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dai Quaderni di San Precario
Mercoledì 22 Aprile 025 – dalle 19 con Aperitivo! – presso Piano Terra Lab in via Confalonieri 3 – Milano.
La rivista i Quaderni di San Precario è nata alla fine del 2010 in contemporanea con il primo appuntamento degli Stati generali della precarietà, organizzato dal collettivo San Precario a Milano. Nel libro Piccola Enciclopedia Precaria (a cura di Cristina Morini e Paolo Vignola), pubblicato da Agenzia X Edizioni, si trovano raccolti tutti i lemmi pubblicati sulla rivista in cinque numeri, oltre ad alcuni interventi significativi. Da “bioeconomia” a “trappola della precarietà”, le parole scelte e analizzate sono sempre orientate dal “punto di vista precario”. Un punto di vista che si propone di setacciare e utilizzare criticamente tutti gli strumenti, giuridici, teorici e conflittuali, dentro un’ottica offensiva e non di semplice resistenza.
In una fase in cui la norma della precarizzazione esistenziale sembra arrivata a compimento con il Jobs Act del governo di Matteo Renzi allo scopo di annichilire il conflitto e di ricomprendere ogni discorso, questi lemmi, questi testi, possono aiutare a posizionarsi nella giungla precaria e a ricordare il valore e il significato dell’agire politico. Dalle straordinarie autorappresentazioni della MayDay alla parola dei precari e delle precarie.
Oltre al collettivo San Precario, saranno presenti alla presentazione del libro e alla discussione collettiva Sergio Bologna, Roberto Faure, Andrea Fumagalli, Gianni Giovannelli, Cristina Morini, Fant Precario e altre e altri.
Effimera è nata circa due anni fa, dopo la fine dell’esperienza di UniNomade 2.0 avviata nel 2011, con l’intento di rappresentare un ponte provvisorio (da qui il nome) verso un nuovo processo costituente del pensiero critico in relazione alle categorie del presente. Un pensiero, pur nella sua rigorosità, irriverente e non allineato.
Attualmente è un collettivo “virtuale” composto da più di 200 persone, interconnesse tra loro, che risiedono in varie parti del mondo. Una rete, dunque, di ricercatori e attivisti, accomunati da una pratica di ricerca militante, che origina dall’operaismo italiano a partire dai Quaderni Rossi degli anni Sessanta, fino alle più recenti teorie sul capitalismo biocognitivo. Si tratta di una realtà assai composita, aperta alla discussione e all’elaborazione collettiva, anche attraverso l’organizzazione di seminari che rappresentano momenti di confronto pubblico e di autoformazione, indirizzati a chiunque sia interessato/a a partecipare.
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Accademia Precaria presenta il n. 5 dei Quaderni di San Precario.
Piano Terra, mercoledì 22 ottobre 2014, a partire dalle 19.00
I Quaderni di San Precario, espressione del punto di vista precario, rivista autoprodotta dalla sapienza precaria, sono arrivati al n. 5. E’ un buon traguardo, senza dubbio. Ma ancora non ci basta.
Nel n. 5 continua la presentazione di lemmi della Piccola Enciclopedia Precaria (PEP) che, in questo numero tratta, tra gli altri, i temi della forma della repressione, meritocrazia, reddito, trappola della precarietà. Ma è sul tema, ambiguo e scottante, della meritocrazia che si dipanano alcuni contributi nella sezione “soggettività precarie”. Non possiamo negare che dietro il tema della “meritocrazia” si nascondano pulsioni e opinioni quanto mai ambivalenti, meccanismi di consenso ma anche forme di controllo dell’eccedenza e strumento della misura della condizione precaria.
Ma in questo numero si discute anche della condizione precaria degli “educatori senza diritti” delle cooperative sociali e delle lotte della logistica che hanno caratterizzato, con successo, la primavera scorsa. La sezione territori, infine, con il beneplacito di San Precario (apparso in sogno a perorare la causa del redito di base incondizionato), insiste nel trattare lo scottante tema dell’Expo 2015. Mancano 18 mesi al I° maggio 2015 ma i motori cominciamo già a essere oliati…. Saranno presenti i precari e le precarie che hanno reso possibile la pubblicazione di questo numero
Effimera nasce da un batticuore. Da un ritmo precario, incerto ma creativo, che ha preso avvio dopo la chiusura di UniNomade 2.0. Rappresenta uno dei nostri possibili approdi, antidoto alla diaspora del general intellect che ha fornito, generosamente, linfa vitale a quel progetto. Un contributo di intelligenze e di esperienze politiche, fra loro diverse e eterogenee, che mantengono comunque alcuni elementi comuni: la passione per la discussione critica del presente e la necessità di cercare risposte alternative, non banali e non allineate al pensiero dominante, all’interno della più grande crisi di valorizzazione che la storia del capitalismo ricordi.
La metodologia di analisi e di elaborazione teorica da cui siamo partiti si radica nel pensiero operaista italiano degli anni Sessanta che, nella sua critica post-operaista degli anni Novanta, trova la sua compiuta ragion d’essere. Abbiamo attraversato i deserti creati dalla precarizzazione esistenziale, siamo noi quei precari felicemente orfani di molti apparati (la fabbrica, l’università, lo stato, il partito), che scrivono e agiscono in prima persona dietro spinta del desiderio di indagare, di inchiestare e di con-ricercare la dinamica dei rapporti sociali ed economici che hanno portato, negli ultimi trent’anni, a una metamorfosi irreversibile del processo di accumulazione capitalistica nel nuovo millennio.
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Il mondo che conoscevamo solo fino a qualche anno fa è crollato davanti ai nostri occhi. La situazione italiana lo mostra in modo evidente. Il tessuto sociale è andato in mille pezzi.
C’è però la possibilità che dalla rottura di questi legami si crei energia e si sprigionino nuove forze dalla rivendicazione di bisogni e desideri.
La Mayday nasce da qui. Qui trova ogni anno la forza per prendere e farsi prendere per mano da decine di migliaia di persone, come è accaduto il 1 maggio 2013.
Una Mayday che, da sempre, assorbe quanto le accade intorno e per questo muta.
Soprattutto in questi ultimi anni, così difficilmente ascrivibili in esperienze già vissute. Prima hanno provato a sedarci con la logica dell’austerità, facendo saltare ogni livello della rappresentanza; ora ci riprovano con la logica della pacificazione nazionale, con il risultato di sancire definitivamente la distruzione di ogni patto sociale e quindi legittimare da una parte lo smantellamento totale del sistema di welfare e dall’altro favorire l’estensione della condizione precaria a tutti i settori della popolazione.
Quest’anno la nostra narrazione ha preso di mira la trasformazione neoliberista dei territori, esemplificata a Milano e in Lombardia da EXPO 2015. Un grande evento capace di ridisegnare politiche territoriali, finanziarie e lavorative. Un avamposto ideologico del capitale, un precipitato che sottende gestione mafiosa e affaristica dei finanziamenti pubblici, sbancamento di territori vivi e politiche aziendali volte a imporre ai lavoratori condizioni di ricatto, che durante questa Mayday abbiamo riassunto in tre parole -debito, cemento, precarietà- e in un carro comune, quello di apertura, chiassoso, comunicativo e militante, caratterizzato dalla rilettura del Monopoli nella versione critica improntata su EXPO a Milano chiamata Expopoli(s).
La Mayday013 ha articolato vertenze lavorative e lotte territoriali reali, costruendo una piattaforma concettuale e di conflitto che vuole arrivare al 1 maggio 2015, giorno di apertura dei cancelli di EXPO. E lo fa cercando e trovando un nuovo percorso -oggi quartiere Isola-Porta Nuova, domani i cancelli di EXPO- nuove parole e la partecipazione di una massa critica tale da non poter venire ignorata.
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