Il 16 settembre 2008, nella prima pagina di Televideo
(quella di solito più letta), con rimando per approfondimenti a pag. 138, si
poteva leggere una notizia di economia che ha sicuramente sollevato il morale
di molti: le retribuzioni su base annua crescono del 3%.
Certo, l’incremento delle retribuzioni lorde a livello
medio, non è stato superiore all’inflazione (che è oggi del 4,1%, sempre
secondo i dati Istat). Certo, sarebbe stato più corretto già evidenziare nel titolo
che le retribuzioni aumentano meno dei prezzi e di conseguenza il potere
d’acquisto dei redditi di lavoro continua a ridursi. Ma non ci scandalizziamo per questo. E’ prassi consolidata
dell’informazione economica fornire i dati sui salari senza considerare
l’inflazione.
Ma questa volta si raggiunge il parossismo quando si va a
vedere il corpo della notizia. Ecco infatti cosa si legge testualmente, quando
si apre la pagina:
“Le retribuzioni lorde nel secondo trimestre dell’anno hanno
registrato un aumento del 3% rispetto allo stesso periodo del 2007. Al netto
degli effetti stagionali hanno segnato una variazione congiunturale di – 2,5%. Lo
rende noto l’Istat, sottolineando, che il calo è dovuto all’esaurirsi degli
effetti temporanei registrati nel primo trimestre (effetti contrattuali,
erogazione di una tantum, arretrati). Si tratta della prima variazione negli
ultimi 4 anni.”
Qual è allora la notizia vera, quella che avrebbe dovuto
essere riportata con evidenza sin dalla prima pagina? Che i salari non solo non
stanno al passo con l’inflazione ma che per la prima volta da 4 anni si
riducono anche in termini nominali. Ovvero che la cifra nominale che compare
nella busta paga è di mese in mese inferiore.
Che in Italia esista una questione salariale che si mischia
ed è alimentata da una condizione di
precarietà sempre più pervasiva e generalizzata è riconosciuto da molti. Ma nel
momento stesso in cui si danno notizie economiche, ecco che, come per magia, la
drammatica realtà viene immediatamente negata e stravolta.
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