LE SOLITE TESTE RASATE – Red and Anarchist Skin Head
La RASH Roma presenta LE SOLITE TESTE RASATE – Red and Anarchist Skin Head, un progetto fotografico di Massimo Nolletti.
Affacciarsi sulla seconda metà di via dei Volsci significa entrare in una di quelle strade della città dove le regole sono ribaltate: un numero civico dopo l’altro in cui realtà completamente diverse, tutte ai margini della società riconosciuta, riescono bene o male, a convivere.
La sede della R.A.S.H. Roma è al civico 26. Una parte di muro coperta dai graffiti, colorata e precisa, con i simboli principali degli Skinheads di S. Lorenzo, i quali, si capisce, non vogliono passare inosservati.
Capelli rasati, jeans stretti o pantaloni mimetici, anfibi, bretelle, polo: inutile precisare chi sono gli skinheads. L’espressione impassibile c’è, la voglia di farsi giustizia da soli con ogni mezzo pure, ma i valori che li uniscono sono totalmente opposti ai naziskin. Generalizzare credendo che lo skinhead sia necessariamente un naziskin è un banale luogo comune.
Assistere ad una riunione dei R.A.S.H. è un misto di divertimento e di stupore. Si ritrovano al “26”, il centro sociale che hanno rioccupato, dopo anni di abbandono: quando sono entrati era tutto distrutto e ognuno di loro si è dato da fare per risistemare, decorare e dotare lo spazio di tutto ciò che serve per farne un luogo vivibile.
Si riuniscono una volta a settimana, quelli che hanno fondato la R.A.S.H. Roma 5 anni fa: discutono delle spese e della necessità di trovare fondi per andare avanti, organizzano dibattiti, manifestazioni in memoria di personaggi caduti nella lotta al fascismo e di ragazzi periti ingiustamente sotto i manganelli della polizia. Parlano concitati, gesticolano, le battute si sprecano e qualche volta si perde il discorso. Ogni tanto si alza la voce e ci si parla sopra, in modo accorato ma non minaccioso. Chiedono il parere l’uno dell’altro, si consultano, si consigliano e decidono quanto più democraticamente possibile.
La diffidenza che porta molti a considerarli solo un gruppo di estremisti si perde osservando l’impegno che viene messo nel lottare per le cause in cui credono, la fermezza che si legge negli occhi e nei gesti.
Se vuoi sopravvivere per strada la violenza è una necessità, dicono. “Quando ti attaccano in gruppo non puoi fare a meno di combattere. Quando la divisa diventa repressione violenta e ingiusta, bisogna reagire”.
Essere uno skinhead vuol dire non accettare più i compromessi, a costo di essere discriminato. Diventare un membro della R.A.S.H. Roma vuol dire decidere un giorno che non ci si riconosce più nei metodi di lotta degli altri gruppi di attivisti,diventa istintivo ribellarsi.
Per ognuno di loro è stato lo stesso: un giorno ti rendi conto che quello che stavi già facendo non basta e stufo di lottare senza ottenere niente, ti guardi intorno in cerca di un punto di riferimento più forte. Incontri la cultura skin, decidi che ti piace e che te la senti addosso, decidi che d’ora in poi i fascisti avranno del filo da torcere. Non importa quello che pensa la gente: essere definito un estremista è solo un complimento.
Frequentando il quartiere, prima o poi ti riconosci,è inevitabilmente, diventi un gruppo: è così che è nato il 26.
Ciò che li accomuna non è solo un’idea politica: “Politica è una cosa, skin è un’altra”. Fra di loro ci sono comunisti, socialisti e anarchici, ognuno ha mantenuto le sue idee, ma i confronti politici spesso si concludono con una bevuta e le casse dell’impianto a tutto volume, uniti dall’essere skin.
Colonna sonora di ogni serata vissuta insieme e segno distintivo di un modo di essere, il genere “Oi!”, nato dalla fusione tra street punk e cultura skin, è quello più ascoltato in assoluto. Nei testi delle canzoni si racconta di lotta all’oppressione, di vita di strada, con il ritmo veloce e graffiante delle sonorità di fine anni ‘70.
La R.A.S.H. Roma suona come un vecchio disco di musica Oi!.testo di Massimo Nolletti e Ines Della Valle
Bell’articolo. io non sono skin, sono anzi piuttosto distante dal loro modo di essere, ma riconosco a centri di aggregazione come il 26 l’importante compito di suggerire ai ragazzi temi di discussione e di azione fondamentali e un legittimo, anche se personalmente non troppo condiviso, metodo di resistenza. daje!