Risposta a "La zampata della vita"

Leggendo "La zampata della vita", articolo sull'antispecismo apparso su "Machete" di luglio, nel mio piccolo ho ritenuto che potesse essere un ottimo spunto per me (e magari anche per altri individui) per fare i conti con il proprio passato, di militanti animalisti.
In questo senso sono svariati i punti che condivido dell'articolo, e alcuni di essi li ritengo tra i motivi che mi hanno indotto ad allargare (o per certi versi RESTRINGERE) il mio persorso di lotta ad altri ambiti: penso per esempio ad un certo settarismo, o meglio, alla necessità pratica di concentrarsi solo sul tema animalista per riuscire a portare avanti al meglio le varie campagne di lotta.... purtroppo questa necessità porta all'atto pratico, ad un'altra necessità (o è una celta): quella di "snobbare" altri tipi di liberazioni non meno importanti. Oppure penso al veganismo stesso, all'intransigenza con cui viene portato avanti ed escluso chi non fa questa scelta...
Ecco, tutto questo mi faceva sentire in un certo senso "chiuso" nella prospettiva delle lotte animaliste, che pure reputavo (e reputo tuttora) necessarie.
Detto ciò, pur sapendo che gli animalisti con la A maiuscola non hanno nessun bisogno di difese "esterne", tantomeno le mie, vorrei comunque evidenziare alcuni punti dell'articolo che non condivido pienamente: pochi ma importanti...perchè leggendo alcuni passaggi non sono riuscito a non domandarmi a che tipo di società liberata aspirino gli autori.
Sempre che aspirino ad un qualsivoglia modello di società liberata, perchè davvero nell'articolo in quesione si fa a fatica a evincerlo. Loro non si sbilanciano, non ci dicono nulla di loro stessi, delle loro passioni o pulsioni (se non che adorano la pastasciutta), l'unica cosa che ci è dato di capire è che sanno usare molto bene il martello (della critica.....) contro altri compagni.
Ma a parte ciò...gli autori dell'articolo prima dicono che si tratta di seguire le leggi della natura e non della morale vegana...e io fin qui son d'accordo, in quanto ciò significa che se gli animali mangiano altri animali per nutrirsi e sopravvivere, perchè l'uomo non dovrebbe fare altrettanto? (senza torturarli industrialmente ovvio).... Solo che poi gli stessi autori scrivono "perchè non voler sfidare le leggi della natura?", come se aspirassero ad una società diversa da quella dettata appunto dalle leggi naturali (ma non è quello che fa la tecnocrazia attuale?), lasciando capire che una società naturale non sarebbe per forza giusta. E allora? Non sarebbe forse auspicabile una vita senza industrie, cemento, merde in divisa, banche, denaro etc., una società cullata dalle sue leggi naturali, prati verdi, fiumi, paesaggi e armonia fra le varie forme di vita? Cosa significa esattamente andare oltre ciò, se non veder riaffiorare l'incubo di un proto-capitalismo strisciante? Non so se oltre la Natura (anarchica) ci sia dato realmente modo di esistere, secondo me potrebbe essere pericoloso quasi quanto questo sistema di morte che ci opprime quotidianamente cuori e menti.
Nel modello di società che io auspico (e che non ritengo nè utopico nè primitivista) di società gli animali non umani avrebbero un ruolo pari a quello dell'uomo. Per capire perchè forse occorre mettersi nell'ottica che loro già QUI ED ORA riescono a manifestare e a salvare parte dei propri istinti innati dal cancro sociale di cemento e corruzione nel quale ci ritroviamo a vivere. E chi sarà mai l'artefice di questo schifo appena descritto? Ecco, l'articolo non è molto limpido su questo punto: addossando tutta la colpa al capitalismo come ad un'entità astratta, arriva quasi a paventare che come esistono sfruttati e sfruttatori tra gli uomini, esisterebbero anche sfruttati e sfruttatori tra gli animali. Ma diamo i numeri...?!
L'altro aspetto dell'articolo che a mio avviso vale la pena sottolineare, poi, è l'assenza di qualsiasi critica propositiva al suo interno. Anch'io, come già detto, provo insofferenza verso parte di questa filosofia antispecista e verso la piega che ha preso il movimento animalista (sempre + associazionista) in Italia....ma perchè non menzionare anche gli aspetti positivi e liberatori, che oggi ci sono (forse) di meno ma che comunque vengono ancora espressi da alcuni? Penso alle liberazioni, ai sabotaggi, agli anomini Barry Horne odierni, all'Alf e all'Erth che negli USA come in altri paesi del sudamerica o anche meno esotici accompagnano CONCRETAMENTE una critica alle industrie che si rendono protagoniste dello sfruttamento animale e ambientale ad una più vasta e radicale critica dell'intero sistema....
Nonostante i fiumi di parole, secondo me nell'articolo manca proprio questo, e ciò forse impedisce ai più di comprendere la critica in esso contenuta.
Un compagno
Lun, 09/11/2009 – 18:08
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