Francia - Irradiati di tutti i paesi, rivoltiamoci! [volantino]

tradotto da: http://nantes.indymedia.org/article/23262

Irradiati di tutti i paesi, rivoltiamoci!


Il nucleare è la forma di energia propria di una data società: sempre maggior consumo, più mercificazione, più trasporti, più tecnologia, più bisogni suscitati al solo fine di alimentare un sistema economico e quelli che da esso traggono vantaggio. Questa bulimia non può concretizzarsi senza la promessa di energie durevoli. Il nucleare è fra queste, dipinte come perenni, sicure e soprattutto inevitabili. Lo stesso vale per le alternative eoliche e solari o le altre trovate che, dietro un’argomentazione ecologica, non hanno altro fine che alimentare questa bulimia, offrire un’altra risposta alla perpetuazione di questa società che non smette di volere di più. L’opposizione fra i pro-nucleare e i partigiani delle energie alternative si riduce allora a miseri dibattiti di esperti economici, scientifici o politici. Tutti uniti dietro la pretesa di voler fornire altro. Dolce illusione di una ricerca ecologica che non può resistere a quell’argomento capitale che è la necessità.

Per questo, il nucleare non è una maniera come un’altra di produrre dell’energia. Molto più che un semplice produttore, esso porta a nuove forme di organizzazione e di gestione della popolazione da parte dello Stato, dei suoi ausiliari ed dei suoi annessi. Esso ratifica ancora un po’ di più le forme esistenti di organizzazione sociale, politica ed economica. Lungi dalla semplice contro-perizia, bisogna constatare che l’apparizione del nucleare, civile o militare, pone molteplici questioni riguardo alle sue implicazioni dirette ed indirette. Infatti, per esistere una società nuclearizzata ha delle necessità di ordine assoluto. Esse sono economiche, scientifiche e militari.

La prima fra queste è che la messa in opera di una industria sottintende evidentemente una forma di organizzazione economica che possa permetterle di disporre di mano d’opera, dell’estrazione dell’insieme delle materie prime, di intraprendere grandi lavori di viabilità e di costruzione, di poter gestire le popolazioni, etc. In poche parole, la miseria e lo sfruttamento di ogni giorno. In questo, il nucleare non ha niente di speciale.

La questione militare della società nuclearizzata acquista tutto il suo senso in vista dei dibattiti scientifici e politici sulle questioni dei rifiuti, dei rischi e dell’irradiazione. Ed è sotto questo aspetto che il nucleare è unico. I rifiuti nucleari, che essi siano sotterrati, riciclati negli armamenti o in progetti di nuove energie, restano una minaccia costante e nessuno sa veramente cosa è possibile fare per sbarazzarsene o gestirli durevolmente. Malgrado alcuni incidenti nelle centrali, il nucleare ed i rischi che esso comporta sono stati a lungo nascosti, minimizzati. Così come il rischio di irradiazione per le persone che lavorano per la costruzione e il funzionamento di questa industria. Dai giacimenti alle centrali, dalla loro costruzione alla loro gestione.

Dopo Hiroshima, questi rischi erano percepiti solo da un punto di vista militare. Gli irradiati erano allora soltanto le vittime di guerre o le popolazioni esposte alle radiazioni dovute agli esperimenti di bombe atomiche nel Pacifico, nel Sahara, nel Punjab o altrove, dei semplici danni collaterali.

L’incidente di Chernobyl è stato una svolta nella politica portata avanti dai padroni del nucleare. Prima negati, i rischi diventavano allora realtà, palpabili a causa delle dimensioni della contaminazione, della presenza di esseri umani e di aree contaminate, della gestione di una sopravvivenza ed il confinamento. Lungi dal calmare i propri ardori, i sostenitori del nucleare mandarono a Chernobyl un mucchio di scienziati ad esaminare la situazione e trarne delle conclusioni nel senso della continuità dei programmi nucleari esistenti. Le nuove politiche in materia non si accontentano più di far semplicemente accettare la presenza del nucleare, esse si volgono al controllo delle popolazioni esposte. In questi ultimi anni, si sono moltiplicate le esercitazioni di simulazione, con la scusa di rassicurare le popolazioni potenzialmente esposte, ma queste politiche mirano a far accettare una vita in zona contaminata. Orde di scienziati, di medici e di militari sono mobilitati. Gli uni per spiegarci che è possibile sopravvivere e continuare a vivere in queste condizioni. Gli altri per farci comprendere, armi alla mano, che nessuno ha altra scelta. Accettare una lunga agonia od essere uccisi, accettare di continuare ad essere una delle rotelle di questo mondo che ci consuma o lasciarlo. Non c’è bisogno di andare in Bielorussia, il progetto dell’EPR (European Pressurized water Reactor) a Flamanville [centrale nucleare francese, situata in Bassa Normandia, NdT] prevede l’inondazione delle paludi circostanti, in vista di un migliore confinamento degli abitanti dell’area contaminata in caso di incidente. Un semplice sacrificio umano sull’altare delle scelte economiche e politiche.

Il nucleare non può esistere senza una forte militarizzazione delle nostre vite, senza uno stretto controllo dello Stato e dei suoi scienziati sulle nostre esistenze. Non esiste una critica al nucleare senza una rimessa in causa della società che lo produce. Non esiste lotta contro il nucleare senza distruzione di questa società.





Mer, 23/03/2011 – 14:51
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