ciò sia detto senza istanze regionali, nazionalistiche o continentali. Curioso che un simile uomo che in India sarebbe venerato come un’incarnazione di Shiva, quale Genio della Conoscenza nonché del Teatro e della Poesia, dalla Chiesa sia scioccamente reputato ancor oggi un eretico. La scomunica resagli negli anni della lotta fra Guelfismo e Ghibellinismo non è mai stata del tutto revocata, nonostante la simpatia dimostrata verso di lui da Papa Montini ( un lontano parente tra l’altro di una mia bisnonna materna, appunto una Montini ) e da altre eminenti figure religiose cattoliche.
Benigni come Dante, che s’ispirava a Ser Lancillotto del Lago, adora le forme femminili. Nicoletta Braschi, non avvenente come certe dive del passato ( vedi la Loren ) ma certamente graziosissima nella sua delicatezza d’aspetto e di modi, è per il N. una specie di Beatrice. Gli appellativi di ‘Principessa’ e di ‘Madonna’ ( una volta l’ha interpretata in un film, alternativamente all’incarnazione del Demonio di un’altra pellicola ), che in gergo stilnovistico designavano la donna amata al di fuori dell’ambito matrimoniale, ricorrono sempre infatti nelle opere del geniale furetto toscano in relazione alla bella Nicoletta. Il marito al pari dei suoi antenati stilnovisti concepisce la Donna in maniera angelicata, in funzione di stella che dona la luce all’Amato, come Venere ( chiamata ‘Lucifer’ dai poeti del Duecento ) messaggera di Amore Divino. Sì da guardare al femminismo come un’inammissimibile riduzione del ruolo di essa. Anche in ciò si distanzia dalle concezioni populistico-piccolo borghesi proprie sia del Comunismo sia guardacaso del Fascismo, che limitavano la funzione del femminile ad una semplice contraltare inferiore del maschile. Il sovietismo, alimentato dalle idee di W.Reich sulla ‘rivoluzione sessuale’ mediante le quali si era teorizzato di disgregare la famiglia tradizionale – falsamente intesa come fautrice di autoritarismo – tramite il contatto continuato delle femmine coi maschi negli ambienti di lavoro. La vita di coppia nei paesi comunisti era libera più che mai dal punto di vista dei rapporti inter-individuali, onde evitare ogni forma di sacralizzazione coniugale; ma la repressione sessuale era nondimeno assai forte se è vero che con la ‘Caduta del Muro’ nella Germania Orientale frotte di persone si sono lanciate nei sex-shop della zona franca di Berlino. Trattatasi ovviamente di una specie di acquisizione di massa del consumismo sessuale odierno dell’Europa occidentale più che non di una vera assunzione di libertà. Difatti, con la caduta del Comunismo in Europa Orientale e in Russia la pornografia e tutti i vizi della malavita ad essa collegati hanno trionfato. Benigni è ben lontano da codesta concezione edonistica del sesso. Le battute boccaccesche del comico toscano celano quasi sempre un velo di gioioso e sano stupore nei confronti della Bellezza femminile. Nella serata suddetta è come se fosse passato pian piano da Boccaccio a Tetrarca ed infine a Dante. Prima ha preso in giro goliardicamente la vita civile e politica del nostro tempo, poi si è addentrato nella celebrazione del sentimento amoroso, indi è asceso alle vette dell’Assoluto.


4) S.Benigni, la Chiesa e l’Empireo dantesco

Quasi fosse un guru indiano, più che un attore, il folletto ha spiegato ad un pubblico attento e quasi incantato le verità iniziatiche contenute nel poema dantesco. Lo ha fatto piegando l’erudizione dei versi alla necessità della volgarizzazione, senza però mai travisare o banalizzare. Anzi, ha condotto l’anima degli spettatori a congiungersi misticamente col Fulgore Divino, nel Paradiso Celeste, rendendo noto al pubblico con una semplicità magistrale ed una genuinità sconcertante che quella è la meta finale di ogni arrovellarsi umano. E nessuno può esserne escluso. Come a dire che l’unica vera rivoluzione avvenuta in Occidente negli ultimi duemila anni sia la dedizione fraterna alla causa della redenzione umana procurata da Cristo, interpretato come il ‘Fiore’ scaturito da una celeste unione. Non altro. Una puntura non indifferente all’autorità spirituale nostrana anche l’intendere il ‘Fiore’ nel ventre della Vergine come Gesù, anziché la Chiesa. Certo, intendendo la Chiesa, il significato non cambia molto in rapporto all’Ecclesia Docens, ma vi è chi artatamente la confonde con l’Ecclesia Discens, che è altra cosa. E quest’ultima col Vaticano.



5) L’Amore quale mistero della Creazione

La recita di Benigni è stata comunque un ‘Mistero buffo’ in chiave assolutamente ortodossa. Ed una lezione per la satira accattivante ma troppo umana e mondana del ‘Premio Nobel’ Fo, nonché per il morettino presunto ‘amore totale’. Nell’exploit dello gnomo toscano di totale, in senso panteistico, c’era esclusivamente l’efficacia della declamazione. Semmai è l’Uni-versalità ( il mio trattino non è errore di grafia, ma un’indicazione di etimo ) del vate fiorentino in lui a trionfare. Parliamo di un attore che è in giudicabile, che illustra l’esistenza degli Angeli e dipinge la Luce di Dio come farebbe un saltimbanco devoto del Tardo Medioevo. Oppure il Chiaravallese medesimo. Di fronte a simile mostruosa bravura c’è solo da inchinarsi, con ossequio e riverenza, un pochino turbati. Come asseriva Benigni, non si può discorrere di Dio senza divenire Lui. Durante la performance dell’attore mia madre, catupultata d’improvviso da un film dal tittolo interessante ma noioso allo spettacolo su Rai-1, diceva ad alta voce che Benigni non poteva recitare con quella maestria senza la Grazia Divina, in quei frangenti discesa su di lui come il Fuoco dello Spirito Santo. Due ore insomma d’ineffabile liturgia, sorretta tecnicamente da una memoria prodigiosa.
Benigni è come un quadro di Rabuzin, il noto pittore naïve, nelle cui figurazioni paradisiache c’è poco, ma c’è tutto quello che ci «deve» essere. Non tanto per forma, quanto per contenuto. Benigni è la fiaccola poetica che ci sostiene in questi nostri poveri giorni bui. Ed è una fiaccola che illumina direttamente il mistero più profondo della Creazione, quell’Amore che sorregge sole e stelle perpetuamente.



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