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Audience attiva: il caso indymedia [4]
by lisic(A) Saturday, Jan. 21, 2006 at 7:13 PM mail:

INDYMEDIA: UN CASO DI INFORMAZIONE PARTECIPATA

3.1 La società in “rete” e il media-attivismo
All’interno del processo di globalizzazione, che le nostre società stanno vivendo, si registrano rivoluzionari mutamenti nelle tecnologie, nel commercio, nella politica e all’interno della società stessa. La Rete rappresenta l’orizzonte dei mutamenti sociali.
All’interno di essa ciascun soggetto rappresenta un nodo che riceve e trasmette informazioni in un contesto privo di confini definiti, caratterizzato dai continui cambiamenti di una società divenuta rete.
Sono diversi i processi che stanno caratterizzando la costruzione di una nuova struttura sociale fondata in maniera predominante sulla rete. In primo luogo, l’economia ha sempre più bisogno di divenire sempre più flessibile e di globalizzarsi; in secondo luogo, nella società che sta mutando i valori della libertà individuale e della comunicazione aperta assumono una primaria importanza; infine, si sviluppano forti innovazioni nelle prestazioni dei computer e delle telecomunicazioni. In questo contesto, internet diviene una leva per la transazione a una nuova società in rete: la network society.
All’interno del complesso di reti e relazioni che caratterizzano la società informatizzata si registrano sia pratiche di controllo e sorveglianza, sia pratiche di resistenza comunicativa.
Secondo Furio Jesi l’obbiettivo dei media è la creazione di una visione globalizzata. Per non essere spinti ai bordi della collettività come entità invisibili, gli individui devono esporsi e rendersi visibili. Il mostrarsi, quindi, diviene una forma estrema di difesa nei confronti dell’omologazione dei messaggi mediali. Il protagonismo è una strategia di resistenza che ha come obbiettivo la difesa degli individui e dei media dalla progressiva omologazione dei messaggi mediati, e che difende, rendendole visibili, quelle visioni della realtà che non vengono esposte tramite i percorsi mediali tradizionali.
Internet fornisce in maniera molto semplice ed accessibile la possibilità di rendersi visibili, e di difendersi dall’omologazione culturale. Inevitabilmente questa reticolarità, prevede forme di sorveglianza. Ogni cittadino è considerato fattore di rischio, e perciò è continuamente controllato. Tale controllo sociale, portato avanti attraverso innumerevoli meccanismi di sorveglianza, produce, da un lato, un tentativo costante di prevenire e minimizzare i rischi, aumentando il senso di sicurezza nelle comunità; dall’altro, tuttavia, introduce la preoccupazione per un’eccessiva intrusione nella vita quotidiana e nella privacy dei cittadini.
Il processo di sorveglianza della rete progredisce verso una sempre maggiore globalizzazione. Questo processo avviene anche per quanto riguarda i meccanismi di difesa e resistenza ai sistemi di sorveglianza.
Nella nuova società che si sta creando, la ricerca di un’utopia si sta trasformando nella ricerca della cosiddetta e-topia, ovvero una società a rete dove è possibile ritrovare, accanto ai meccanismi di controllo, procedure di difesa, di ri-costruzione e ri-affermazione continua delle identità dei soggetti.
In questo tipo di società che si va delineando i movimenti sociali sono capaci di interpretare al meglio forme di resistenza. I movimenti riescono ad identificare la percezione del rischio e del pericolo come problemi collettivi. Al contempo, essi si danno delle strutture a rete, i cui significati culturali sono flessibili. I problemi nati con la globalizzazione dell’economia hanno favorito e dato la spinta necessaria ai movimenti sociali, attivi in aree territoriali ben definite, per creare una sorta di “ragnatela” di associazioni e organizzazioni che hanno creato una rete dallo straordinario potere mobilitante e comunicativo. Le capacità comunicative di questi movimenti trovano realizzazione soprattutto in internet. All’interno del cyberspazio pubblico si forma un complesso fronte di organizzazioni che si caratterizzano sempre più come resistenti alla macchina della globalizzazione. Internet, quindi, può rappresentare la speranza concreta di una implementazione della democrazia attraverso la partecipazione diretta, aperta e bidirezionale dei cittadini e dei movimenti alla vita pubblica.
Internet è uno degli strumenti fondamentali, usati dai movimenti sociali per le loro pratiche di resistenza, perché rappresenta la risposta orizzontale, diretta e partecipativa alla crisi dei partiti e dei sindacati caratterizzati da eccessiva verticalità ed asimmetria al proprio interno.
Inoltre, internet rappresenta la risposta più adatta alla necessità dei movimenti di divenire globali. I movimenti sociali sfruttano le possibilità che la rete offre di rendere vicino ciò che è distante, di abbattere le asimmetrie di potere, di mettere in comune risorse informative di ogni sorta, al fine di organizzare, grazie a queste, una resistenza al dominio culturale ed economico delle grandi industrie dell’informazione.
Si assiste ad uno spostamento della trattazione dei problemi politici e sociali e delle pratiche di militanza dalle istituzioni politiche verso ambiti individuali, dove ognuno esercita la sua libera e soggettiva attività di interpretazione dei suoi diritti e doveri.
Con questo utilizzo di internet i movimenti trasformano internet da semplice strumento di comunicazione ed organizzazione ad un vero e proprio strumento di cambiamento sociale.
Come ho già sostenuto in precedenza, accanto agli aspetti positivi della trasformazione della società in “rete” vi sono anche degli aspetti negativi. Primo tra tutti è il cosiddetto digital divide. Esso consiste nell’impossibilità di alcuni individui all’interno della società di aggiornarsi tecnicamente e culturalmente ai progressi (tra l’altro, sempre più veloci) di innovazione tecnologica.
Di questo, e di altri, problemi sono consci i movimenti sociali che per farvi fronte hanno elaborato, nei primi anni novanta in Malesia, la carta dei diritti della comunicazione. Questa carta fornisce una comune cornice a chi condivide la convinzione che le persone debbano essere parte attiva e critica alla loro realtà sociale e possano comunicare le loro idee e opinioni. Questo documento è diviso in 18 articoli che descrivono le basi concettuali e politiche che dovrebbero caratterizzare una democrazia dei media nuova, condivisa e globale. Questi articoli possono essere modificati nel tempo. I firmatari di questa Carta sostengono che ogni persona ha il diritto di partecipare alla comunicazione e di prendere decisioni su di essa, sia nell’ambito della propria società, sia tra società diverse.

Internet è uno strumento di mutamento sociale; quindi, chi si adopera per creare nuovi contenuti sulla rete e nuovi messaggi contribuisce in prima persona a rappresentare la sua realtà sociale ad un pubblico. La rappresentazione della realtà sociale non è definita e oggettiva, essa può essere proposta con parole e immagini diverse, da diversi individui in funzione del loro trascorso storico, delle loro esperienze di vita e delle loro opinioni. Inoltre, chi riceve
questa rappresentazione sociale della realtà avrà una reazione, che potrà
essere positiva e quindi accoglierà la descrizione della realtà propostagli;
oppure negativa e allora il ricevente potrebbe opporsi a quella rappresentazione della realtà presentando la propria opinione. Descrivere e rappresentare, tramite i media, la realtà sociale della collettività è, a tutti gli effetti, un’azione sociale. Rappresentando in maniera negativa un determinato fenomeno sociale, viene proposta allo spettatore una immagine della realtà che può, anche, essere distorta da quella che è la realtà oggettiva delle cose, ma il ricevente può prenderla per buona, agendo di conseguenza alle convinzioni che si è formato a causa delle informazioni distorte che ha ricevuto.
I movimenti sociali che si oppongono ai processi di globalizzazione dell’economia fanno perno sulle capacità di influenza sociale dei media. Nasce così la figura del media-attivista. Questo è il nome che viene dato agli attivisti mediatici.
La comunicazione indipendente e il media attivismo, come forme culturali e politiche, sono stati innescati da eventi come la riunione del WTO a Seattle nel 1999 o la riunione del G8 a Genova nel 2001; sono stati spronati dall’emergenza del monopolio dell’informazione, ma essenzialmente si sono sviluppati solo con la massiccia diffusione di tecnologie a basso costo, dei cosiddetti personal media e della rete. Il media-attivista è una nuova figura di operatore, militante, artista, cittadino impegnato a sperimentare, spesso nel proprio tessuto urbano, forme di autogestione della comunicazione. Il media-attivista è un attivista che usa i media per raccontare la piazza, parlare di proposte, documentare forme e contenuti del movimento di cui fa parte, ma anche fare inchiesta e controinformazione oltre i canali massmediatici tradizionali.
Il mediattivismo nasce con il diffondersi della consapevolezza collettiva che è possibile utilizzare la comunicazione come strumento di cambiamento della realtà, attraverso l’uso integrativo di nuove tecnologie e linguaggi diversi (siti internet, video, foto, ecc.). Il mediattivismo è l’esigenza di disporre di un’altra informazione, libera, sociale, cooperativa, antiliberista e antagonista rispetto a quella, falsa o incompleta, veicolata dai media “mainstream”.
Il media attivismo è una rete mondiale. Per comprenderla bisogna immaginare un ambiente interconnesso fatto di flussi informativi, network, campagne mediatiche, programmatori, scrittori, giornalisti free lance. L’attività di questi soggetti che “fanno media” è un modello che rispecchia il “fare società” di tutte le altre forme di attivismo e organizzazione sociale.
Nei nostri giorni è, dunque, impossibile immaginare l’attivismo politico senza pensare ai media.
L’obbiettivo dei media attivisti, marxianamente parlando, è quello di riappropriarsi dei media in quanto mezzi di produzione, piuttosto che mezzi di rappresentazione. I media sono mezzi di produzione economica, producono l’immagine del mondo e, inoltre, il loro utilizzo produce bisogni e desideri che a volte sono in grado di soddisfare direttamente.
Un caso di informazione indipendente e, allo stesso tempo, di media attivismo e quello rappresentato dall’esperienza di indymedia e da tutti i nodi ad esso collegati.

3.2 Cos’è indymedia?Come si partecipa all’informazione di indymedia?
Il Network di Indymedia è nato negli Stati Uniti per esigenze di copertura mediatica di un evento che i media rischiavano di deformare: le proteste di Seattle contro il WTO (World Trade Organization). In quella occasione, e nel futuro molte altre volte ancora, indymedia ha dimostrato come sia possibile grazie ad internet la creazione di media dal basso, autogestiti, non-profit e indipendenti dai media istituzionali e commerciali.
Il network col tempo ha visto aggiungersi sempre ulteriori nodi: per esempio il nodo italiano (che è quello che ci interessa in questo contesto) è nato all’inizio dell’estate 2000 in vista della riunione del G8 di Genova. Il primo evento coperto dai volontari media-attivisti di indymedia.italia è stata la settimana di mobilitazione, del movimento anti-globalizzazione, a Bologna in occasione della riunione dell’OCSE che si tenne dal 12 al 15 giugno 2000.
La rete di indymedia ha un’estensione praticamente globale. Nel mondo occidentale, nodi di indymedia sono presenti praticamente in ogni stato, e spesso esistono degli ulteriori sottonodi che si riferiscono a territori regionali interni agli stati stessi. Indymedia è decisamente meno presente nei paesi più poveri, anche se in America Latina e in Asia si contano sempre più nodi di questa rete. Indymedia è arrivata anche in alcuni stati africani , ma certamente questo non è ancora sufficiente, una grandissima parte del globo non è coperta da questa rete di media indipendenti.

La rete di Indymedia è una rete di informazione indipendente e globale. Essa sfrutta al massimo e in maniera consapevole tutte le potenzialità comunicative della rete internet e dei nuovi mezzi di comunicazione telematici. Il nome Indymedia è l’abbreviazione di Indipendent Media Center (IMC). Ogni IMC è un gruppo autonomo che ha obbiettivi propri, si autofinanzia e che prende decisioni con modalità specifiche. Tutti gli IMC collegati alla rete rispettano dieci “principi di unità”, che sono stati redatti in un unico documento, una sorta di “principi generali” d’azione. Questo documento è stato redatto nel 2000 a San Francisco in una riunione in cui erano presenti delegazioni di tutti gli IMC esistenti all’epoca. Questi principi sono molto semplici: si negano rapporti di tipo gerarchico sia tra individui, sia tra gruppi; si promuove l’informazione aperta e indipendente, si condividono conoscenze e informazioni; si utilizza, quando possibile, software libero, in modo tale da aumentare l’indipendenza dai grandi potentati economici; si promuove il rispetto non solo tra gli IMC ma tra gli esseri umani tutti, non sono accettate discriminazioni di razza, sesso, età e classe. Tutti questi principi vengono adottati volontariamente e localmente quando si decide di formare un IMC. Nella pratica un IMC è un collettivo di media attivisti che mettono insieme volontariamente la propria esperienza e le proprie capacità, in maniera non gerarchica. Ognuno contribuisce secondo le proprie capacità e mezzi (video, radio, fotografiche, conoscenze linguistiche, ecc).
La natura non gerarchica della rete di indymedia combacia con la natura del movimento antiglobalizzazione, è proprio questo movimento che ha compreso maggiormente le potenzialità di questa nuova modalità di comunicazione. Gli IMC si sono affermati come modelli, non solo per i nuovi formati della produzione mediale, ma in quanto esempi pratici di produzione collettiva.
Le potenzialità del web hanno concesso agli attivisti del movimento antiglobalizzazione di creare una comunità di produttori e di distributori dell’informazione, in grado di reagire molto in fretta agli eventi e di creare una rete di pubblico e collaboratori a livello locale, regionale e internazionale.
La natura collaborativa del lavoro di Indymedia è qualcosa che i media tradizionali non possono comprendere. Il sito di Indymedia fornisce un “canale” per discussioni libere, prive di controllo editoriale , poiché un semplice click sul pulsante “pubblica” permette di caricare e condividere le proprie storie. L’obiettivo di Indymedia è di creare un sistema esterno alla cultura socio-politica dominante, dando nuovi poteri ai cittadini, migliorandone le opportunità e l’accesso all’informazione. Questa strategia comunicativa rifiuta il tradizionale concetto di “audience” – spingendo il lettore/scrittore a giungere alle proprie conclusioni, consultando diversi punti di vista. Creare uno spazio del genere, che fornisce grandi strumenti di controllo al pubblico, ha dato un senso alle qualità intrinseche della comunicazione per ipertesti, a differenza della maggioranza dei servizi di informazione online, che continuano a riprodurre il modello trasmissivo unidirezionale.
Il processo di indymedia è interamente aperto. Ogni dichiarazione è immediatamente passibile di commento, discussione e/o correzione. Questa struttura aperta è in particolar modo appropriata per il tipo di movimento collettivo che si è sviluppato intorno alla globalizzazione soprattutto perché la tecnologia di internet, così come applicata da indymedia, si dimostra molto efficace nel permettere la proliferazione di opinioni eterogenee.
Le discussioni che si trovano sui siti di indymedia vanno dai racconti in prima persona degli eventi, alle riflessioni sulle tattiche del movimento, alla nonviolenza, all’attenta identificazione degli informatori della polizia, a dettagliate informazioni su esperimenti di biogenetica, alla satira politica. Gli individui che fanno fisicamente parte dell’IMC sono solamente una parte di chi vi partecipa. Fotografi, videoamatori, gente che lavora in radio, scrittori ed esperti web, studenti e individui qualunque possono postare (pubblicare sul sito) da qualunque luogo, in ogni continente.
Il ruolo di indymedia è stato anche fondamentale all’interno del movimento antiglobalizzazione, indymedia è stata fondamentale per metter in relazione, per far comunicare in rete i diversi gruppi che formano le diverse anime del movimento in questione.
Grazie al principio della comunicazione aperta chiunque può partecipare ai contenuti dei siti di indymedia. Pubblicazione aperta significa che il processo di creazione delle notizie è trasparente nei confronti dei lettori. I lettori possono scrivere una notizia, o un commento ad una notizia e vederlo apparire istantaneamente tra le notizie pubblicate. La pubblicazione aperta permette, quindi, di distribuire le notizie a costo zero. I meccanismi del giornalismo sono resi pubblici.
La pubblicazione aperta ritiene che il lettore è intelligente e creativo e può voler essere, a sua volta, scrittore, o un redattore o un distributore, e il meccanismo della pubblicazione aperta gli da la possibilità di diventarlo nel momento a lui più congeniale. La pubblicazione aperta è una forma di libertà d’informazione (sicuramente la più inclusiva) e libertà di creazione.
Il concetto di pubblicazione aperta si è sviluppato e va di pari passo con quello di software libero. Il software è libero quando chiunque ha la possibilità di utilizzarlo e di cambiarlo se ritiene di poter creare un sistema migliore al precedente. Il prodotto è libero, e il processo di produzione è trasparente. Se a qualcuno non piace, lo può prendere (a costo zero) e modificare. Questi software non sono protetti dal copyright, quindi la loro produzione e modifica sono aperti a chiunque.
I siti indymedia sono creati con software liberi; ogni sito indymedia mette a disposizione il programma con cui è stato elaborato in modo da concedere a chiunque la possibilità di prenderlo, usarlo e modificarlo creando nuovi siti ad informazione aperta oppure semplicemente proponendo nuove soluzioni e possibilità di utilizzo del software in questione.
Con il sistema della pubblicazione aperta sorgono, inevitabilmente una serie di problemi. Questo sistema può rendere i siti, della rete di indymedia, bersagli particolarmente vulnerabili per gruppi politici opposti e apertamente ostili, o per le provocazioni di agenti degli apparati di sicurezza nazionali.
Un altro problema è che spesso i post vengono usati come una chat, rendendo a volte non interessante la loro lettura.
Inoltre non bisogna dimenticare che indymedia si auto sostiene, quindi tutto il lavoro che sta dietro la pubblicazione e la gestione del sito è portato avanti da volontari, che talvolta organizzano dei progetti per autofinanziarsi.
Ma il problema che indymedia deve affrontare, per guadagnarsi un posto importante nel mondo dell’informazione, è quello della credibilità delle sue notizie e dei fatti che vi vengono raccontati e descritti.
La credibilità delle notizie pubblicate sui siti indymedia non si basa sul nome del giornalista o della testata giornalistica più autorevole. In indymedia l’autore dei post può rimanere completamente anonimo o darsi uno pseudonimo, quindi le basi di credibilità dell’informazione su indymedia (e quella aperta in generale) si fondano sulle fonti da cui proviene la notizia. I grandi circuiti mediali offrono una visione “uniformata” dei fatti e degli eventi raccontati, e su questa uniformità si basa la credibilità delle notizie presentate. In indymedia, rendendo anonimi gli autori delle informazioni, la sorgente di credibilità si sposta sulle fonti utilizzate per elaborare quella notizia. Con questo sistema sarà poi compito del lettore giudicare la fondatezza e la qualità delle fonti. Nel caso in cui non dovesse ritenerle appropriate, potrebbe inserire le ragioni, e le relative fonti, che ritiene più attinenti e più corrette. Facendo così, il lettore/scrittore esercita un compito molto importante che è quello di coprire le falle che un sistema aperto come questo può causare per quanto riguarda la completezza dell’informazione. Leggendo un quotidiano non è possibile per il lettore replicare all’inesattezza o all’incompletezza dell’informazione. Leggendo indymedia lo si può fare.
E’ doveroso specificare che nella struttura dei siti indy vi sono 2 parti dedicate alla pubblicazione di notizie. La parte centrale è quella più importante perché vi vengono pubblicate le notizie elaborate e redatte dal comitato redazionale che si chiamano features, il contenuto della notizia viene discusso per mezzo di e-mail e di mailing-lists e viene approvato con metodo del consenso. Chiunque può iscriversi alle mailing list e quindi partecipare anche alla redazione delle notizie principali. La seconda parte del sito riservata alle notizie è chiamata newswire dove chiunque può scrivere e vedere immediatamente pubblicate le proprie notizie, i post, o i commenti ad una features.
Talvolta il processo di pubblicazione delle features non viene avvertito realmente libero e partecipativo da tutti. Il fatto che bisogna iscriversi ad una mailing-list per poter dibattere sulla pubblicazione delle notizie e su tutti gli altri argomenti richiede molto tempo libero (anche se si può essere iscritti ma non intervenire nelle discussioni) e molta attenzione a tutti i messaggi che arrivano. Non tutti i frequentatori di indymedia hanno questo tempo e questa volontà. Nel sito italiano di indymedia da qualche mese si sta cercando di ovviare a questo problema tramite l’utilizzo dei cosiddetti “post-dinamici”. Viene data la possibilità a chiunque, anche se non iscritto alle mailing list apposite , di contribuire alla stesura di una feature nella colonna centrale del sito. In pratica per ogni feature vengono creati dei post sul newswire dove ognuno può aggiungere il suo contributo ai contenuti della notizia centrale postando link utili o commenti e precisazioni alla notizia data. Tutti questi contributi sono direttamente accessibili e consultabili nel momento in cui si decide di leggere per intero la notizia che ci interessa. La possibilità data con questo nuova metodologia che si affianca, senza sostituirle, a quelle attuate in precedenza, amplia ancora più di quanto non fosse prima, la possibilità di partecipare all’informazione da parte del lettore, che adesso non deve necessariamente far parte di un collettivo redazionale, ma da “esterno” può comunque fare informazione non solo nel newswire ma anche nella colonna centrale del sito che è quella che ha più visibilità e maggiore importanza. Inoltre, il meccanismo dei post dinamici consente di velocizzare il processo di pubblicazione delle notizie e di renderle sempre aggiornate gravando meno sull’impegno del collettivo editoriale, che è sempre una piccola parte di tutti coloro che frequentano i siti indymedia, sfruttando maggiormente le qualità e le conoscenze di tutti.
Un’importante caratteristica del processo decisionale nelle mailing list di indy è che le decisioni vengono prese secondo il metodo del consenso (MC).
Il Mc è un procedimento decisionale che si svolge in varie fasi e in cui si usano diverse tecniche di discussione, analisi e confronto, mediante il quale un gruppo arriva a prendere le sue decisioni senza ricorrere alle votazioni. Consenso indica che si è d’accordo su qualcosa, ma non significa necessariamente accordo pieno di tutti su tutto, cioè unanimità. Il consenso punta a far convivere le differenze, non ad eliminarle. Perciò in una decisione consensuale vi possono essere diversi gradi di accordo e molte sfumature riguardo agli impegni che i diversi membri si assumono rispetto ad una determinata decisione, però il tutto avviene in modo esplicito e globalmente accettato.
Il metodo del consenso dà molto potere al singolo individuo (a ogni individui indistintamente) nel processo decisionale, perché ne riconosce il valore, la dignità e l’unicità. Ciò non vuol dire che un singolo individuo o una minoranza può godere di un potere di veto quando si prendono le decisioni. In realtà ognuno gode di un potere particolare, nel senso che ogni intelligenza è diversa dalle altre e quindi può apportare contributi alla discussione di diversa natura ed entità. Un unico individuo può, per esempio, prendere in considerazione un aspetto del problema in discussione che nessun altro aveva fino a quel momento preso in considerazione, se il gruppo riconosce la validità dell’osservazione mutano anche i termini nella discussione del problema. In sostanza il singolo ha il potere di sollevare i problemi e le incongruenze, poi spetta al gruppo discuterle e trovare le soluzioni adatte. Questo è un processo decisionale che si basa sul rispetto dell’individualità e sui sentimenti e bisogni soggettivi dell’individuo. Occorre anche molta pazienza, questo processo spesso risulta lento perché gli iscritti alle mailing list editoriali non sono poche unità, quindi per operare un negoziato costruttivo tra le diverse persone, senza ledere la sensibilità di nessuno, talvolta occorre molto tempo.
Per questo motivo è sempre in atto una ricerca costante per migliorare il più possibile le caratteristiche del sito, un esempio sono i post dinamici che ho citato in precedenza. L’utilizzo di questo “mezzo” consente un più veloce reperimento delle fonti necessarie a stilare una notizia e, di conseguenza, rende più veloce la sua pubblicazione. Inoltre, la maggior apertura di questo sistema consente, anche, la pubblicazione immediata di critiche ed eventuali miglioramenti alla notizia data. Il consenso riguarda in sostanza la volontà di camminare insieme collettivamente e sperimentare insieme. Questo consenso di fondo deve, però, essere basato sulla fiducia e sulla libertà, altrimenti non potrebbe funzionare. Questi sistema consente, a diversi gruppi ed individualità che hanno bisogni e obbiettivi comuni, di lavorare insieme anche nelle situazioni che li vedono in disaccordo, causa incomprensioni, sensibilità e idee diverse. Il metodo del consenso è una sorta di “gestione pacifica di un conflitto” che si basa sul rispetto degli individui e non sul mercanteggiamento della soluzione migliore per entrambe le parti.
Come ho già detto indymedia sfrutta a pieno le possibilità che offre la rete internet e la comunicazione ipertestuale. Oltre alle zone dedicate alle notizie, nei siti indymedia, sono visibili tutti i collegamenti a tutti i nodi della rete, sono presenti diversi dossier su svariati argomenti. Esiste un forum di discussione, dei canali di chat per poter comunicare in tempo reale e un’agenda dove i gruppi e le persone che frequentano indymedia possono rendere visibili le proprie iniziative. Facendo così si favorisce anche la partecipazione diretta ad iniziative a sfondo sociale, culturale o ludico, favorendo processi di socializzazione tra appartenenti ad uno stesso movimento collettivo che non avevano mai avuto modo di incontrarsi prima.
Quindi indymedia non funge solo da “telegiornale web” a comunicazione aperta ma, di più, esso è un mezzo che viene sfruttato dai membri di un movimento sociale variegato ed eterogeneo, le cui parti hanno facilitato il loro avvicinamento grazie alla facilità di comunicazione che permette la rete internet così come interpretata ed utilizzata dagli IMC.
Gli obbiettivi di questo progetto sono ambiziosi ma anche abbordabili. Indymedia vuole conquistarsi una propria visibilità nel panorama televisivo, radiofonico, della stampa, della rete. Nei circa 5 anni di vita di indymedia.italia è successo che, soprattutto in occasione di grandi mobilitazioni internazionali, i media mainstream utilizzassero materiale audio e video prodotti e pubblicati da indymedia.
Sicuramente questo è il segnale che la rete di indymedia sta progressivamente crescendo e conquistando una posizione importante nel panorama dell’informazione italiana. Quindi i media tradizionali devono competere, adesso con un sistema di informazione indipendente che sfrutta a pieno le possibilità comunicative che offrono le nuove tecnologie e che, per questa sua caratteristica, è proiettato a svilupparsi sempre di più nel futuro.
Non bisogna dimenticare neanche il fatto che indymedia.italia è un progetto no-profit che è nato e si è sviluppato senza alcuna forma di finanziamento. Gli indyani (così si fanno chiamare coloro che frequentano e partecipano ad indymedia) tengono a sottolineare la loro indipendenza; scrivono sul sito di indymedia.italia: “Nessuna impresa è proprietaria di indymedia, nessun governo ha a che fare con la nostra organizzazione e non c’è un unico ricco donatore che finanzi il progetto. Indymedia non è il portavoce di nessun partito politico o organizzazione. La gente coinvolta in indymedia ha una varietà ampia di punti di vista politici e personali. Chiunque può partecipare ad indymedia…” Le uniche restrizioni sono quelle descritte dalle policy che ogni nodo della rete si impone di rispettare e di far rispettare.

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Ci sono 4 commenti visibili (su 4) a questo articolo
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Titolo Autore Data
Ripubblicazione Red Web Master Sunday, Jan. 22, 2006 at 3:55 PM
bibliografia lisic(A) Saturday, Jan. 21, 2006 at 11:20 PM
io lisic(A) Saturday, Jan. 21, 2006 at 11:18 PM
Fonte dell'articolo? Red Web Master Saturday, Jan. 21, 2006 at 9:24 PM
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