Francia - “Nulla da dichiarare” : Perché rifiutiamo di partecipare alla nostra repressione

da non-fides.fr

“Nulla da dichiarare” : Perché rifiutiamo di partecipare alla nostra repressione


Da ormai due anni che è stata aperta un’inchiesta per “diffamazione nei confronti di pubblici funzionari” e “incitazione a portare danno ad una persona, non seguita da effetti”, a causa del volantino “Corrispondenti notturni: agenti di prossimità della guerra ai poveri”, pubblicato verso la fine del 2010 su Indymedia ed in seguito ripreso da diversi siti, fra cui Non Fides e Retour à Belleville, ma soprattutto massicciamente diffuso in parecchi quartieri del nord-est di Parigi.

Nel quadro di questa inchiesta, abbiamo ricevuto molte convocazioni (semplici lettere, poi raccomandate e telefonate della polizia giudiziaria sui cellulari), che abbiamo deciso di ignorare, e anche delle persone a noi vicine sono state convocate ed interrogate dalla polizia.

In seguito a questo rifiuto di collaborare al lavoro degli sbirri, questi ultimi hanno deciso di procedere a due perquisizioni, prima a casa di Dan, il 15 maggio 2012, poi da Olivier, il 22 gennaio 2013, durante le quali ci hanno preso computer, chiavette USB ed un hard disk esterno. Fino ad ora non eravamo ancora messi sotto inchiesta, ma adesso la giudice Maïa Escrive ci convoca per una “prima comparizione in vista di essere messi sotto inchiesta”.
Olivier è accusato di aver pubblicato il volantino su Non Fides. Dan di averlo pubblicato su Non Fides e su Retour à Belleville e di esserne l’autore.

Si tratta di un cerimoniale trito e ritrito, al quale noi ci rifiutiamo di partecipare, per molti motivi:

    • Innanzitutto perché questa giudice ed i suo braccio armato, la BRDP1, sono sempre insieme per ogni sorta di caso di diffamazione ai danni di qualche miserabile VIP o di qualche razzista notorio, altrettanti casi nei quali la questione della “libertà di espressione” ritorna senza posa. Ma mettiamo le cose in chiaro: in quanto anarchici il dibattito sulla libertà di espressione non ci interessa, poiché per noi la libertà non è una concessione del potere, sotto forma di diritto, e nemmeno è la libertà nel senso liberale e borghese del termine, un qualcosa di coniugabile, negoziabile e divisibile all’infinito. Insomma, per noi non se ne parla nemmeno di discutere con un giudice su cosa avremmo oppure no il diritto di scrivere o di divulgare.

    • Poi, sappiamo molto bene come si svolgerebbe questo interrogatorio: domande fatte ”solo per la forma”, ed il rifiuto in blocco di rispondervi. Non abbiamo nulla da dire ad un giudice più di quanto non abbiamo da dire agli sbirri, cioè: “Non ho nulla da dichiarare”.

    • E poi anche perché sappiamo che questo caso non è che un pretesto in più per gli sbirri e la giustizia per romperci le palle, dopo averci buttato qualche mese in galera nel 2011 per un’altra storia, e fatto subire per tre anni, quasi senza interruzione, dei controlli giudiziari che impongono che in teoria non ci possiamo più vedere, non possiamo uscire dal territorio francese, in teoria dobbiamo firmare ogni settimana in commissariato e pagare un riscatto di 4000 euro allo Stato. Tutte queste misure (che toccano noi così come hanno colpito altri compagni prima di noi e decine di migliaia di persone un po’ dappertutto) hanno per obiettivo quello di spezzarci, isolandoci l’uno dall’altro ed isolandoci dal movimento, ed anche di rompere delle dinamiche di lotta.
    Tutto ciò mentre un processo per “distruzione o danneggiamento per mezzo di una sostanza esplosiva, di un incendio o di ogni altro mezzo atto a creare un pericolo per le persone”, “danneggiamento di beni altrui in concorso” (e tutta la coorte di rifiuti di foto, impronte digitali e di DNA) minaccia sempre di iniziare, un giorno o l’altro. Si tratta di un processo che prende di mira, in totale, una buona decina di persone, a Parigi, all’interno del quadro della lotta contro la macchina delle espulsioni.

    • Infine, sarebbe degradante per noi accorrere servilmente, scotendo al coda, alla cuccia “Palazzo di giustizia” ogni volta che sentiamo il fischio.

Per tutte queste ragioni non ci presenteremo alla convocazione, prevista per il 13 marzo al Tribunale di Parigi; o almeno non di nostra spontanea volontà.

Queste righe non hanno come scopo di sollevare l’indignazione, né di gridare alla repressione dei “nostri media liberi”, né di puntare le luci della ribalta su qualcuno.

Quel modesto volantino, ce ne freghiamo di sapere chi l’ha scritto, lasciamo questo basso compito agli assassini che ci governano, che siano essi in giacca e cravatta, abito talare, toga o uniforme: Ma noi ne condividiamo il contenuto e la volontà di diffonderlo. Allo stesso modo affermiamo la nostra volontà di diffondere ogni invito alla rivolta contro i rapporti di dominazione che reggono questo mondo, poiché rifiutiamo di lasciare l’iniziativa della guerra sociale a quelli che la fanno contro di noi.

Viva l’anarchia.

6 marzo 2013,
Olivier e Dan.

Dom, 10/03/2013 – 11:32
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