Treviso - Sprigioniamo calore
Sovraffollamento nelle carceri…rivolta nelle celle
Anche nel carcere di Treviso ha ripreso a divampare il fuoco della rabbia e ad ardere la fiamma della dignità.
Venerdì 11 dicembre 2009 i detenuti del carcere di S. Bona hanno messo in atto una protesta, sfociata poi in rivolta, con oggetti dati alle fiamme nelle celle e nei corridoi, e con l’intero edificio in subbuglio. Quest’azione ha creato seri disagi alla direzione del carcere, che presa alla sprovvista dall’inaspettata determinazione e coordinazione dei detenuti, si è vista costretta a far ricorso a tutti i suoi cani da guardia, richiamando anche quelli a riposo. La rivolta è stata sedata – possiamo immaginare con quali pacifici metodi – ed una ventina di detenuti sono stati denunciati.
Oggi è chiaro che le condizioni del carcere di S. Bona, come delle altre prigioni, sono sempre più disumane per tutti i detenuti e sempre più ingestibili per le istituzioni. La violenza poliziesca (di Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria) emerge anche dalle cronache quotidiane (dal caso di Stefano Cucchi brutalmente ammazzato, al caso di Stefano Frapporti e tutti gli altri “suicidati”). Le prigioni esplodono sotto la molla di un’umanità schiacciata dal sovraffollamento di celle in cui vengono stipati come topi i relitti della società, gli esclusi, i poveri, gli emarginati. Le fughe, le evasioni, gli scioperi, le proteste e le rivolte si susseguono e si alimentano – nei C.I.E. e nelle prigioni – come duri colpi alla democratica violenza dello Stato…e le istituzioni non sanno più dove sbattere la testa.
La violenza poliziesca e la violenza del carcere sono la semplice espressione della crudeltà della società d’oggi. Il carcere è nulla più che l’appendice di una società carceraria, che ricerca ostinatamente l’inclusione forzata di tutti gli individui, che esige la cieca adesione alle proprie logiche (lavoro, denaro), generando così l’esclusione di intere categorie (precari, migranti, zingari, reietti), esclusione che è la prerogativa della reclusione. “I penitenziari non sono che l’aspetto più evidente e brutale di un sistema che ci rende tutti complici e vittime, tutti reclusi.”
Chiunque “passi” per il carcere di Treviso avverte immediatamente: “Qui c’è un sovraffollamento che fa paura!” Oltre 300 detenuti, a fronte di 134 regolari: in 3 nelle celle da 1, in 4 nelle celle da 2.
Il calore che sprigionano i nostri prigionieri – infuocando le celle e gli stracci, battendo contro le sbarre che li rinchiudono – è un gesto troppo umano per restare inascoltato. E’ tempo di raccogliere questo viscerale richiamo all’azione che ci giunge direttamente dagli ultimi e che testimonia più d’ogni altra cosa l’insostituibile amore per la libertà che ci riscalda.
Il calore che queste celle sprigionano riaccende gli spiriti di noi solidali, che oggi più che mai siamo vicini a chi “dentro”, con coraggio, si ribella, dimostrando che le gabbie non possono annullare il sentimento di libertà, e invece questo sentire prende inesorabilmente ed umanamente forma, sostanza e calore, e si libera. Siamo vicini e solidali con tutti i detenuti di questo e d’ogni altro carcere. A tutti i detenuti vogliamo dire: “Non siete soli”, ai loro aguzzini (direttori e secondini): “Attenti, bruciamo di vita”.
Solidali coi detenuti
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