A Sofri e a quelli del male necessario
In queste ore di guerra sempre più in espansione, a chi è contro le guerre tocca subire anche le rampogne di gente come Sofri e altri che a sinistra sembrano all'improvviso degli arditi sul piede di partenza per il fronte.
A parte il fatto che questo genere di esibizioni ha abbastanza stancato, e che dopo l'introduzione del termine "pacifinto" nel dibattito ( vabbè.) è difficile riuscire ad introdurre elementi di innovazione da parte dei sostenitori delle missioni di guerra, c'è da dire che le nuove forze percorrono sentieri già battuti con scarso successo.
Sofri quando impugna la metafora del chirurgo fa un po' ridere, fondamentalmente perché sposta astutamente il punto del discorso con un illusionismo, che però si infrange spegnendosi incapace di colmare la distanza tra l'argomentazione di Sofri e la realtà. L'accusa è quella di voler ostacolare l'azione del chirurgo all'opera, di opporsi all'opera del salvifico intervento occidentale, capace di curare i tumori e i mali di paesi molto malati.
Peccato che non si stia affatto discutendo di un intervento minimamente accostabile a qualificazioni come "chirurgico", ma di un'operazione di macelleria e della continuazione perpetua di un combattimento che entra ora nel vivo, dopo il fallimento integrale e certificato dell'impegno di ONU e NATO.
Il paese non è sotto il controllo del governo centrale, la produzione di oppio è ai massimi storici e costituisce l'unica fonte di reddito per gli afgani che non lavorano per gli stranieri, nella maggior parte del paese il governo è fuori dal controllo centrale, ma non da quello della nuova insorgenza afgana; il governo Karzai non è mai entrato nella pienezza dei suoi poteri, ognuno dei suoi ministeri è sempre stato occupato fisicamente da funzionari americani, le ONG americane (che nel paese fanno la parte del leone) inserite nei PRT disegnati al Pentagono sono da tempo sotto il controllo della Rice e portano in Afghanistan solo il 20% dei fondi in dotazione, consumando il resto in spese per la "sicurezza" e per la "logistica" dei loro "operatori umanitari" (privatizzati e a contratto), ed essendo agli ordini della politica operano favorendo questo o quello a seconda delle esigenze.
Nel paese è in corso una massiccia offensiva verso Est e verso Sud, con la quale le forze occidentali (oltre 10.000 uomini) cercano di spazzare la Jirga afgana che vede di nuovo insieme talebani, pachistani e signori della guerra (e dell'oppio); altre migliaia di soldati per la coalizione sono annunciati in arrivo da diversi paesi. Dall'altro lato del confine all'esercito pachistano non va meglio, nonostante l'impiego di circa 80.000 uomini nel solo Waziristan da parte di Musharraf; le forze irregolari ormai congiunte che combattono sui due fronti contro i pachistani e gli occidentali sono valutate tra i 30 ed i 40.000 effettivi. Ogni giorno in Afghanistan muoiono quindi decine di persone. Gli afgani sono chiaramente stanchi della gestione americana, l'approccio degli USA non si è rivelato meno fallimentare che in Iraq, sempre che gli USA non puntassero veramente a insediare due guerre civili permanenti.
Il martirio dell'Iraq è sotto gli occhi di tutti, tutti sanno come fu invaso illegalmente e a forza di balle. Tutti sanno che i soldi destinati alla ricostruzione irachena e quelli degli stessi iracheni sono stati spesi solo per "sicurezza" e per acquistare armi, spesso finite a chi poi spara addosso agli "invasori"; finora gli americani hanno addestrato ed armato un numero di iracheni 3 o 4 volte superiore di quanti non hanno poi disertato. Lo stesso succede in Afghanistan, dopo il recente bombardamento americano su Kandahar quasi la metà degli effettivi afgani nella regione ha disertato portando con se le armi.
In Iraq sono morte più di 100.000 persone, più oltre 2000 americani e altri diversi, per stare stretti; le condizioni di vita degli iracheni sono drammaticamente peggiorate. A Falluja, ancora assediata come Ramadi, e in altre zone, sono stati commessi veri e propri crimini di guerra, Baghdad sembra Beirut quando era occupata da mezzo mondo, per gli iracheni non c'è sicurezza, ma nemmeno acqua, luce, benzina, ospedali (anche quelli svaniti in una truffa), e quando i contribuenti americani decideranno di aver pagato abbastanza per l'Iraq, cosa resterà loro se non alcune basi americane?
Non si parla dell'impiego di chirurgia benefica, si parla dell'aver dato campo libero a un branco di dilettanti con il grilletto facile e a ladroni superbi; questo nella migliore delle ipotesi. Il bel risultato si può leggere sul campo con un minimo di onestà. Nei paesi invasi va sempre peggio, il favore delle popolazioni per queste operazioni è svanito, anche perché gli americani hanno sparato ai manifestanti disarmati, umiliato le persone, rapito e torturato a caso migliaia di persone, operato la rappresaglia su intere città, usando pure armi chimiche all'interno degli abitati civili e anche pagato i giornalisti per raccontare che tutto andava bene fino a che è stato possibile. Non è carino chiudere un occhio sulle efferatezze degli alleati e poi fare la morale ai pacifisti.
Questa non è chirurgia, questa è macelleria. Per questo è più che legittimo non voler votare quella che è la legittimazione di un'operazione di macelleria, poco importa se la macelleria è in corso per stupidità, per dolo o per un accidente della storia; il risultato è una carneficina ccompagnata da nessun progresso, ma al contrario protratta attraverso la riproposizione di soluzioni fallimentari e già conosciute per l'esserlo. Altre balle da mandare giù magari distraendosi pensando che siamo "Campioni del Mondo", altre questioni che non si devono discutere, al massimo è concesso provare a contare le vittime ex-post.
Il voto sull'Afghanistan non è sul sostegno al popolo afgano, è un voto alla missione militare concepita così come si è dimostrata un fallimento insopportabile per chiunque, non solo per i pacifisti. Un fallimento che viene difeso da gente che sembra cadere dal cielo, la cosa più intelligente ha provato a dirla Amato affrontando il problema dell'oppio, peccato che la soluzione proposta fosse già stata analizzata e considerata irrealistica, Amato proponeva di comprare l'oppio afgano per le aziende farmaceutiche, il problema è che queste l'oppio lo pagano pochissimo comprandolo da zone messe appositamente a coltura su scala industriale, meraviglie del mondo globalizzato e dell'ignoranza g-localizzata che rianima le bufale di seconda mano.
Per il resto si guida a fari spenti nella notte, almeno si avesse il coraggio di dire che siamo dentro mani e piedi a un groviglio di interessi e che proprio non si può venir via, ma manca anche quello. Così non resta che prendersela con i pacifisti, e votare una porcata di proporzioni storiche all'ombra del "senso di responsabilità", sperando che non ammazzino troppi dei nostri soldati e che anche gli afgani riescano a trovare scampo dalle armi molto ignoranti che si usano in grande copia nel loro paese.
Il fatto che dall'Afghanistan non filtrino le notizie sui nostri media rende più facile scrivere cose come quelle che ha scritto Sofri, forse neanche a lui sono giunte, ma chi ha la comprensione di quello che è successo, sta succedendo e succederà non può essere attaccato e intimidito solo perché vuole riportare il dibattito al punto. Il punto secondo me è in una domanda : "Quelli che votano la missione in Afghanistan (e quelli come Sofri), accettano di approvare la situazione in Afghanistan, di finanziare un'operazione già chiaramente fallimentare senza che il nostro governo proponga un correttivo o un confronto pubblico sul merito?
Forse la risposta sarà positiva per molti, sicuramente per quanti in questi giorni accettano di approvare la carneficina e la distruzione che l'esercito israeliano sta perpetrando in Libano in nome di un inesistente diritto alla difesa; sicuramente insistente quando la legittima difesa sconfina nella strage indiscriminata e nel bombardamento delle infrastrutture civili di un paese militarmente inerme; il presupposto della legittima difesa è la proporzione nella risposta. Quelli come Sofri dovrebbero rendersi conto che in questo caso una risposta "sproporzionata" è comunque un crimine, anche se è indicato con un eufemismo.
La vera domanda che quelli che ragionano come Sofri hanno paura a porsi è però un'altra, quella su quali opinioni potranno mai avere un iracheno, un afgano e un libanese, su quello che questa gente sta raccontando ai propri lettori; che è poi l'immortale domanda di chi in guerra si chiede cosa penserà mai l'uomo che vede dall'altra parte del fucile. Quando riusciranno a rispondere a questa domanda, forse avranno cambiato idea su molte sciocchezze che hanno sparso a piene mani in questi giorni e si pentiranno di aver impiegato il loro tempo ad insultare i pacifisti. Altro che unilateralismo suicida, sarebbe il caso di rendersi conto che certe favole al di fuori del mondo che si autorappesenta non passano proprio, ma bisogna sempre portare rispetto ai geni della politica, anche quando cominciano ad offendere.
m
A Sofri e a quelli del male necessario mazzetta # From: "mazzetta" <goedel@fastwebnet.it> # To: <neurogreen@liste.rekombinant.org> # Subject: A Sofri e a quelli del male necessario # Date: Tue, 18 Jul 2006 22:46:26 +0200
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