TOLKIEN L’ANTINAZISTA
Tolkien era stato tra quei filologi che avevano liberato dalle scorie del tempo lo spirito eroico nordico come genuino elemento poetico espresso dall’antica letteratura scandinava e anglosassone. Ma aveva anche visto quella riscoperta venire accolta da forze determinate a fondare un nuovo germanesimo, pronte a metterla al servizio di un ideale abominevole. L’idiosincrasia di Tolkien per i nazisti non nasceva infatti soltanto dalla sua evidente avversione nei confronti del razzismo, del militarismo e del totalitarismo, ma aveva anche un movente più intimo, espresso a chiare lettere in uno scritto privato dei primi anni Quaranta:
«Comunque in questa guerra io ho un bruciante risentimento privato, che mi renderebbe a 49 anni un soldato migliore di quanto non fossi a 22, contro quel dannato piccolo ignorante di Adolf Hitler [...]. Sta rovinando, pervertendo, distruggendo, e rendendo per sempre maledetto quel nobile spirito nordico, supremo contributo all’Europa, che io ho sempre amato, e cercato di presentare in una giusta luce.»
Il professore di Oxford non perdonò mai ai nazisti di essersi impossessati di ciò che più amava – la filologia germanica, l’epos nordico – e averlo trasformato in mito tecnicizzato a uso e consumo del suprematismo tedesco. Il Ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm rappresenta la critica radicale a uno dei pilastri culturali di quel neopaganesimo “eroico” emerso nella storia contemporanea e capace di segnarla indelebilmente. Una critica messa in campo con le armi del mestiere: la poesia e l’esercizio della filologia. Tuttavia fu solo attraverso la prosa e l’arte subcreativa – per usare un termine a lui caro – che Tolkien riuscì a spingersi oltre la dicotomia etica a cui era approdato.
Tolkien infatti era anche un grande narratore e rispose alla sfida dell’epoca più oscura partorendo un inedito eroe letterario. Un essere apparentemente innocuo e mite, con piedi grossi e villosi che non avrebbero mai potuto calzare stivali di cuoio per marciare a passo di parata verso gli orrori del XX secolo. In principio il piccoletto si sarebbe scavato la tana in un angolo nascosto della Terra di Mezzo. Via via, un po’ per volere e un po’ per forza, ne avrebbe guadagnato il centro, finendo per reggere su di sé i destini del mondo. Finché un giorno, dopo mille peripezie, avrebbe potuto dire: “Sono tornato”.
E’ tempo che anche il suo creatore venga restituito a se stesso.
Dalla prefazione della nuova edizione del testo di J.R.R. Tolkien “Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm” (Bompiani) a cura di Wu Ming 4.
Cari compagni, da noi stiamo discutendo delle vostre iniziative, del vostro approccio a segni e simboli, del vostro lavoro sull’immaginario e sull’eredità antifascista. E naturalmente stiamo promuovendo la serata.
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