Usciti gli israeliani dal Libano, Damasco si accinse, con l'approvazione poco entusiasta dei paesi arabi, ad imporre al paese la "pax siriana" incontrando non meno difficoltà di quante ne avevano incontrate nei loro tentativi gli americani e gli israeliani. Il problema principale erano le formazioni armate, in particolare le Forze libanesi dei maroniti sempre ostili ai siriani. Ma anche le altre milizie, come gli sciiti di Amal, i drusi e gli estremisti hezbollah, rifiutavano ogni accordo per unificare il paese e spesso erano in lotta fra di loro.
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1 - Alle radici della
"questione libanese" |
Come altri Stati del Medio Oriente, la repubblica libanese
è nata al termine della I guerra mondiale dalla dissoluzione dell'Impero
ottomano. In particolare, essa fu la diretta conseguenza dell'Accordo
Sykes-Picot del 1916 fra Gran Bretagna e Francia, con il quale le due
nazioni si attribuivano le rispettive zone d'influenza in Medio Oriente al
termine del vittorioso conflitto: all'Inghilterra l'Iraq, la Palestina e
la Transgiordania, alla Francia l'area corrispondente ai futuri Stati di
Siria e Libano. Oltre all'accordo Sykes-Picot, durante la guerra ci furono
altri accordi tra le potenze dell'Intesa per la spartizione delle spoglie
dell'Impero ottomano giudicato ormai sull'orlo del collasso: l'Accordo di
Costantinopoli (marzo 1915) fra Gran Bretagna, Francia e Russia che
attribuiva a quest'ultima Costantinopoli e la costa occidentale del
Bosforo, il mar di Marmara e i Dardanelli, la Tracia a sud della linea
Midye-Enez e la punta nord-occidentale dell'Asia Minore; il Trattato di
Londra (aprile 1915) che prometteva all'Italia, quale compenso per
l'entrata in guerra, una congrua porzione della sezione mediterranea
dell'Anatolia adiacente alla provincia di Adalia (ora Antalia). Il
Trattato di Londra fu integrato nel 1917 dall'accordo di St.-Jean-de
Maurienne fra Gran Bretagna, Francia e Italia per conciliare le pretese
francesi e italiane. In realtà, sia l'Accordo di Costantinopoli che il
Trattato di Londra furono poi vanificati dal trionfo delle rivoluzioni
bolscevica e kemalista. Molti studiosi hanno messo in discussione la
razionalità dell'edificazione di uno Stato libanese per due ordini di
problemi. Il primo di natura geografica, in quanto il Libano costituisce
il naturale sbocco della Siria sul Mediterraneo (Beirut dista da Damasco
poco più di 100 Km), situazione questa ulteriormente evidenziata dalla
cessione nel 1937 da parte della Francia (che aveva il mandato sulla
Siria) alla Turchia della regione di Alessandretta (Iskenderum) e
Antiochia (Antakya). Ciò spiega l'accentuata attenzione sempre dimostrata
dal governo di Damasco nei riguardi della situazione politica del Libano.
D'altra parte, è evidente l'importanza strategica del Libano, da sempre
(anche dopo l'apertura del Canale di Suez) terminale delle attività
commerciali dei paesi del Mediterraneo con quelli del vicino e lontano
Oriente. Ciò ha determinato la concentrazione nell'area di grandi
ricchezze e la trasformazione di Beirut in uno dei più importanti centri
finanziari del Mediterraneo. L'esplosione nel secondo dopoguerra delle
attività commerciali connesse con lo sfruttamento delle risorse
petrolifere del Medio Oriente non ha fatto che accentuare tale
situazione. Il secondo problema connesso con l'esistenza stessa dello
Stato libanese è di natura religiosa in quanto il suo territorio è un
arcipelago di fedi: per parte cristiana, maroniti, ortodossi, uniati,
armeni e cattolici mentre i musulmani sono presenti con sunniti, sciiti e
drusi. La presenza di queste minoranze religiose è stata determinante nel
corso della storia per la funzione stessa svolta dall'area nelle attività
commerciali tra i paesi del Mediterraneo con quelli dell'oriente. Le
differenze religiose, strumentalizzate dai paesi interessati al controllo
del paese, hanno dato luogo a lunghe e sanguinose guerre civili iniziate
già prima della nascita dello Stato libanese. Occorre dire che
l'embrione di uno Stato libanese esisteva già all'inizio del XIX secolo in
quanto il sultano di Costantinopoli concedeva una larga autonomia agli
emiri Sihab, signori del Monte Libano. Fu un problema religioso a
provocare la prima guerra civile: a seguito della conversione al
cristianesimo maronita dell'emiro Basir II, nel 1834 scoppiò un conflitto
fra maroniti e drusi in conseguenza del quale, anche per le pressioni dei
paesi europei, il Monte Libano fu diviso in due unità amministrative, una
maronita ed una drusa. Da quel momento i rapporti fra le unità religiose
divennero sempre più competitivi fino a sfociare nel 1860 nella cruenta
guerra civile fra gli affittuari maroniti ed i proprietari terrieri drusi.
Per porre fine al massacro la Francia, tradizionalmente protettrice dei
cristiani maroniti, sbarcò un contingente militare a Beirut che invase la
roccaforte drusa nel Sùf. Il problema del Libano fu allora affrontato
dalle potenze europee riunite in conferenza a Parigi al termine della
guerra di Crimea: fu decisa la creazione del "Sangiaccato" (provincia
autonoma) del Libano con un governatore cristiano scelto dal Sultano
assistito da un consiglio a maggioranza maronita eletto su base
confessionale (4 maroniti, 3 drusi, 2 greco-ortodossi, 1 sunnita, 1
sciita). Il Sangiaccato (Piccolo Libano), posto sotto la protezione di
Gran Bretagna, Francia, Russia, Prussia, Austria e Italia, comprendeva
solo parte dell'attuale repubblica libanese, essendone esclusi Tripoli,
Tiro, Sidone e la valle della Beqaa. Al termine della I Guerra
mondiale, durante i negoziati di pace di Parigi, sulla base dell'Accordo
Sykes-Picot i francesi inviarono un contingente militare a Beirut e posero
sotto il proprio diretto controllo tutta la fascia costiera da Tiro alla
Cilicia. Essi incontrarono l'aperta ostilità degli arabi che rifiutavano
la nuova forma di colonialismo camuffata da mandato e che invece,
galvanizzati dalle imprese dell'emiro Faysal il quale, assieme ad Allenby,
aveva combattuto i turchi dalla Mesopotamia fino a Damasco, vagheggiavano
un'unica unità statale araba. Nel 1919 i sostenitori di Faysal
organizzarono ovunque possibile le elezioni in Siria ed un Congresso
Generale Siriano, riunitosi a Damasco, chiese l'indipendenza per la Siria
e l'Iraq, la cancellazione dell'Accordo Sykes-Picot e della Dichiarazione
Balfour nonché l'abolizione del sistema mandatario. Successivamente l'8
marzo 1920 il Congresso Generale Siriano votò una risoluzione che
proclamava l'indipendenza della Siria (che comprendeva anche la Palestina)
e l'autonomia del Libano. Nel contempo un'analoga assemblea irakena
proclamò l'indipendenza dell'Iraq. Francia e Gran Bretagna, tuttavia,
rifiutarono le due risoluzioni e convocarono il Consiglio Supremo della
Società delle Nazioni che il 5 maggio 1920 annunciò la sua decisione
secondo cui la Siria sarebbe stata divisa in due mandati francesi (Libano
e Siria) ed uno britannico (Palestina) e l'Iraq sarebbe rimasto sotto
mandato britannico. I mandati furono ufficialmente approvati dal Consiglio
della Società delle Nazioni nel luglio 1922 e divennero effettivi nel
settembre 1923. La reazione armata dell'emiro Faysal fu facilmente
sbaragliata dalle truppe francesi che il 25 luglio 1920 entrarono a
Damasco. Sulla scorta delle decisioni della Società delle Nazioni, il
31 agosto 1920 il generale Gouraud, comandante del corpo di spedizione
francese, proclamò la nascita del "Grande Libano" comprendente il
precedente Sangiaccato del Monte Libano, la pianura della Beqaa e le città
costiere di Tripoli, Tiro e Sidone. La superficie del Libano passava così
da 4.500 a 10.400 Kmq. mentre il panorama religioso risultava
completamente sconvolto. I maroniti, che nel Piccolo Libano costituivano
più di tre quarti della popolazione, scendevano ora al 31%. Le percentuali
delle altre minoranze religiose risultavano le seguenti: greci ortodossi
14%, greci uniati 7%, sunniti 22%, sciiti 18%, drusi 7%, altri 1%. La
Francia esercitò il suo mandato sul Grande Libano con una politica di
promozione e rafforzamento dei cristiani maroniti, tradizionalmente filo
francesi, a danno degli arabo musulmani. Questo nonostante che la già
esigua maggioranza dei maroniti fosse destinata ad erodersi a causa della
bassa natalità e dall'accentuata tendenza all'emigrazione. Nel 1926 Parigi
impose al Libano una costituzione redatta dopo affrettate consultazioni
con i libanesi stessi. Essa prevedeva un parlamento bicamerale e un
presidente. I seggi in parlamento ed i dicasteri sarebbero stati
distribuiti sulla base dell'appartenenza religiosa. Il presidente era
maronita, il primo ministro sunnita, il presidente della camera dei
deputati sciita. A greco ortodossi e drusi era assicurato un dicastero.
Tuttavia il presidente, rimanendo in carica sei anni ed avendo il diritto
di scelta del primo ministro, godeva di ampi poteri cosicché ai maroniti
veniva garantito il predominio nel panorama politico-sociale del paese.
Secondo molti studiosi la causa prima delle successive guerre civili che
sconvolsero il Libano deve essere individuata nella non bilanciata
distribuzione dei poteri prevista dalla costituzione sostanzialmente
imposta dai francesi nel 1926. Negli anni fra le due guerre mondiali il
Libano beneficiò degli interventi della potenza mandataria per
l'organizzazione della macchina statale e burocratica. Rifacendosi
all'efficiente e collaudato modello francese, fu introdotto un moderno
sistema amministrativo, furono organizzate le dogane e introdotto un
moderno sistema catastale. Furono poste, insomma, le premesse per la
lievitazione della prosperità del paese, specie nel settore dei commerci e
dei servizi nel quale operavano congiuntamente cristiani e musulmani.
Questo tuttavia non attenuò in alcun modo l'attitudine anti francese dei
libanesi e la loro aspirazione all'indipendenza. Si formò, in particolare,
un forte movimento antifrancese in seno alla comunità maronita che indusse
il governo di Parigi a proporre un trattato franco-libanese che prevedeva
l'indipendenza del Libano con un consiglio franco-libanese responsabile
della politica estera oltre alla permanenza di basi militari francesi in
Libano. Il trattato, subito approvato dal parlamento libanese, non fu però
mai ratificato dai governi francesi di destra che fecero seguito al fronte
popolare. Nel 1940, a seguito della sconfitta francese ad opera delle
armate tedesche, il Libano (assieme alla Siria) passò sotto il controllo
del governo di Vichy che ordinò ai suoi rappresentanti a Beirut di
collaborare ovunque possibile con i tedeschi. Ciò provocò la reazione di
Londra, per la quale il controllo dei due Paesi aveva una importanza
strategica essenziale nello scacchiere Medio orientale, e nel giugno 1941
un esercito misto costituito da truppe della Francia libera del generale
De Gaulle ed inglesi attaccarono e sconfissero le truppe di Vichy.
Emersero tuttavia contrasti fra Gran Bretagna e Francia sul futuro del
Libano. Londra aveva infatti accettato di aiutare il generale De Gaulle
contro le truppe di Vichy a patto che fosse resa piena indipendenza al
Libano. In questi termini si espresse a Londra il generale Catroux,
rappresentante di De Gaulle, prima dell'inizio delle operazioni. Di
diverso avviso era invece il generale De Gaulle che riteneva prematuro
concedere la piena indipendenza al paese e si proponeva di rendere invece
operante e rafforzare il Trattato del 1936. Questo contrasto rinfocolò i
sentimenti antifrancesi dei libanesi i cui leader cristiani e musulmani
nel 1943 si accordarono su un "Patto Nazionale" in base al quale il Libano
sarebbe rimasto uno Stato indipendente all'interno delle frontiere
esistenti, ma avrebbe perseguito una politica estera araba indipendente.
In altre parole, i maroniti accettavano di allentare i legami con la
Francia mentre i musulmani rinunciavano al disegno di un Libano parte di
una grande unità statale araba. Le elezioni politiche diedero la vittoria
ai sostenitori del "Patto" ed il nuovo governo propose di eliminare dalla
costituzione la norma sul mantenimento del mandato francese sul Libano. Le
autorità francesi reagirono arrestando il presidente e numerosi membri del
governo, ma la sollevazione popolare, le potenze mondiali e, soprattutto,
un ultimatum britannico costrinsero i francesi a ritornare sulle loro
posizioni e ad accettare l'emendamento della costituzione. Gradualmente i
francesi trasferirono tutti i poteri al governo e nel 1946 il Libano
(assieme alla Siria) divenne membro delle Nazioni Unite come Stato
indipendente. Nel frattempo, nel marzo 1945, esso era entrato a far parte
della Lega dei Paesi Arabi assieme agli altri Stati arabi che avevano
raggiunto l'indipendenza (Egitto, Iraq, Arabia Saudita, Transgiordania,
Yemen e Siria). |
2 - Il Libano
microcoso dell'instabilità medio orientale
|
Seguì per il Libano un decennio di sostanziale pace e
prosperità, interrotto bruscamente nel 1956 dalla fallita impresa
anglo-franco-israeliana per il Canale di Suez e dal diffondersi del
nasserismo su tutto il mondo arabo. La vittoria contro il tentativo di
invasione infiammò anche i musulmani libanesi che guardavano a Nasser come
al "Nuovo Saladino" ed il paese fu preda della tensione fra nazionalisti
libanesi e arabi. Tuttavia, nelle elezioni politiche di quell'anno, il
presidente Camille Chamoun, grazie ai grandi poteri di cui disponeva ed
agli aiuti americani distribuiti in forza della "Dottrina Eisenhower",
riuscì ad assicurarsi in parlamento una schiacciante maggioranza filo
occidentale. Permaneva tuttavia nel paese, fra nazionalisti libanesi ed
arabi, una situazione di forte tensione, che sfociò nel 1958 in una guerra
civile che vedeva la Siria apertamente schierata a fianco degli arabi
musulmani. La rivoluzione irakena che portò al potere gli ufficiali filo
nasseriani del generale Qasim indusse gli Stati Uniti a ritenere che
l'intero Medio Oriente fosse ormai prossimo a cadere sotto l'influenza
dell'Unione Sovietica talchè essi, accettando le richieste del presidente
Chamoun, fecero sbarcare a Beirut un corpo di spedizione di 10.000
marines. Gli Stati Uniti, tuttavia, non si proponevano di puntellare il
regime di Chamoun, al contrario incoraggiarono le parti politiche a
trovare un compromesso per risolvere autonomamente la crisi. Fu così
eletto presidente il generale Fuad Sihab, comandante dell'esercito che
nella crisi si era mantenuto neutrale ed il Libano passò da uno
schieramento marcatamente filo occidentale ad uno più neutrale. Ma il
fragile equilibrio interno ed internazionale del Libano fu presto turbato
dalla guerra arabo-israeliana del 1967. Molti palestinesi cacciati dai
territori occupati trovarono rifugio anche in Libano dove, con le loro
azioni di guerriglia contro lo Stato ebraico, finirono con l'interferire
sulla vita politica del paese. I raid di rappresaglia israeliani
investirono anche i contadini sciiti del Libano del sud e molti di essi
furono costretti a fuggire per cercare rifugio nella periferia sud di
Beirut. I musulmani sciiti, che da sempre costituivano il
sottoproletariato sociale e politico del paese, trovarono un leader
nell'iman Mussa al-Sadr che organizzò il "Movimento dei Diseredati",
affiancato da "Amal" ("Speranza"), una milizia armata. D'altro canto le
differenze economiche e sociali già esistenti nel paese furono accentuate
dal boom petrolifero in Medio Oriente che convogliò ulteriori ricchezze
nelle casse delle già ricche classi dirigenti del paese. "Amal" si
aggiunse così alle milizie costituite dalle altre fazioni
politico-religiose del paese che agivano sempre più indisturbate sfidando
le deboli forze armate governative. Mentre molti libanesi, specie
musulmani, simpatizzavano per la lotta palestinese, la maggioranza dei
maroniti era loro ostile e ne chiedeva l'espulsione dal paese. All'inizio
ci furono scontri fra esercito libanese, guerriglieri palestinesi e
formazioni civili di varie tendenze. Essi però non sfociarono in guerra
civile grazie alla mediazione delle nazioni arabe. La situazione,
tuttavia, divenne esplosiva a partire dal 1970 allorché i palestinesi di
Giordania furono attaccati dalle truppe fedeli al re ("Settembre Nero") e
costretti a rifugiarsi in Libano, unico paese arabo nel quale essi
potevano costituire uno "Stato nello Stato" così come avevano tentato di
fare in Giordania. La situazione di tensione nel paese sfociò nel 1975
in aperta guerra civile fra le milizie della destra cristiana e la
coalizione della sinistra guidata dal leader druso Kamal Giumblatt che
rivendicava una maggiore presenza dei drusi nell'architettura politica del
paese. La guerra civile, alimentata da diversi paesi arabi, da Israele e,
verosimilmente, anche dagli U.S.A., coinvolse ben presto anche le milizie
palestinesi che si schierarono con le formazioni di sinistra. In breve
tempo la coalizione palestinesi-sinistra prese il controllo di circa l'80%
del paese, ma a questo punto intervenne la Siria timorosa che il Libano si
spaccasse in due unità statali: una piccola cristiana alleata di Israele
ed il rimanente in mano cristiana e palestinese fuori dal controllo della
Siria. L'intervento armato siriano trovò l'appoggio dei cristiani libanesi
di destra ed in breve tempo le milizie della coalizione dovettero
abbandonare i territori occupati. L'intervento siriano fu approvato con
riluttanza dai paesi arabi etichettandolo come componente principale di un
contingente di pace arabo. La guerra civile così si spense dopo aver
causato cinquantamila morti e un milione di senza tetto e dopo aver visto
atroci massacri, rapimenti e assassini perpetrati da tutte le fazioni in
lotta. In Libano riprese alacremente l'attività economica, ma la
situazione rimaneva tesa. I siriani non riuscivano a disarmare le varie
milizie armate mentre le destre cristiane, già favorevoli all'intervento
della Siria, ora ne chiedevano insistentemente il ritiro. Per parte sua
Israele rinsaldava l'alleanza con le destre cristiane e favoriva la
creazione di una "enclave"ai propri confini settentrionali controllata da
milizie cristiano-libanesi di sua piena fiducia. Nel marzo 1978
Israele, per reazione ai continui attacchi delle milizie palestinesi ai
suoi confini settentrionali, sferrò la prima invasione su larga scala del
Libano con l'obiettivo di distruggere le basi della guerriglia. Al governo
di Tel Aviv erano andate le destre guidate da Menachen Begin e l'azione
militare a nord era agevolata dalla politica di riconciliazione fra Egitto
ed Israele iniziata da Sadat. L'irruzione delle forze israeliane fino al
fiume Litani provocò la fuga verso nord dei palestinesi mentre gli effetti
dell'invasione furono subiti dai libanesi. L'O.N.U. tuttavia intervenne
con decisione (grazie anche alle pressioni esercitate dal presidente
americano Carter) e Israele fu indotta a ritirare il contingente di
invasione. Ai confini israelo-libanesi fu dislocato un contingente di
osservatori O.N.U. (UNIFIL) ed Israele continuò a sostenere l'enclave
cristiana con funzione di cuscinetto. Il Libano tuttavia non trovò la
pace. Continuavano le lotte tra le varie fazioni mentre al sud gli
israeliani rispondevano con sanguinose rappresaglie agli attacchi della
guerriglia palestinese. Per parte sua, Israele non aveva rinunciato al
proposito di distruggere il "quasi Stato" che i palestinesi avevano creato
in Libano e di cacciare tutti i palestinesi da quel paese. Traendo
pretesto da un attentato all'ambasciatore israeliano a Londra, il 6 giugno
1982 lanciò l'operazione "Pace nella Galilea", una grande invasione che
giunse in breve tempo a cingere d'assedio Beirut. Le forze siriane non
opposero alcuna resistenza anche perché l'aviazione di Tel Aviv aveva
distrutto tutte le loro basi missilistiche antiaeree senza subire alcuna
perdita. A Beirut gli israeliani cinsero d'assedio il quartier generale
dell'O.L.P. e la città fu duramente bombardata con decine di migliaia di
morti e grandi distruzioni. Due terzi dei palestinesi che vivevano nei
campi profughi della capitale (circa 140.000 persone) fuggirono nel nord
del paese e nella valle della Beqaa controllati dai siriani. L'opinione
pubblica mondiale (compresa quella americana) oltre che larghi settori di
quella israeliana si schierò contro l'invasione ed Israele accettò un
accordo (promosso dagli americani) in base al quale le forze israeliane
non sarebbero entrate a Beirut ovest ove erano asserragliati i palestinesi
mentre Yasser Arafat e 13.000 combattenti palestinesi si sarebbero
ritirati sotto la supervisione americana. L'evacuazione iniziò il 22
agosto, ma il 14 settembre le forze israeliane penetrarono a Beirut ovest
nonostante le proteste americane. Fu allora che nei campi profughi di
Sabra e Shatila, sotto controllo israeliano, numerosi civili palestinesi
furono barbaramente massacrati dalle milizie di destra libanesi senza che
gli israeliani facessero nulla per impedirlo. I massacri e le
distruzioni di Beirut sollevarono l'indignazione dell'opinione pubblica
mondiale e l'O.N.U. decise l'invio di un contingente di pace per
proteggere la popolazione civile: vi concorsero Italia, Francia, Gran
Bretagna e Stati Uniti. Washington avviò una intensa azione diplomatica
con l'obiettivo di far uscire dal Libano tutte le forze straniere e di
ripristinare la sovranità del governo di Beirut su tutto il paese.
L'azione diplomatica fu ad un passo dal pieno successo con l'accordo fra
il Libano ed Israele del 17 maggio 1983. Esso però fu boicottato dal
presidente siriano Assad che si rifiutò di ritirare le sue truppe dal
paese. In effetti, l'accordo promosso dalla diplomazia americana avrebbe
comportato la sottrazione del Libano dalla sfera di influenza di Damasco.
Seguirono due spettacolari attentati con auto-bomba contro i quartieri
generali dei contingenti americano e francese che provocarono più di 300
morti e che persuasero gli americani del fallimento della loro strategia
in Libano. Così, nel febbraio 1984, i marines lasciarono Beirut seguiti
subito dopo dagli altri contingenti. Anche Israele vide presto fallire
l'obiettivo di imporre in Libano la propria pace. A parte l'ingombrante
presenza siriana, non riuscì a mettere sotto controllo le milizie armate
mentre le sue forze di occupazione diventavano bersaglio degli attacchi
dei guerriglieri. Nel Libano meridionale la popolazione a maggioranza
sciita, che inizialmente non si era opposta all'invasione israeliana a
causa delle sofferenze subite per colpa dei palestinesi, si rivoltò contro
l'arroganza degli occupanti e cominciò ad attaccarli con le squadre di
"hezbollah" costituite da estremisti sciiti appoggiati dall'Iran. D'altro
canto, pur essendo state sconfitte a Beirut, le forze palestinesi non
erano state annientate come era negli obiettivi e la bandiera dell'O.L.P.
continuava ad essere tenuta alta da Yasser Arafat prima a Damasco e poi a
Tripoli. Il contingente di occupazione israeliano venne a trovarsi,
insomma, in una situazione assai difficile anche perché l'operazione in
Libano era sempre più criticata in patria. Fu così che nel 1985 il primo
ministro laburista Shimon Peres, salito al potere con le elezioni del
1984, decise il ritiro dell'armata di occupazione dal Libano. Furono però
lasciati i consiglieri militari nell'esercito del Libano meridionale,
costituito essenzialmente da cristiani, che presidiava una zona cuscinetto
profonda dieci miglia lungo il confine. Usciti gli israeliani dal
Libano, Damasco si accinse, con l'approvazione poco entusiasta dei paesi
arabi, ad imporre al paese la "pax siriana" incontrando non meno
difficoltà di quante ne avevano incontrate nei loro tentativi gli
americani e gli israeliani. Il problema principale erano le formazioni
armate, in particolare le Forze libanesi dei maroniti sempre ostili ai
siriani. Ma anche le altre milizie, come gli sciiti di Amal, i drusi e gli
estremisti hezbollah, rifiutavano ogni accordo per unificare il paese e
spesso erano in lotta fra di loro. Le forze siriane riuscirono ad occupare
la Beirut ovest musulmana, riducendo in tal modo i combattimenti fra le
milizie rivali, ma Beirut est rimaneva una enclave controllata dalle Forze
libanesi maronite mentre anche i quartieri meridionali sciiti della città
si sottraevano al controllo siriano. Nel settembre 1988 il presidente
Amin Gemayel (maronita) terminava il suo mandato, ma non fu possibile
individuare un suo successore gradito ai siriani a causa dell'opposizione
dei maroniti. Gemayel, prima di lasciare formalmente la carica, nominò
primo ministro il generale Michel Aoun, comandante maronita delle forze
armate. Ma poiché i musulmani rifiutavano di entrare nel nuovo governo, il
precedente primo ministro sunnita si dichiarò ancora legittimamente in
carica. Si creò l'ennesima situazione di stallo mentre le due parti si
scambiavano cannoneggiamenti all'interno della città con gravi perdite fra
i civili. Intervenne con determinazione la mediazione dei paesi arabi
(specie l'Arabia Saudita) tutti interessati ad evitare la disgregazione
del Libano e fu trovata nel settembre 1989 una soluzione di compromesso: i
cristiani maroniti, che dalla creazione del "Grande Libano" avevano
dominato la scena politica del paese, avrebbero rinunciato ad alcune delle
loro posizioni di potere a favore dei musulmani. I deputati si accordarono
e nel novembre elessero presidente prima René Muawwad, che fu presto
assassinato con un'auto-bomba, e poi Elias Hrawi che, riconosciuto da
tutti gli Stati arabi, era tuttavia rifiutato da Aoun. Contro
quest'ultimo, tuttavia, si schierarono le milizie cristiane delle forze
libanesi e ne seguì l'ennesimo conflitto, questa volta fra milizie
cristiane contrapposte. Alla fine, nell'ottobre 1990, mentre l'attenzione
del mondo era concentrata sulla crisi irakena, l'armata siriana e le Forze
libanesi entrarono nell'enclave-fortezza del generale Aoun che dovette
arrendersi. In tal modo la Siria assumeva il controllo del "Paese dei
Cedri" e la sua posizione era rafforzata dall'accordo siro-libanese del
maggio 1991. Per parte sua Israele rinunciava ad interferire nella
situazione interna del paese e nel 1999 ritirava i suoi "consiglieri"
dall'armata del Libano meridionale provocandone l'immediata dissoluzione.
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www.relazioninternazionali.it/paesi/storia-libano.htm
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