[Vincennes] international week of action against detention centre

16/01/2010 - 09:00
24/01/2010 - 23:59

BRUCIAMO LE FRONTIERE!

La rivolta che ha portato all’incendio della più grande prigione per stranieri in Francia è una risposta concreta e storica all’esistenza dei centri di trattenimento e all’insieme della politica di controllo dei flussi migratori. Nei giorni 25, 26 e 27 gennaio, dieci persone saranno giudicate per questa rivolta nel Tribunale di Parigi (Metropolitana Cité). La nostra solidarietà deve essere all’altezza della posta in gioco: rilascio degli accusati e, inoltre, libertà di movimento e di insediamento.
Il 22 giugno 2008, il più grande CPT di Francia è bruciato. Tra giugno 2008 e giugno 2009, una decina di ex- trattenuti sono stati arrestati e collocati in detenzione preventiva – per la maggior parte da quasi un anno -. Sono accusati di danneggiamento, distruzione di edifici del centro di trattenimento amministrativo di Vincennes e/o violenza contro le forze dell’ordine.
Durante i sei mesi precedenti all’incendio, il centro di Vincennes è luogo di continui movimenti di protesta di coloro lì rinchiusi perché sprovvisti di documenti. Scioperi della fame, piccoli incendi, rifiuto all’appello, diverbi con la polizia, forme di opposizione individuali o collettive, si sono succeduti all’interno del centro per tutto questo periodo. All’esterno, manifestazioni e iniziative denunciano l’esistenza stessa di questi centri e sostengono gli atti di rivolta.
Il 21 giugno 2008, Salem Souli muore nella sua stanza dopo aver invano chiesto di essere curato. Il giorno dopo, una marcia organizzata dai detenuti in ricordo di quest’uomo, è repressa con violenza. Scoppia allora una rivolta collettiva e il centro di trattenimento brucia.

Un processo esemplare
Per impedire che questo tipo di rivolta si diffonda, lo Stato deve colpire duramente, trovare dei responsabili. Queste dieci persone sono state arrestate per servire come esempio. Non importa che siano “innocenti” o “colpevoli”. Lo Stato, punendoli, desidera veder scomparire la contestazione, la ribellione, gli atti di resistenza di quelli che si trovano, o si troveranno un giorno, rinchiusi fra le mura di questi centri.
La rivolta di Vincennes non è isolata. Ovunque esistano questi centri di reclusione, scoppiano rivolte, avvengono incendi, evasioni, scioperi della fame, ammutinamenti, devastazioni. È successo in Francia (Nantes, Bordeaux, Toulouse dove sono bruciati dei centri) e in numerosi paesi europei (Italia, Belgio, Olanda, Germania) o nei paesi dove i controlli delle frontiere avvengono alla partenza, come in Libia e in Turchia.
L’incendio del centro di Vincennes non è solo simbolico: la scomparsa di 280 posti all’interno del centro ha avuto come conseguenza immediata una importante diminuzione delle retate e delle espulsioni nei dintorni di Parigi, durante il periodo successivo. In concreto, migliaia di arresti sono stati evitati. Con il loro agire, i detenuti hanno bloccato per un lasso di tempo il funzionamento del meccanismo di espulsione.

Prigione per stranieri: rinchiudere, espellere, dissuadere l’immigrazione
I centri di trattenimento sono una delle tappe tra l’arresto e l’espulsione. Servono a tenere rinchiusi gli stranieri per il tempo necessario a preparare le condizioni necessarie alle espulsioni, che si tratti di un passaporto o di un lasciapassare rilasciato da un consolato e un posto in aereo o in nave. Più uno Stato vuole espellere, più sono i centri di reclusione che costruisce. Ovunque, il loro numero continua ad aumentare. In Europa, c’è la tendenza ad allungare i tempi di trattenimento, il che permette di aumentare le espulsione, ma anche di dissuadere l’immigrazione. Di fatto, questi luoghi di trattenimento sono strutture punitive. Vengono sempre più costruiti come fossero carceri: video-sorveglianza, unità ridotte, celle d’isolamento… In Francia, ad esempio, il più grande centro in costruzione a Mesnil-Amelot (240 posti), che aprirà tra qualche settimana, ha adottato questo modello. In Olanda, dove i suicidi e i decessi ‘inspiegabili’ sono frequenti nei centri, la detenzione dura 18 mesi e può essere riconfermata una volta tornati in libertà, le persone sono rinchiuse singolarmente in cellule molto piccole, oppure su battelli- prigione, con scarse possibilità di accedere all’esterno.

Clandestini: mano d’opera fatta su misura…
I centri di reclusione sono parte della politica di “gestione dei flussi migratori”, elaborata secondo i criteri della “immigrazione scelta” ossia in funzione dei bisogni di mano d’opera dei paesi europei. Non è da oggi che il padronato dei paesi ricchi fa ricorso ai lavoratori immigrati per accrescere i profitti. In modo legale come nel caso del lavoro a termine, di quello che era il contratto OMI (che permette di adeguare il diritto di presenza sul territorio al tempo dei lavori stagionali) oppure con il lavoro nero, dove gli stranieri sono impiegati molto spesso nei settori più difficili (BTP, lavori nei ristoranti, pulizie, lavori stagionali, …). Questi settori richiedono una mano d’opera flessibile, da adattare ai bisogni immediati della produzione. Oltre all’assenza di diritti legati al loro statuto, per esempio in caso di infortunio, la costante minaccia di arresto e di espulsione che pesa sui clandestini, permette ovviamente ai padroni di pagarli di meno, se non addirittura di non pagarli per niente (non è poi così raro). Questo abbassamento dei salari e delle condizioni di lavoro permette al padronato di rafforzare lo sfruttamento di tutti. Gli innumerevoli scioperi dei lavoratori privi di documenti mostrano a che punto padroni e Stato hanno bisogno di questa mano d’opera, ma anche che organizzandosi insieme, i clandestini possono talvolta tenere loro testa ed ottenere di essere messi in regola.

… e capro espiatorio ideale
La politica migratoria, e i centri di reclusione che fanno parte dell’ingranaggio, serve soprattutto a stigmatizzare chi non ha documenti. Lo Stato ne fa il capro espiatorio delle difficoltà che incontra oggi il popolo francese. L’utilizzo spettacolare delle espulsioni di Stato contribuisce a dimostrare da una parte l’ampiezza del “pericolo” che l’immigrazione irregolare rappresenta per la Francia e dall’altra l’efficacia di uno Stato che protegge i propri concittadini contro questo pericolo.
Lo Stato utilizza artifici come le cosiddette “minacce dell’immigrazione clandestina”, la “feccia delle periferie”, le “donne che portano il velo”, o la campagna sull’identità nazionale, per suscitare i peggio rigurgiti xenofobi e razzisti e tentare di creare consenso intorno al potere e al mondo che produce.

Frontiere ovunque
I centri di reclusione costituiscono un elemento indispensabile per applicare una politica europea di controllo dei flussi migratori che, mentre pretende abolire le frontiere all’interno dello spazio di Schengen, all’esterno le rafforza, in particolare con il dispositivo Frontex. Così il controllo inizia aldilà delle porte dell’Europa in accordo con paesi come la Libia, la Mauritania, la Turchia o l’Ucraina, dove vengono finanziati campi di detenzione per stranieri decretati indesiderabili, prima ancora che abbiano avuto la possibilità di mettere piede in Europa.
Allo stesso tempo dentro questo spazio territoriale le frontiere si moltiplicano, si spostano e quindi sono ovunque: ogni controllo di identità può portare all’espulsione. Perché la frontiera non è solo una linea che demarca un paese, ma soprattutto un posto di controllo, di pressione, di scelta. Così la strada, i trasporti, le amministrazioni, le banche, le agenzie di lavoro a termine, di fatto funzionano come frontiere.
I centri di reclusione, come tutti i campi per migranti, sono particole di frontiere assassine dell’Europa di Schengen. Sono luoghi dove si aspetta, rinchiusi, a volte senza scadenza e senza sentenza, dove si muore per mancanza di cure, dove ci si suicida piuttosto che essere espulsi. Bisogna farla finita con le frontiere!
Per tutte queste ragioni e perché la gestione dei flussi migratori non è “giusta”. Perché ciascuno deve poter decidere di vivere dove gli pare. Noi siamo solidali con gli accusati della rivolta e dell’incendio del centro di reclusione di Vincennes.

LIBERTÀ PER TUTTI GLI ACCUSATI!
LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE E DI INSEDIAMENTO!
CHIUSURA DEI CENTRI DI RECLUSIONE!
BASTA COI DOCUMENTI!

SETTIMANA DI SOLIDARIETÀ DAL 16 AL 24 GENNAIO 2010
Primo appuntamento il 16 gennaio 2010: Documentari, Dibattito,
Informazioni alle 19.00 al CICP (21 ter, rue Voltaire, 75011 Paris)

BURN THE BORDERS

January 25th, 26th and 27th: trial of the revolt that set the detention
centre of Vincennes on fire

The revolt, which led to the fire that destroyed the largest prison for
foreigners in France, is a concrete and historical response to the
existence of detention centres and to the whole of the policy of control
of the migratory flows.

On January 25th, 26th and 27th, ten persons will be tried for this revolt
by the Tribunal de Grande Instance of Paris (a court which tries
misdemeanours).
Our solidarity has to be at the height of the stake: the acquittal of the
accused and beyond that, freedom of movement and installation.
The largest detention centre in France burnt on June 22nd 2008.
>From June 2008 to June 2009, some ten former detainees have been arrested
and imprisoned - most of them for nearly one year - in preventive jail.
They are charged with "damage", "voluntary destruction of the buildings of
the Vincennes administrative detention centre", and/or "aggression in band
against a police officer, without causing an incapacity of work for more
than eight days".
Movements of protest of the locked up sans-papiers have taken place
ceaselessly during the six months before the fire. Hunger strikes,
beginnings of fires, refusing to be counted, and individual or collective
oppositions followed each other during this period. Outside,
demonstrations and actions exposed the very existence of these centres and
support the revolts.
On June 21st 2008, Salem Souli died in his room after he had asked in vain
for medical care. The next day the detainees organized a march in his
memory, which was violently repressed. A collective revolt followed and
the detention centre was reduced to ashes.

A TRIAL FOR THE EXAMPLE
To prevent this type of revolt from spreading, the State must strike hard,
it has to find culprits. Ten persons were arrested to serve as examples.
We do not care whether they are "culprit" or "innocent". By the punishment
of these persons, the State wishes to make disappear revolts, denials of
submission, and acts of resistance from the part of those who are, or will
be in the future, between the walls of these centres.
The Vincennes revolt is not isolated. Wherever are detention centres,
revolts will spring up, fires will start, flights, hunger strikes,
mutinies, and destructions will take place. It has been so in France
(centres were burnt in Nantes, Bordeaux, and Toulouse), and in many
European countries (Italy, Belgium, the Netherlands, Great Britain) or in
countries to which border control is outsourced such as Turkey and Libya.
The fire at the Vincennes detention centre is not only a symbol: as an
immediate consequence of the disappearance of its capacity for 280 people,
rounding up and deportations greatly decreased in the Paris region during
the following period. Concretely, arrests were avoided by the thousands.
This act of the detainees has put out of order for a while the deportation
machine.

JAILS FOR FOREIGNERS: THEY LOCK UP, DEPORT, DISSUADE IMIGRATION

The detention centres are a step between the arrest and the deportation.
They are used to lock up the passengers for the time necessary to gather
what is needed for a deportation, namely a passport or a pass issued by a
consulate, and a plane or ship reservation.
The more a State wants to deport, the more it builds detention centres.
Their numbers increases ceaselessly everywhere. In Europe, the trend is to
make locking up longer, which not only allows deporting more people, but
also dissuades immigration.
These locking up places are actually punishment places. As such, they are
more and more built on a model of prison: monitoring by video, small
units, isolation cellsŠ For example, the largest detention centre in
France now being built in France at Le Mesnil-Amelot (with capacity for
240 persons) that will open in a few weeks is designed according to this
model. In the Netherlands, where suicides and "unexplained" deaths are
frequent in the centres, detention lasts 18 months and may start again
immediately after freeing, in very small individual cells, sometimes in
prison-boats, with scarce access to air.

THE UNDOCUMENTATED FOREIGNERS: BOTH A HIGHLY ADAPTABLE MANPOWER ...
Detention centres are a part of the "migratory flows management" policy,
which in turn is elaborated according the criteria of the "chosen
immigration" which means according to the needs of manpower in the
European countries. That bosses of the rich countries use migrant workers
to increase their profits is nothing new. Be it within a legal framework,
such as interim jobs or the former "OMI contract" (which allowed to fit
the right of presence in the country to the seasonal working time), or in
illegal work, the foreigners most often find jobs in the toughest sectors
(the building industry, restaurants, cleaning, seasonal worksŠ) These
sectors ask for a flexible manpower, one which adapts to the immediate
needs of production.
On top of the absence of rights due to their status, for instance in case
of an accident, the permanent threat of arrest and deportation obviously
enables the bosses to underpay them, indeed not to pay them at all (it is
not infrequent). This equalizing at the lowest level of salaries and
working conditions enables the bourgeoisie to enhance the exploitation of
all. The repeated strikes of sans-papiers show how much the French bosses
and the State need this manpower, but they also show that the sans-papiers
can check them and get regularizations when they organize collectively.


...AND AN IDEAL SCAPEGOAT

The migratory policy, of which the detention centres are a gear, is also
used to stigmatize the undocumented foreigners. The State makes of them
the scapegoat for the hardships of the population of France. The
spectacular use of deportations by the State takes its part in showing how
great a "danger" the irregular immigration would be for France and Europe,
and at the same time the efficiency of a State, which protects its
citizens from this danger.
The State uses artefacts such as the above mentioned "threat of
underground immigration", "rascals in the suburbs", "veiled women", or
such as the campaign for the national identity to wake up the worst
chauvinist and racist feelings, and to try and create a consent for the
power and the world it produces.
BORDERS EVERYWHERE

The detention centres are indispensable for the implementation of a
European policy to control the migratory flows, which, while it claims to
abolish the borders within the Schengen space, reinforces them outside,
notably with Frontex.
And so the control is outsourced at the outer doors of Europe, in
agreement with countries such as Libya, Mauritania, Turkey or Ukraine, to
which funds are given to lock up foreigners who are deemed unwanted, even
before they make it to Europe.
At the same time, within the Schengen territory, borders are scattered,
become movable, and thus are everywhere: every identity check can lead to
a deportation. For the border is not only a line limiting he territory, it
is above all a point of checking, of pressure and, of sorting out. So the
street, the communication lines, the administrative buildings, the banks,
the interim work offices already function as borders.
The detention centres are pieces of the deadly borders of the Schengen
Europe, as are all camps for migrants, They are places where one waits,
locked up, sometimes without limit and without trial, where one dies for
lack of care, where one kills oneself rather than be deported. Borders
must be abolished!

For all these reasons, and because there is no "good" management of the
migratory flows, because everybody must be able to decide where he wants
to live, we are in solidarity with the accused of the revolt and the arson
of the Vincennes detention centre!


ACQUIT ALL THE ACCUSED

FREEDOM OF MOVEMENT AND INSTALLATION

CLOSE THE DETENTION CENTRES

NO PAPERS AT ALL

ACTION WEEK JANUARY 16TH TO 24TH 2010
Collectif de solidarité avec les inculpés de Vincennes
liberte-sans-retenue@riseup.net
Mar, 05/01/2010 – 11:12
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