NO-copyright e libera circolazione dei saperi. Ovvero le conseguenze penali e i costi sociali di una anacronistica legge sul diritto d'autore. Prologo Nella seduta notturna del 25 luglio 2000, la commissione Giustizia del Senato ha approvato in sede deliberante e senza modifiche il disegno di legge già varato dalla Camera il 21 giugno. Si tratta di un provvedimento che gli stessi parlamentari nel corso dei lavori giudicarono migliorabile in diversi punti. Il relatore, Ettore Bucchero (An), non nascose la "sua soddisfazione" per essere riusciti a terminare l'esame prima della pausa estiva. Ma ammise che, nella fretta di concludere, si era, forse, sorvolato su qualche punto: "Credo che sia meglio avere una legge perfettibile ora - spiega - piuttosto che una legge perfetta chissà quando". La legge prevede pene molto più severe di quelle attuali e allarga il campo di applicazione del diritto d'autore alle nuove tecnologie. Le sanzioni non sono solo amministrative, con multe fino a 30 milioni di lire, ma anche penali, con il rischio di arrivare fino a 4 anni di carcere. Sarà colpito duramente anche chi acquista una copia non in regola. Elemento centrale del provvedimento è il bollino Siae, che dovrà essere applicato su tutte le copie autentiche di libri, dischi, cassette video, programmi per computer e altri prodotti dell'ingegno. Chi acquista le copie contraffatte non rischia solo la confisca del materiale. Ma anche una multa di trecentomila lire e la pubblicazione del provvedimento sui giornali a diffusione nazionale. Attenzione particolare viene riservata alla recidiva: la seconda volta, infatti, la sanzione sale a due milioni. Rischia ancora di più chi le copie contraffatte le produce e le mette in vendita ma anche chi cerca di rimuovere le protezioni ai programmi per computer oppure distribuisce decoder truccati per ricevere irregolarmente programmi criptati: la pena prevista è la reclusione da sei mesi a tre anni. Via libera anche ai diritti d'autore per le fotocopie, introdotti in extremis alla Camera, dopo che la stessa norma era stata più volte accantonata. Le biblioteche si vedono costrette a pagare una somma forfettizzata. I centri copia, invece, debbono pagare per ogni foglio, tenendo presente che non è possibile fotocopiare più del 15 per cento di un fascicolo o di un libro. Restano invece fuori le rassegne stampa, con una scelta che aveva già provocato al momento dell'approvazione alla Camera le proteste degli editori. Peraltro, durante tutto l'iter del provvedimento non sono mancate polemiche. Il fronte del no ha sottolineato in più di un'occasione che, in un momento in cui si va verso la depenalizzazione, questo è un provvedimento anacronistico e di natura esattamente opposta. Anche al Senato erano stati presentati degli emendamenti che cercavano di smussare il sistema sanzionatorio. Ma non sono passati. Il vero problema, secondo Bucchero, è un altro: "In Italia siamo bravi a fare delle bellissime leggi - spiega - ma poi le lasciamo inapplicate. Quello che bisogna fare ora è sensibilizzare le forze dell'ordine e la magistratura perché usi la massima severità possibile su questo fronte. Altrimenti tutto sarà stato inutile". La legge n° 248 del 18 Agosto 2000 - pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 206 del 4 settembre 2000 - è entrata in vigore in data 19 Settembre 2000, ad integrazione e parziale deroga della legge n. 633 del 22 Aprile 1941, recando alcune norme in tema di protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. Il legislatore italiano, non ritenendo che nel 2000 le opere dell'ingegno siano unicamente quelle diffuse tramite i mezzi "tradizionali", ha, altresi', ritenuto di includere anche le c.d. opere multimediali (art. 14) tentando, inoltre, di regolamentarne anche la diffusione mediante strumenti innovativi quali ad esempio il c.d. decoder per la trasmissione di programmi per la pay-tv (art. 1). Tale legge, che pare proteggere pienamente i diritti degli imprenditori di settore anzziche' quelli degli autori (ostacolando, piuttosto che agevolando, lo sviluppo economico della società dell'informazione), prevede sanzioni di carattere penale e amministrativo a carico di coloro che duplicano, riproducono, detengono, utilizzano, noleggiano, distribuiscono o diffondono abusivamente opere protette dal diritto d'autore. Al fine di non formulare giudizi semplicistici e/o superficiali e poter comprendere ed individuare con chiarezza il fine ultimo perseguito dal legislatore con la citata legge, è opportuno analizzare, articolo per articolo, le innovazione che la stessa ha apportato alla disciplina previgente. * l'art. 1: modifica la definizione di diritto di diffusione comprendendo in tale ambito anche la comunicazione codificata con condizioni di accesso particolari (ad esempio: trasmissioni criptate mediante decoder e pay-tv); * l'art. 2: ribadisce il limite del 15% per la riproduzione di un'opera protetta dal diritto d'autore. Oltre tale limite è previsto l'obbligo a carico di colui che effettua la riproduzione di corrispondere un compenso a favore degli autori ed editori; * l'art. 3: modifica le ipotesi di prestito libero reso dalle biblioteche pubbliche, dalle discoteche dello Stato e dagli Enti Pubblici, previste dalla L. 633/41; * gli artt. da 4 a 7: modificano le norme in materia di provvedimenti cautelari in materia di protezione del diritto d'autore, uniformandole alle disposizioni del Codice di Procedura Civile. Sono altresì previste regole particolari per l'accertamento preventivo, la descrizione e il sequestro; * l'art. 8: prevede alcune nuove sanzioni amministrative (che vanno da quella pecuniaria, al ritiro della licenza di esercizio o dell'autorizzazione allo svolgimento dell'attività) applicabili in caso di reato; * l'art. 9: sostituisce definitivamente l'espressione "Ente Italiano per il Diritto d'Autore" con l'espressione "Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE)"; * l'art. 10: determina i supporti sui quali deve essere obbligatoriamente apposto il contrassegno che qualifica l'opera in oggetto quale opera dell'ingegno agli effetti delle norme penali e prevede altresì i casi in cui tale contrassegno può anche non essere apposto. Tale contrassegno dovrà avere caratteristiche tali da non consentirne il trasferimento su altro supporto e dovrà contenere: (a) il titolo dell'opera; (b) il nome dell'autore; (c) il nome del produttore o del titolare del diritto d'autore; (d) l'indicazione di un numero progressivo per ogni singola opera riprodotta o registrata; e (e) la destinazione dell'opera alla vendita, al noleggio, o a qualsiasi altra forma di distribuzione; * l'art. 11: determina i nuovi compiti di vigilanza della SIAE e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; * l'art. 12: affida al Dipartimento per l'informazione e l'editoria istituito dall'art. 26 L. 400/88 il compito di promuovere campagne informative attraverso la televisione, la radio, il cinema e la stampa quotidiana e periodica, volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla illiceità dell'acquisto di prodotti ed opere dell' ingegno abusivi o contraffatti; Particolare attenzione va posta su una delle innovazioni introdotte dall' ART. 13 - Al comma 1 dell'articolo 171-bis della legge 22 aprile 1941, n.633, le parole: "a fini di lucro" sono sostituite dalle seguenti: "per trarne profitto" e dopo le parole: "a scopo commerciale" sono inserite le seguenti: "o imprenditoriale". Questo significa che se fino ad ora la duplicazione di software era considerata penalmente rilevante solo in presenza di un "traffico", ora lo è anche per il semplice scambio fra privati: anche per il solo "dare un'occhiata" al programma. Ciò si applica persino alla collezione di programmi non più in commercio (ma comunque protetti), duplicazione che evidentemente non può arrecare danno alcuno. La stortura più evidente consiste nella sostituzione nell'art.171 bis (che sanziona penalmente la duplicazione di software...non ci stanchiamo di evidenziarlo...) della dizione "fine di lucro" con quella "per trarne profitto". Questo significa che è penalmente perseguibile non solo il commercio, ma anche il semplice possesso di software non registrato. Recenti sentenze (Pretura di Cagliari del 26/11/1996; Tribunale di Torino del 20/04/2000 e del 13/07/01) hanno affermato che la duplicazione di software è penalmente rilevante solo se fatta a scopo di lucro, cioe' per ottenere un guadagno economico derivante dalla duplicazione (in pratica: vendere copie). In assenza di questo requisito, la duplicazione non autorizzata e' una semplice violazione contrattuale o extra-contrattuale: quindi e' (....eventualmente.....) materia di competenza civile e va risolta come contesa fra le "parti". L'eliminazione di questa distinzione trasforma in illecito penale (perseguibile d'ufficio) qualsiasi tipo di duplicazione. In questo modo non solo perdura, ma viene rafforzato un equivoco culturale e giuridico: considerare come reato quella che in realta' e' solo una violazione civilistica - che dovrebbe tutt'al piu' dar luogo a un risarcimento in denaro. E' assolutamente inaccettabile che un cittadino, per il semplice possesso di un programma non registrato, rischi da due a otto anni di carcere, quando l'omicidio colposo plurimo puo' essere punito anche solo con sei mesi di reclusione. Questo e' solo un esempio degli obbrobri giuridici della legge. L'art. 14: modifica l'art. 171 ter L. 633/41, stabilendo nuove fattispecie di reati in danno alle opere dell'ingegno e inasprisce le pene previste per i reati già precedentemente qualificati. Tale articolo, per la prima volta, riconosce la tutelabilità dell'opera multimediale; "Art. 171-ter. - 1. E' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da due ad otto milioni di lire chiunque a fini di lucro: (...omissis.....) f) introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o la distribuzione, distribuisce, vende, concede in noleggio, cede a qualsiasi titolo, promuove commercialmente, installa dispositivi o elementi di decodificazione speciale che consentono l'accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del canone dovuto. * l'art. 15: equipara il noleggio alla vendita con patto di riscatto e/o alla vendita sottoposta a condizione risolutiva, nei casi in cui è previsto che il venditore, in caso di riscatto o di avveramento della condizione risolutiva, restituisca una somma comunque inferiore a quella pagata dall'acquirente, oppure nei casi in cui è previsto che quest'ultimo, al momento della consegna, paghi al venditore una somma, a titolo di acconto o ad altro titolo, comunque inferiore al prezzo di vendita; * l'art. 16: prevede nuove sanzioni amministrative (pecuniarie, di confisca del materiale e di pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale) applicabili ai casi di violazione del diritto d'autore, qualora il fatto non costituisca reato; Detta norma andrebbe letta in combinato con l'art. 17 , che ha introdotto, insieme ad altri articoli, altri, l'art. 171-octies , secondo cui "con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni chiunque a fini fraudolenti produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale. Si intendono ad accesso condizionato tutti i segnali audiovisivi trasmessi da emittenti italiane o estere in forma tale da rendere gli stessi visibili esclusivamente a gruppi chiusi di utenti selezionati dal soggetto che effettua l'emissione del segnale, indipendentemente dalla imposizione di un canone per la fruizione di tale servizio. 2. La pena non è inferiore a due anni di reclusione e la multa a lire trenta milioni se il fatto è di rilevante gravità." A tal proposito ci pare opportuno evidenziare quanto segue. La televisione e tutti gli altri servizi a pagamento - come dice la parola stessa - si basano sul principio che il cliente sceglie (e paga) soltanto ciò che preferisce; ovviamente ciò implica che le trasmissioni non siano comprensibili se non a chi ha provveduto a pagare il dovuto. Questo risultato si raggiunge appunto trasmettendo i programmi in forma critptata, programmi che poi verranno decodificati dal cliente, in possesso di un decoder e di una smart card che, usati insieme, consentono di usufruire del servizio. Intorno a questi sistemi, come era facile immaginare, sono proliferati traffici più o meno clandestini di smart card contraffatte o apparati per decifrare le comunicazioni senza essere clienti di questa o quella emittente. La crittografia è dunque uno strumento essenziale per il successo economico di queste attività ed il legislatore si è subito preoccupato della facilità con la quale è possibile trovare (specie su Internet) informazioni sul funzionamento dei sistemi di trasmissione cifrata e sul modo di aggirarli. Il rimedio più immediato - poco rispettoso dei diritti dei cittadini e ispirato chiaramente dall'arroganza di chi ha risorse e contatti... potere, in altri termini - è stato quello di cercare di far approvare leggi che punissero addirittura la circolazione di informazioni sugli apparati di decodifica e sugli algoritmi di cifratura a prescindere dallo scopo per cui ciò avviene. "Una lobby di industriali" scrive Marcus Khun "ha fatto in modo di convincere la Commissione Europea a introdurre una legislazione radicalmente nuova per proteggere le emittenti di pay-TV dalla ricezione non autorizzata. In questa prospettiva, oltre al divieto di pubblicizzare e commercializzare attrezzature pirata, vengono altresì inibiti il possesso privato o l'uso di decoder clonati e ogni privato scambio di informazioni sulle caratteristiche di sicurezza dei sistemi crittografici delle pay-TV... Inoltre, si intende vietare l'uso di programmi non commerciali attualmente disponibili su Internet per ricevere - poniamo - trasmissioni televisive britanniche in Europa Centrale, per le quali non sono disponibili abbonamenti al di fuori dei confini inglesi e la cui ricezione non costituisce direttamente un furto di servizi". Il risultato degli sforzi di questa lobby si concretizza il 6 marzo 1996 con la diffusione da parte della Commissione Europea del famigerato "Libro Verde" intitolato Legal Protection for Encrypted Services in the Internal Market, che poi si traduce in una proposta di direttiva a esso ampiamente ispirata. Se la direttiva fosse stata adottata nella formulazione della proposta di cui sopra, avrebbe potuto avere effetti devastanti per la libertà di espressione e per la libertà di ricerca, oltre a stabilire dei confini difficilmente modificabili in materia di uso di sistemi crittografici. In sintesi ciò che veniva chiesto agli Stati non era soltanto di punire i traffici commerciali di smart card clonate o di strumenti per realizzarle ma anche di vietare la semplice diffusione di informazioni (come quella che avviene nei newsgroup tecnici) e l'autocostruzione, l'analisi o qualsiasi attività a scopo di ricerca sulle tecnologie di cifratura. In pratica questo significava stabilire una sorta di mono\oligopolio su certi tipi di tecnologie la cui conoscibilità sarebbe stata consentita soltanto a determinati soggetti e non ad altri. Sorprendentemente - almeno per le lobby in questione - le autorità dell'Unione Europea non sposarono acriticamente i risultati del libro verde ed emanarono la direttiva 98/84/EC (pubblicata il 20 novembre 1998) sulla protezione dei servizi basati sull'accesso condizionato che, all'art. 4, invita gli Stati a sanzionare determinate fattispecie (che qui di seguito si indicano) quando le medesime vengono poste in essere sul proprio territorio: * la fabbricazione, l'importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a scopi commerciali di apparecchiature illegali; * l'installazione, la manutenzione o la sostituzione a scopo commerciale di apparecchiature illegali; * l'uso di comunicazioni commerciali per promuovere apparecchiature illegali... * Rispetto alla proposta di direttiva dunque si registrano notevoli differenze, in particolare rispetto al fatto che vengono sanzionate soltanto le attività compiute a scopo commerciale, mentre sono fatte salve altre, come la semplice discussione teorica (a prescindere se avvenga in ambito accademico o fra "appassionati" del settore) e l'autocostruzione di apparecchiature non finalizzata alla commercializzazione." (tratto da C.Giustozzi, A.Monti E. Zimuel Segreti Spie, e codici cifrati Apogeo 1999) E' sempre l'articolo 17 della nuova legge ad intervenire sulla delicata e spinosa questione dei sequestri hardware: Dopo l'articolo 171-quinquies della legge 22 aprile 1941, n.633 (a sua volta inserito inserito dell'articolo 17 della L. 18/8/2000 n. 248),, sono inseriti i seguenti: "Art. 171-sexies. - 1. Quando il materiale sequestrato è, per entità, di difficile custodia, l'autorità giudiziaria può ordinarne la distruzione, osservate le disposizioni di cui all'articolo 83 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271. 2. E' sempre ordinata la confisca degli strumenti e dei materiali serviti o destinati a commettere i reati di cui agli articoli 171-bis, 171-ter e 171-quater nonché delle videocassette, degli altri supporti audiovisivi o fonografici o informatici o multimediali abusivamente duplicati, riprodotti, ceduti, commerciati, detenuti o introdotti sul territorio nazionale, ovvero non provvisti di contrassegno SIAE, ove richiesto, o provvisti di contrassegno SIAE contraffatto o alterato, o destinato ad opera diversa. La confisca è ordinata anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale. 3. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche se i beni appartengono ad un soggetto giuridico diverso, nel cui interesse abbia agito uno dei partecipanti al reato." Da molti anni si perpetua, nell'indifferenza pressoché totale, l'abuso dei sequestri di hardware per i motivi più diversi, nonostante si tratti di una misura superflua tecnicamente (poiché sarebbe sufficiente fare la copia del disco rigido o supporti di memoria similari) e inutilmente vessatoria (perché priva un soggetto - o più soggetti, qualora si tratti di server o BBS - di un importante strumento di lavoro). Dopo molto tempo qualcosa è cominciato finalmente a cambiare.........almeno secondo la prassi Giurisprudenziale, ad opera di Magistrati illuminati, che hanno ritenuto opportuno ordinare l'adozione di rimedi alternativi al sequestro di hardware. Il legislatore, invece (..sic!..), continua a remare in una direzione diametralmente opposta. Ne consegue che non solo i computer possono essere oggetto di sequestro, ma che questi potranno essere indefettibilmente oggetto confisca in quanto - come dice la legge - materiali serviti o destinati a commettere i reati. Cio' significa, in pratica, equiparare anche il PC di casa ad uno strumento "da criminale", quando invece si tratta di un apparato privo di qualsiasi attitudine criminogena. L'apoteosi della repressione arriva però con l'art. 171-nonies che istituisce un vero e proprio regime da "pentitismo elettronico": "La pena principale per i reati di cui agli articoli 171-bis, 171-ter e 171-quater è diminuita da un terzo alla metà e non si applicano le pene accessorie a colui che, prima che la violazione gli sia stata specificatamente contestata in un atto dell'autorità giudiziaria, la denuncia spontaneamente o, fornendo tutte le informazioni in suo possesso, consente l'individuazione del promotore o organizzatore dell'attività illecita di cui agli articoli 171-ter e 171-quater, di altro duplicatore o di altro distributore, ovvero il sequestro di notevoli quantità di supporti audiovisivi e fonografici o di strumenti o materiali serviti o destinati alla commissione dei reati." * l'art. 18: prevede che il produttore di un'opera dell'ingegno o chi importi, per fini commerciali, nastri o supporti analoghi di registrazione audio e video o apparecchi di registrazione audio, abbia l'obbligo di dichiarare le vendite effettuate e il compenso conseguentemente dovuto. Tale articolo prevede altresì la facoltà della Siae, in caso sussistano seri indizi che la dichiarazione presentata non corrisponda a verità, di richiedere l'esibizione delle scritture contabili del soggetto obbligato; * l'art. 19: istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato per la Tutela della Proprietà Intellettuale e ne regolamenta funzioni e finalità. *********** Da un'analisi complessiva del testo legislativo appare evidente che, insieme al consumatore, oggi viene sepolto anche il diritto alla cultura. L'entrata in vigore della riforma, infatti, ha fortemente limitato l'accesso alla cultura, ne costituiscono palese manifestazione le ridotte possibilità di copia di opere cartacee, nonché la previsione, in tema di duplicazione di software e trasferimento di banche dati su altri supporti, di sanzioni (penali) anche in presenza di un mero soddisfacimento morale (la fruizione della cultura...), e cosi' via. L'interesse perseguito delle majors è quello di occupare ogni possibile angolo del mercato, di vendere anche una sola copia in più dei milioni che già vendono a prezzi pazzeschi, e quindi, conseguentemente, quello di colpire con la massima durezza anche il ragazzino che duplica un videogioco o il ragioniere che usa due copie del programma di contabilità, avendone pagata una sola. Appare palese che per raggiungere risultati di questa portata occorre l' "accondiscendenza" oltre che del legislatore, dell' esecutivo. Sinergie negative simili frutto dall'ingordigia delle multinazionali e avallate dal legislatore trovano terreno fertile, a livello europeo, nella direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE ~ http://europa.eu.int/eur-lex/it/dat/2000/l_178/l_17820000717it00010016.pdf, approvata l'8 giugno scorso. Un'intera sezione è dedicata alla responsabilità dei provider per i contenuti immessi dai fornitori dei servizi e, tra mille distinzioni ed eccezioni, può comportare oneri pesanti soprattutto per i fornitori di hosting (si veda, in particolare, l'articolo 14). Questi operatori, per evitare di incorrere in grattacapi e sanzioni, finiranno col selezionare solo i clienti più sicuri. Cioè, ancora una volta, i grandi venditori, i marchi più noti, le multinazionali dei diversi settori commerciali, che con ogni probabilità sono più rispettosi delle regole. I piccoli, meno affidabili, si troveranno di fronte a non poche difficoltà. Si aggiunga che anche molti piccoli provider, meno attrezzati per far fronte alle nuove responsabilità, per evitare problemi eviteranno di ospitare attività di commercio elettronico. La disciplina del Diritto d' Autore cosi' riveduta e corretta presenta un impianto legislativo che mette sullo stesso piano pirati professionisti e duplicatori per uso personale, con squilibri di disciplina tra software e banche dati da un lato e le altre opere dall'altro, a vantaggio, guarda caso, dei primi; sanzioni amministrative per il solo utilizzo di opere abusive; nonchè pesanti norme in tema di sequestri e confische, applicabili queste ultime anche su beni appartenenti a persone diverse dal reo. Degna di nota la genesi del c.d. "pentitismo elettronico", strumento forse adatto alla mafia e al traffico di stupefacenti, la cui estensione al diritto d'autore rappresenta un'assurda iperbole che non può che far prendere coscienza dei poteri delle lobby economiche e della debolezza del nostro Stato. Una riforma iniqua, come tutta la legislazione dettata da spinte marcatamente faziose, alimentate, fra l'altro, dall'ignoranza della materia che si intende regolare: anzi, probabilmente un parto incostituzionale di un legislatore stolto o in malafede: tra le due sarebbe da preferire la prima ipotesi cui, almeno, in futuro porre in qualche modo rimedio. Resta da sperare che gli interpreti si accorgano delle molteplici sperequazioni, peraltro in contrasto con la Costituzione e che rammentino i principi generali fondamentali della legge 633/41, principi che vogliono libera la fruizione personale di tutte le opere, non esclusi il software e le banche dati. In ultima analisi, oggi vincono le multinazionali, mentre perdono i creatori dell'opera, i consumatori e la cultura. La tutela legale del copyright in Italia e' sempre stata peraltro feroce e nello stesso tempo incapace di tenere il passo dello sviluppo tecnologico. Si passa dai 50 ai 70 anni di tutela per evitare la perdita di guadagno della Mondadori sulle opere di Pirandello e si fa subito rientrare in questo regime di tutela anche il software. Essendo un paese ricco di beni artistici si pensa bene nel '94 con la legge Ronchey di istituire un tariffario per la riproduzione in qualsiasi forma degli stessi, ma e' sicuramente con la suesposte Nuove norme di tutela del diritto d'autore che il legislatore nostrano - su palese pressing di lobbies quali appunto la Siae e la BSA - raggiunge il massimo del cattivo gusto irrigidendo ulteriormente le sanzioni previste, introducendo il meccanismo della gogna, aumentando i profitti diretti e indiretti per la Siae anche tramite una piu' capillare applicabilita' del famoso bollino fino a chiamare in causa le Questure per monitoraggio delle attivita' editoriali e distributive. Questa situazione di rigidità legislativa, se e' dovuta in gran parte all'ignoranza e insensibilita' che sembra riprodursi allegramente di legislature in legislature è altresi' parzialmente da attribuirsi alla difesa di enormi interessi economici rappresentati, fra l'altro, da istituzioni quali la BSA e la Siae. La BSA - che recentemente ha avuto il coraggio di definirsi ente no-profit - agisce semplicemente quale longa manus delle software houses e come tale si muove, alla stregua un elefante nella cristalleria del panorama tecnologico. Sono eloquenti in tal senso i cittadini in manette mostrati alla televisione in veste di spot anti duplicazione illecita e gli acquisti delle retrocopertine di riviste per mezzo delle quali venivano ( e vengono) diffusi moduli di delazione del vicino di banco, di casa, di lavoro ecc. ( in soldoni moduli da compilare indicando chi ha copiato cosa per rendere un servizio alla BSA). Appare evidente un sentimento di crescente "nervosismo" per il futuro ma prossimo inevitabile ingresso del software libero nella settore pubblico oltre che nel privato (......prima o poi la P.a. dovra' spiegarci come mai spende di piu' per ottenere di meno nel campo delle nuove tecnologie...). La Siae, che nasce invece come "sindacato" degli autori ed editori nel 1882, quando fu fondata a Milano da personaggi quali Verga, Verdi Sonzogno, Hoepli, Ricordi ecc., visne disciplinata ab origina nel 1941. E' da dire che la legge italiana non vieta agli autori e agli editori di gestire direttamente i propri diritti, rivolgendosi autonomanente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La gestione diretta da parte del singolo, risulta in pratica, pero', molto difficile. Negli anni la Siae si è rivelata un mostro burocratico capace di sguinzagliare il proprio esercito di esattori nei posti e nelle situazioni piu' impensate: dalle feste private degli adolescenti ai gruppi di ragazzi che ascoltano l'autoradio ad alto volume nelle piazzette, sempre piu' penalizzando situazioni quali i centri sociali autogestiti e le radio di movimento, fenomeni scomodi nel panorama nazionale dell'editoria, dello spettacolo e della comunicazione in genere. Gia' la legge 518/92 (relativa alla protezione del software) aveva previsto specifici compiti in capo alla SIAE, quale l'istituzione e la tenuta di un registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, oltre il contrassegno dei relativi supporti. Nell' era di internet non poteva non essere previsto uno ruolo Siae diretto diretto alla disciplina della diffusione della musica in rete. Il bollino Siae, vera unita' di misura della limitazione della circolazione dei saperi in Italia e tassa che sulla terra abbiamo la sfortuna di condividere - seppur in forma diversa - con il solo popolo del sol levante, materialmente consiste nell'apposizione forzata di un rettangolino di carta (da comprare naturalmente dalla Siae) sopra qualsiasi supporto sul quale si ritenga stampato (o altrimenti contenuto) un prodotto autoriale da "proteggere" e porre in commercio o altrimenti cedere, comunque a fine di lucro. Cio' indipendentemente dalla iscrizione o meno dell' autore alla SIAE !?! (E' opportuno ricordare che la difesa dei propri diritti morali puo' avvenire in altre forme quali la spedizione di una raccomandata a se stessi oppure ad un Notaio con l'opera acclusa, da non aprire se non in caso di controversie e senza pagare tasse alla Siae). In un tale contesto legislativo e burocratico trova spazio il principio della libera circolazione dei saperi? E che ruolo puo' o potra' essere svolto dal software libero in Italia? Il software libero, per essere definito tale, garantisce le seguenti condizioni anche e soprattutto attraverso la licenza di distribuzione GPL (General Public Licence): "Libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo. Libertà di studiare come funziona il programma, e adattarlo alle proprie necessità. L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito. Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo. Libertà di migliorare il programma, e distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio." I prodotti d'autore circolanti sotto LICENZA GPL non risentono - qualora distribuiti non a fini commerciali e di lucro - dell'obbligo del bollino Siae. Risultano sicuramente esclusi dall'italianissima tassa sulla circolazione del sapere tutte quelle forme di scambio e distribuzione in cui non vi e' ragione di lucro. ....No problem, quindi, per alcuni ambiti quali dell'associazionismo e del movimento e per talune attività no-profit ivi svolte. Nei casi in cui la distribuzione sia svolta a fini di lucro sara' invece opportuno vigilare affinche' la legge in materia venga applicata in maniera corretta e tale da considerare l'interesse del singolo cittadino-utente-studente-lettore-lavoratore , oltre che da quelle dettate dagli interessi economici delle major. E' discutibile l'atteggiamento dei magazine del settore che, apponendo i bollini Siae sui CD Linux e simili non hanno approfitttato dell' opportunità di svolgere una critica costruttiva per i cittadini tutti, compresi i loro lettori. Per quanto concerne il valore legale/giuridico della licenza GPL (ed eventualmente della sua traduzione in italiano), secondo l'opinione prevalente si tratterebbe di una licenza valida alla stregua di una qualsiasi altra licenza d'uso di software oggi in circolazione; a mezzo della quale è possibile stipulare un contratto col titolare della stessa per per l'utilizzo del software, che si perfeziona con l'accettazione da parte dell'utente. Sarebbe opportuna, al fine di agevolare l'utilizzo di detta licenza ed affinchè gli autori che se ne avvalgono possano ritenersi garantiti alla stregua degli iscritti Siae la creazione di un soggetto specifico specifico, all'interno della competente Presidenza del Consiglio dei Ministri, quale, ad esempio, il presente Comitato per la tutela della proprietà intellettuale cui attribuire le funzioni della Free Software Foundation, attuale Garante, a livello internazionale, del rispetto delle licenze e dei prodotti GPL. *********** Sono ormai svariati mesi che il movimento degli hacklab (volendo trovare un nome a quel movimento diffuso che circola appunto intorno ai numerosi "laboratoratori" nostrani nati dai tre Hackmeetings ~ www.hackmeeting.org) si confronta con il tema della libera circolazione dei saperi anche sotto il profilo economico tanto da aver giocato con il termine New Economy ed aver coniato il nuove termine GNU ECONOMY. Al di la' di gratificanti virtuosismi linguistici probabilmente, di nuovo, siamo di fronte a una nuova possibilita' di interpretare cicli economici con moderate speranze di autonomia dall'imperanti regole di mercato capitalistiche. Una tappa importante di questa mobilitazione e di questa fase di riflessione e' sicuramente stata la settimana di mobilitazione del 13-20 gennaio 2001 che ha visto l'affermarsi di pratiche situazioniste-provocatorie come le diffusioni di falsi bollini Siae, la riconferma del successo di nuove pratiche di mobilitazione come il netstrike (www.netstrike.it) da affiancare a quelle tradizionali, con il successo del corteo telematico contro il sito della Siae.it del 15 gennaio, e soprattutto i due cicli di incontri tenuti sul tema dell'e-ditoria (a Milano) e degli aspetti giuridici e tecnici della diffusione del software libero (a Bologna), dove a livello ufficiale e/o ufficioso si sono confrontati militanti, tecnici, musicisti, editori, autori, rappresentanti delle imprese private e della Pubblica Amministrazione. Si e' quindi confermata con questa settimana di mobilitazione un forte impegno di vasti settori del movimento che gia' avevano dato segnali forti di interesse intorno alla tematica della libera circolazione dei saperi gia' nei mesi precedenti con il corteo studentesco fiorentino NoCopyright, la nascita di copyDOWN e con la proposta del Freaknet Media Lab di Catania di obiezione di coscienza al software proprietario. In particolare a Milano sono emerse due importanti proposte per cercare di interpretare il mercato dell'editoria dopo l'avvento di Internet rispettando sia l'esigenze professionali di chi ci lavora e il diritto di accesso ai saperi dell'umanita' tutta. La prima proposta prende spunto curiosamente da una norma fascista del '39 tuttora in vigore che, elaborata a fini di controllo sociale, prevede per ogni stampatore l'obbligo di consegnare per qualsivoglia suo stampato o pubblicazione, quattro esemplari alla Prefettura della Provincia nella quale ha sede l'officina grafica, ed un esemplare alla locale Procura del Regno (ora Prefettura). Dei quattro esemplari ricevuti, la Prefettura trattiene uno per l'adempimento delle funzioni di sua competenza, e trasmette gli altri tre, rispettivamente, uno alla Presidenza del Consiglio dei ministri (Ufficio stampa), uno alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze ed uno alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Paradossalmente si arriva cosi' da un movente da Grande Fratello orwelliano a una prassi che garantisce alle biblioteche pubbliche principali il deposito di qualsivoglia stampato. Da tempo le associazioni di bibliotecari premono affinche' venga approvata una proposta di legge (progetto di legge - n. 3610) piu' consona alle attuali esigenze culturali, e contemporaneamente si comincia a parlare di biblioteche digitali - come ad esempio il progetto dafne ~ http://www.cib.unibo.it/dafne/ferrara.html. La proposta e' quindi quella di ottimizzare questi progetti di deposito pubblico delle opere culturali prodotte, considerando Internet - attraverso lo sviluppo da parte di un ente pubblico di un sito specifico - come la BIBLIOTECA DIGITALE UNIVERSALE per eccellenza dove ci sia l'obbligo e non solo la possibilita' di depositare e mettere liberamente a disposizione un'opera prodotta (sia essa stampata su carta oppure realizzata su altro supporto). Siamo piu' che convint* che questo tipo di operazione non danneggerebbe alcun editore (oramai anche grandi editori come Einaudi e Apogeo sperimentano soluzioni del genere) mentre salvaguarderebbe il diritto di accesso ai saperi di chi si connette alla Rete (rendendo di conseguenza necessaria anche una campagna per la diffusione di posti di accesso pubblico alla Rete, e perche' no, nelle stesse biblioteche locali). Se la prima proposta richiama una delle parole magiche del 2000 (Internet) cosi' la seconda richiama alla mente un'altra icona della cultura contemporanea: Linux. Infatti cosi' come per il software, la circolazione di licenze GNU per la documentazione nota come Free Documentation License [FDL ~ www.gnu.org/copyleft/copyleft.html#translationsGFDL] puo' rappresentare una soluzione legittima per aggirare l'accerchiamento di tasse e vincoli sempre piu' frequenti alla libera circolazione dei saperi. Lo scopo di questa licenza e' di rendere un manuale, un testo o altri documenti scritti, "liberi" nel senso di assicurare a tutt* la liberta' effettiva di copiarli e redistribuirli, con o senza modifiche, a fini di lucro o no. In secondo luogo questa licenza prevede per autori ed editori il modo per ottenere il giusto riconoscimento del proprio lavoro, preservandoli dall'essere considerati responsabili per modifiche apportate da altr*. E' una licenza "copyleft": cio' vuol dire che i lavori che derivano dal documento originale devono essere ugualmente liberi. Secondo questa licenza si puo' copiare e distribuire il documento con l'ausilio di qualsiasi mezzo, per fini di lucro e non, fornendo per tutte le copie questa stessa licenza, le note sul copyright e l'avviso che questa licenza si applica al documento, e che non si aggiungono altre condizioni al di fuori di quelle della licenza stessa. Cosi' come la GPL non e' stato un freno economico bensi' un propellente a un'economia di nuovo tipo (GNU economy? ;-) cosi' la FDL potrebbe essere anche in Italia - HOPS edizioni e' uno dei primi esempi - un sistema per garantire, insieme, meccanismi economici e libera circolazione dei saperi. All'interno di questo quadro critico rispetto all'avvenuta "mutazione genetica" del diritto d'autore", ci pare opportuno riportare l'opinione di chi, controcorrente rispetto all'opinione più diffusa tra gli addetti ai lavori, plaude all'approvazione della legge 248/2000 e afferma, fra l'altro che "L'avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Legge 18 agosto 2000, n. 248 (Nuove norme di tutela del diritto di autore), meglio nota come "legge antipirateria", consente finalmente al nostro Paese, dopo anni di discussioni e non senza forti polemiche, di dotarsi di uno strumento normativo importante in grado di prevedere sanzioni adeguate al sistema comunitario, e soprattutto di predisporre strumenti organizzativi di analisi e coordinamento per contrastare il fenomeno alla radice". Il 6 settembre scorso il quotidiano Il Messaggero ha pubblicato in prima pagina l'articolo di Giuseppe Corasaniti ~ http://www.ilmessaggero.it/hermes/20000906/01_NAZIONALE/PRIMA_PAGINA/CORASANT.htm, magistrato, attualmente impegnato presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che palude all'avvento della legge definendola "uno strumento normativo importante in grado di prevedere sanzioni adeguate al sistema comunitario, e soprattutto di predisporre strumenti organizzativi di analisi e coordinamento per contrastare il fenomeno alla radice. Siamo, infatti, il Paese del falso." Per tutta risposta l'"Associazione per la libertà nella comunicazione elettronica interattiva" ALCEI ~ http://www.alcei.it sottolinea che " l'impostazione di questa legge è fortemente influenzata dagli interessi di grossi operatori economici (in prevalenza major dell'audiovisivo e del software) e non dalla difesa dei diritti degli autori veri e propri. Oltre ad essere inutilmente vessatoria per i cittadini". Ci preme segnalare che i Verdi hanno presentato una proposta di modifica della legge 248/2000 sul diritto d'autore e che durante un dibattito sul tema intercorso su punto informatio ~ http://punto-informatico.it/p.asp?i=34295 così si sono espressi: "Quando in Parlamento si discutono leggi che muovono migliaia di miliardi le grandi aziende interessate regolarmente chiedono incontri per convincere delle loro ragioni. Anzi molto spesso inviano direttamente degli emendamenti chiedendo ai parlamentari di presentarli e di farli approvare. È un lavoro così sistematico che ancora all'inizio di legislatura un gruppo di senatori verdi ha presentato un disegno di legge per regolamentare queste attività lobbistiche cercando almeno di renderle trasparenti. Dire che nell'approvazione della legge 248 si è ceduto troppo alle lobby di Microsoft e BSA più che una considerazione impresentabile ci appare una constatazione inoppugnabile. Sappiamo evidentemente che non vi sarà possibilità di approvazione in questa legislatura ma l'argomento è scritto con la penna rossa sull'agenda del 2001: questa legge deve essere rifatta." La sfida che viene fuori da questo tipo di confronti, sfida insieme culturale e politica e' forte: uscire dal sistema di gabelle medioevali che prevede ad esempio 135 lire in piu' a fotocopia dal prossimo anno o tasse simili che ora siamo costretti a pagare per l'acquisto di cassette e videocassette vergini quale compenso alla Siae per il nostro presunto e scontato (!?! non possiamo utilizzarle come zeppe a tavolini traballanti?) atteggiamento di duplicazione illecita di opere protette e promuovere forme di libero scambio di sapere che non precludano fasi di produzione economica come appunto e' l'esempio di diffusione di prodotti coperti da GPL come Linux. Non sara' la GNU ECONOMY a risolvere l'annoso e irrisolto problema della ridistribuzione della ricchezza ma sicuramente e' una strada da percorrere per superare vetuste forme di parassitaggio sociale come la Siae o monopoli economici insopportabili come quello della Microsoft. Non siamo venditori di pentole e non vogliamo fare da battistrada a nuove forme di marketing cosi' come in parte e' successo per la rivendicazione del libero accesso alla Rete ed e' per questo che indichiamo Roma come la terza tappa del tour che e' partito da Milano ed e' proseguito a Bologna: nella capitale - deriva o approdo delle mobilitazioni - dove sara' necessario confrontarsi con "pezzi" della Pubblica Amministrazione quali la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l'AIPA ai quali saremo ben felici di fare una consulenza professionale gratuita per aumentare il loro grado di efficienza e risparmiare risorse economiche attraverso la prospettiva di utilizzo di prodotti GPL. In cambio vogliamo, esigiamo, la piu' ampia ricaduta sociale positiva dall'avvento delle nuove tecnologie dell'informazione quali la depenalizzazione dei reati informatici, la riforma della legge sul diritto d'autore, l'accesso libero per tutt* alla Rete - nonluogo dove poter trovare tutte le forme di sapere fino ad ora prodotte, la nascita di nuove forme d'economia che garantiscano ridistribuzioni dell'enorme ricchezza che circola dentro e fuori la Rete. Come al solito pretendiamo tutto cio' che si puo' immaginare e subito, e purtroppo, poiche' pecchiamo spesso di fantasia chiediamo collaborazione per colmare le lacune dei nostri sogni... Avv. Barbara Gualtieri di sTRANOnETWORK fERRYbYTE di Isole nella Rete x + info -> http://www.ecn.org/crypto/law -> http://www.ecn.org/lists/cyber-rights -> http://strano.net/copydown ovviamente testo (NO) copyright per tutto il terzo millennio e a seguire... ;-) 12