Val Noto, i petrolieri ci riprovano
Il Tar accoglie un ricorso, le trivelle possono ripartire alla ricerca dell'«oro nero». Insorgono tutti: il sindaco, il governatore Totò Cuffaro, gli ambientalisti. I Verdi: «Contro lo scempio siamo pronti a bloccare le ruspe».
Lo scempio non lo vuole nessuno, eppure sembra inevitabile. Stavolta la politica si dissocia in massa, gli amministratori minacciano barricate, il presidente della Regione annuncia guerra. Ma le trivelle sembrano avanzare «autonomamente», a prescindere, e presto potrebbero cominciare a scavare nel Val di Noto, col permesso del Tar di Palermo che ha accolto il ricorso dei petrolieri texani per uno dei due pozzi richiesti, giudicando illegittima la richiesta tardiva di «valutazione d'impatto ambientale» avanzata dal governo di Totò Cuffaro.
L'ennesima puntata della tragicommedia è davvero sorprendente, e mostra chiaramente che lo «stop alle trivelle» tanto strombazzato un paio di mesi fa dallo stesso presidente Cuffaro era solo un bluff, come da più parti era stato denunciato. La «Panther Oil» aveva rinunciato a scavare, ma solo in una piccolissima area dei 746 chilometri quadrati (comprendenti territori di ben tre province della Sicilia orientale, ossia Catania, Ragusa e Siracusa) sui quali nel 2004 aveva ottenuto la concessione per sei anni da parte della Regione Sicilia e dell'allora assessore Marina Noè, grande sostenitrice dell'iniziativa che ora sembra non avere più padrini politici. Nel frattempo si è affrettata a chiedere - tramite la «Panther Eureka» con sede a Ragusa - il via libera a due «programmi esplorativi», uno dei quali (Gallo Sud) è stato respinto, l'altro invece (Eureka est) è stato accolto dai giudici del Tar di Palermo. Grazie a un cavillo formale, e al silenzio della Regione che, nonostante i proclami, ha chiesto la «Via» (valutazione di impatto ambientale) troppo tardi, quando erano già maturati i tempi - dicono i giudici della prima sezione del Tar - per il silenzio-assenso che dava via libera alla società petrolifera.
Ora Totò Cuffaro grida, è indignato e assicura che al rientro dalle ferie il parlamento siciliano saprà rimettere le cose a posto, come chiedono a gran voce naturalmente anche gli amministratori dei territori minacciati dallo scempio. «Invitiamo la Panther Eureka a non dare il via ai lavori», dice il governatore siciliano. E aggiunge che «a settembre il governo con procedura d'urgenza presenterà all'Ars un provvedimento che chiuda definitivamente la questione».
E' quanto chiedono tutti. Il sindaco di Noto, Corrado Valvo, sollecita «provvedimenti legislativi coerenti con quanto più volte proclamato in merito alla tutela del territorio ed alla salvaguardia del tipo di sviluppo scelto dalla gente del Sud-Est», cioè turistico e culturale. E Piero Torchi, sindaco di Modica, chiede «iniziative forti ed eclatanti che segnino il confine netto fra chi vuole veramente bene a questa terra e chi invece è disposto ad accettare compromessi nei confronti della Sicilia e dei siciliani».
Insomma, sarebbe tempo di fronteggiare davvero con serietà e iniziative univoche il rischio che parte della Sicilia orientale diventi un bacino di gas e petrolio, anziché quell'area zeppa di gioielli riconosciuti dall'Unesco.
A tranquillizzare gli animi ieri è intervenuto anche il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio: «Ogni trivellazione in Val di Noto sarebbe non solo inconcepibile da un punto di vista ambientale e di rispetto del territorio ma anche illegittima senza valutazione d'incidenza», afferma il ministro. E annuncia che la direzione generale del ministero «ha già scritto alla Regione siciliana una seconda lettera per chiedere nuovamente se è stata prodotta una Valutazione d'incidenza per gli interventi previsti» che riguardano «una zona comprendente varie aree Zps e Sic». «Ad oggi - assicura Pecoraro Scanio - nessuna informazione sull'esistenza di una procedura di incidenza è stato fornito al ministero». Cosa che determinerebbe «una sicura apertura d'infrazione da parte della Commissione europea ai danni dell'Italia con pesanti sanzioni economiche». La levata di scudi è generale, da parte di tutto lo schieramento politico e delle associazioni ambientaliste, naturalmente. C'è di che preoccuparsi, però.
Il progetto dei texani infatti prevede nel corso di sei anni la perforazione di ventuno pozzi esplorativi nei 746 chilometri quadrati concessi, con un investimento di 43 milioni di euro. La Panther non intende rinunciare e probabilmente presenterà ricorso per ciascuno dei pozzi in programma.
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