Messina | Repressione - Condannati due compagni per presidio antipsichiatrico
Riceviamo e diffondiamo:
Giorno 24 ottobre si è concluso il processo contro Irene e Sergio accusati di avere aggredito un vigile, il 31 agosto, durante un presidio antipsichiatrico. Irene è stata condannata a 6 mesi (pena sospesa). Sergio, condannato a 10 mesi, è ai domiciliari. Durante il presidio che si è tenuto davanti al tribunale, il giorno della sentenza, è stato distribuito un volantino.
"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare" (B. Brecht).
Qualche settimana fa, durante un presidio contro gli abusi psichiatrici di fronte al tribunale, dove faceva capolino una piccola tenda da campeggio montata sulle aiuole, due ragazzi sono stati arrestati con le accuse di resistenza, oltraggio e lesioni. La solita dimostrazione di potere da parte delle guardie, si potrebbe dire. In questo caso dei vigili urbani, che hanno certamente colto l'occasione per accaparrarsi un paio di settimane di riposo ben pagato, inventando un'aggressione che non c'è mai stata. Con la vile complicità dei soliti servi giornalisti, professionisti nel creare, ad hoc, un clima di allarme e terrore intorno a certi fatti di cronaca.
Non ci aspettiamo alcuna giustizia nelle aule di tribunale e non ci illudiamo: lo Stato probabilmente assolverà se stesso anche stavolta. Ma non si tratta semplicemente di un tipico caso di esercizio di autorità contro chi non accetta in silenzio la sua arroganza.
Se una tenda ha suscitato una reazione tanto violenta è perché è in gioco il famigerato decoro urbano, un'espressione fascista per giustificare i piani di riqualificazione che da alcuni anni sono in atto nelle città. Ma riqualificare a che scopo e a vantaggio di chi? Del capitale naturalmente. Allo scopo di incrementare il profitto di pochi a scapito di tutti gli altri, non solo di qualche mendicante. Presi di mira sono soprattutto i più poveri, quelli che non partecipano alla grande orgia del produci consuma, e i ribelli, da sempre nemici perché non sottomessi. Ma di fatto una città votata al decoro urbano è in guerra aperta contro tutti i suoi abitanti. Perché ci consegna un territorio sorvegliato, disumanizzato, organizzato secondo un unico interesse che è quello del denaro. Le solite speculazioni edilizie sono messe al servizio stavolta di un nuovo modo di vivere la città, o forse dovremmo dire, di morire nelle città. Gli abitanti vengono rapidamente spostati in desolate periferie, seppelliti in quartieri dormitorio, se non addirittura in aree circondate da filo spinato, come già avviene anche in Italia. In centro si fa spazio ai servizi e al commercio. Le strade sono pattugliate dall'esercito che, da diversi anni ormai, è incaricato di gestire l'ordine pubblico. Telecamere e ordinanze comunali garantiscono che ogni luogo del centro cittadino abbia una funzione assegnata, attraverso restrizioni che, a secondo delle propensioni più o meno fasciste del sindaco in carica, variano dal divieto di bivaccare, bere o mangiare, fino a quello di giocare.
Non vogliamo chiedere niente alle amministrazioni né tanto meno rivendicare un diritto di circolazione in città. Piuttosto ci riprendiamo le strade, le piazze, gli edifici abbandonati, per vivere la città secondo i nostri sogni e i nostri desideri, creando ovunque spazi di socialità, incontro di esperienze, fuori dalle logiche economiche. Al muro di silenzio e solitudine che vorrebbero costruirci intorno rispondiamo con la solidarietà, il reciproco aiuto, l'autorganizzazione, la lotta. Senza preti, politici o assistenti sociali. E continueremo a farlo, improvvisando pic-nic nelle piazze, feste per le strade e stimolando dibattiti e confronti in ogni angolo della città.
Solidali sempre con chi non è disposto ad accettare le proprie catene, né quelle altrui.
Libertà per Sergino e Irene. Libertà per tutti.
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