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pubblicato il 11.11.15
Bologna Slla giornata dell'8 novembre e la manifestazione di Salvini
·
Salvini è servito..invasione respinta!

Doveva essere il lancio della campagna elettorale della destra italiana verso le amministrative, è stata una giornata importante di riscossa della città meticcia, antirazzista e antifascista; passa alla storia come un 8 novembre che scalfisce e fa passare in secondo piano l'agognata vetrina elettorale di Salvini rispetto all'accoglienza riservatagli da una Bologna intollerante al suo messaggio reazionario.

Se il neo ducetto padano pensava di costruirsi un palcoscenico in città, tutti i giornali e i telegiornali parlano invece della dura opposizione che l'ha contrastato per tutta la giornata. E mentre i leghisti riprendevano i loro pullman per fare ritorno alle loro case a chissà quanti chilometri di distanza, la bandiera verde della Lega bruciava in piazza Maggiore a simboleggiare la fine di una parentesi di poche ore ad una storia quotidiana completamente differente, resa viva da una giornata importante di lotta e resistenza popolare, di opposizione diffusa e con importanti picchi di conflitto agiti dalle lotte sociali cittadine.


Era da tempo che il progetto leghista a trazione salviniana aveva individuato nell'8 novembre a Bologna il momento in cui dare la sterzata finale alla propria campagna propagandistica per ricollocarsi nello scenario politico italiano. Dopo un anno in cui in tutte le città la presenza del leader che inneggia al primatismo italiano ha trovato una costante opposizione - che ne ha sempre messo in discussione l'agibilità politica - Salvini aveva lanciato una tre giorni per "bloccare l'Italia".


A conti fatti, si è reso manifesto come oltre alle presenze televisive (garantitegli da Pd e Berlusconi) la Lega sui territori conti - a parte che nelle sue storiche roccaforti lombardo-venete - semplicemente zero. A parte qualche sparuto volantinaggio qua e là, l'evento si è infine tutto concentrato sulla kermesse elettoralistica della domenica nel capoluogo emiliano. Preceduto da dichiarazioni altisonanti ("sgombereremo Bologna dalle zecche rosse", "troveremo solo pochi scalmanati a contestarci"...), l'appuntamento felsineo voleva essere da un lato una nuova Pontida, un raduno del popolo leghista, e dall'altro un momento per catturare l'attenzione mediatica e lanciare il nuovo carrozzone elettorale del centro destra verso la prossima tornata di elezioni amministrative.


Così non è stato. All'appello alla Difesa di Bologna c'è stata una risposta importante, forte e molteplice. Migliaia di persone hanno presidiato la città: dalle centinaia stanziatesi al Pratello, storico quartiere antifascista della città, alle decine di gruppi di cittadini che hanno messo in difficoltà le truppe leghiste non appena tentavano di mettere il naso fuori dalla cintura creata loro attorno dal migliaio di celerini presenti a gestire l'ordine pubblico; passando per le contestazioni giunte sin in piazza durante il comizio delle destre e alle azioni diffuse nella città. E ovviamente, con il grosso corteo delle lotte sociali cittadine dove migliaia di persone tra studenti e giovani, occupanti di case, sindacalismo di base e varie forme dell'associazionismo cittadino sin dalle 10 del mattino hanno bloccato il ponte Stalingrado, cerniera tra il centro e la periferia, per disturbare l'arrivo dei leghisti.


Su questa piazza si è concentrata l'attenzione maggiore delle forze dell'ordine, che hanno tentato di impedire al corteo di muoversi verso il centro. Dopo tre pesanti cariche contro i manifestanti, lo scenario cambia con l'arrivo in porta Mascarella, ai piedi del ponte, di un altro corteo, partito da piazza XX settembre: trovatasi circondata, la polizia carica a quel punto su entrambi i lati. Su ponte Stalingrado si conteranno alla fine cinque cariche, che però non riescono scalfire di un millimetro la determinazione dei manifestanti. Mentre da porta Mascarella due cortei ripartivano, il corteo di Stalingrado ha aggirato da porta San Donato il blocco poliziesco ed è giunto sino a piazza Verdi, cuore della zona universitaria: da lì è poi riuscito a riconquistare piazza Maggiore, dove sino a poco prima si erano concentrati i leghisti.


Salvini esce così battuto politicamente, col suo fazzolettino verde al collo e il suo tentativo di porsi come forza nazionale che si è invece trovato di fronte la riscossa e la dignità di una città che, pur in un autunno complessivamente complicato per i movimenti, è riuscita a produrre passaggi importanti di lotta. Dal 2 ottobre con i tafferugli sotto Unindustria agiti dagli studenti medi contro l'alternanza scuola-lavoro voluta da Renzi, passando per le lotte universitarie contro il nuovo ISEE; elevandosi con la settimana di conflitto contro lo sgombero dell'Ex Telecom ed esprimendosi in decine e decine di iniziative contro l'invasione leghista negli ultimi dieci giorni. L'8 novembre segna dunque un nuovo passo in avanti per il consolidamento e il rilancio di un'ipotesi antagonista nei territori contro l'austerità e le varie facce di chi si propone come gestore della crisi.


Siamo sicuramente ancora solo ai prodromi di un'ipotesi di reale consolidamento di un movimento di classe in città, ma nelle ultime settimane a Bologna si sono scatenate molteplici energie liberogene, capaci di mettere in moto pezzi variegati di corpo sociale: dall'ormai nota presenza nel mondo della formazione e l'importante sciopero nei magazzini della logistica, passando per la più recente effervescenza del movimento di lotta per il diritto all'abitare... molti nuovi pezzi di città si stanno mettendo in gioco.


Dentro questo schema ancora frastagliato e in divenire, ci pare che una scommessa vincente sia stata quella di insistere sull'elemento della territorialità: così come si era visto anni fa nella Val di Susa che rispondeva al leghismo di Cota con le bandiere piemontesi e il detour del "Padroni a casa nostra"; così come a Palermo le bandiere siciliane avevano accolto il leader leghista; così come a Pisa è l'identità dei quartieri popolari che costruisce l'opposizione alla presenza leghista nei territori... anche la costruzione di una giornata di resistenza popolare giocata sulle corde produttivamente contraddittorie di una Bologna meticcia che rivendica la sua appartenenza contro l'invasore esterno pare una scommessa vinta. E' infatti soprattutto su questo terreno che si fa male per davvero all'ipotesi leghista di consolidamento di un blocco sociale reazionario.

Le lunghe ore di resistenza sul ponte Stalingrado indicano che in questo paese l'unica vera opposizione sociale è quella che si costruisce nelle lotte. Dentro l'apparente afasia dei movimenti è necessario approfondire le linee di conflitto presenti nei territori e sperimentare nuove forme di comunicazione, di conflitto e di presenza nel sociale. Per accompagnare quella torsione in corso che, con tempi apparentemente lunghi ma forse anche fugaci, visti dall'alto della Storia, ci accompagnano dalla stagione dei "movimenti" ad un nuovo corso della lotta di classe che sobbolle invisibile nei quartieri, ma che tante scintille sparse possono far esplodere.

Liber* tutt* e adelante!

http://www.infoaut.org/index.php/blog/editoriali/item/15848-salvini-%C3%A8-servito-invasione-respinta




Bologna, "the day after" In evidenza

Lunedì, 09 Novembre 2015 16:12


Una giornata di lotta importante quella di ieri, in cui si è sostanziato un passaggio necessario a cui tutti noi abbiamo lavorato in queste settimane, intenzionati a costruire una presenza importante di quei soggetti politici nazionali consapevoli dei tanti fronti della lotta di classe, risucendo a collegarli in una piazza animata dai semi del blocco sociale conflittuale felsineo. Un momento importante in un autunno politicamente tanto freddo quanto mai prima.

Ma partiamo dall'altra piazza, quella delle poche migliaia di più o meno affezionati che hanno applaudito i loro leader su un "crescentone" (il rilievo centrale di Piazza Maggiore a Bologna) pieno a metà, dopo mesi di chiamata alle armi, tenuti tutti insieme dal maxischermo su cui Valentino perdeva il motomondiale per un soffio.

Berlusconi richiama la foto di famiglia del '94, quando proprio da un ipermercato dell'hinterland bolognese aveva lanciato il progetto elettorale con cui si sostanziava uno dei soggetti politici protagonisti della Seconda Repubblica, quel trio Silvio, Umberto, Pierferdi che avrebbe governato a lungo (...è bene ricordarlo anche a un Salvini la cui memoria è limitata alla durata dei suoi interventi in tv e all'apparizione dei suoi tweet). Ma, politicamente parlando, qua inizia e anche finsice l'analogia con la situazione attuale.

L'evidenza di ciò non è data tanto dai fischi (mossi dalla noia, più che dalla contestazione) piovuti sul Cavaliere, dal tablet con cui si accompagnava Salvini contro il più tradizionale grande foglione di Berlusconi, ma è tutto sintetizzato in un'altra battuta: l'ex premier ripropone più e più volte la nota centrale del suo programma di governo, l'eliminazione dell'Imu sulla prima casa. Ecco, considerando che fra pochi giorni questa disposizione sarà realtà come voluto questa estate dal governo Renzi, e tralasciando l'età che certamente non aiuta più Berlusconi a orientarsi con agilità nel panorama attuale, possiamo constatare solo una cosa: la destra, quella così retriva da opporsi anche alle patrimoniali, è già al governo. La costruzione del Partito della Nazione, capace da solo di abbracciare l'arco politico che va dalle rivendicazioni dei diritti civili di una sinistra che altrimenti si organizza nella solita "cosa rosa" destinata al fallimento, fino alle rivendicazioni del fu centrodestra, è tenuta insieme dal perno centrale dello smantellamento di ogni residuo della costituzione materiale su cui si poggiava il compromesso di classe dal dopoguerra in poi. L'Unione Europea, e l'agenda politica dettata dagli interessi del grande capitale multinazionale e finanziario, sono entrate nelle nostre vite, e il PD ne è il suo vettore nazionale.

Questo ci dice qualcosa sulla giornata di ieri, a partire appunto dalla piazza della nostra controparte. Ci dice che la "tigre di carta" di Berlusconi non è più lo spauracchio a destra contro cui lanciare la nostra indignazione, perchè oggi un carrarmato d'acciaio ha già invaso le stanze del potere. Ci dice che chi aveva realmente dalla sua gli strumenti, la classe dirigente e l'appoggio trasversale per completare la normalizzazione dell' "anomalia italiana" era quel PD oggi al governo: e allora Salvini, l'uomo e il partito a cui ieri è stata consegnata definitivamente la staffetta della leadership della destra reazionaria, chi e cosa rappresenta? E' il rappresentate italico di quell'eurofascismo che caratterizza formazioni come il Front National, la voce arrabbiata di quel segmento di borghesia momentaneamente sconfitta dalla costruzione dell'entità statuale europea. Essa non si gioca realmente la competizione per il comando, al quale qualora giungesse non avrebbe comunque bisogno di imporre brusche sterzate rispetto al corso attuale (sebbene un fascioleghista al posto di Alfano non sia proprio un desiderio a occhi aperti per chi pratica il conflitto sociale in questo paese...). Basti vedere l'atteggiamento molto più conciliante di Lega&Co. manteuto nei confronti delle istituzioni europee dopo l'insediamento del governo Syriza 1.0. Questa compagine, sociale e politica, tende a serrare però ugualmente le fila, cercando di imprimere la sua funzione sul governo attuale, quella di accelerare la lotta di classe dall'alto contro il mondo del lavoro e del non lavoro, senza badare a fronzoli del politically correct e legittimando la definitiva chiusura degli spazi democratici, mentre tenta allo stesso tempo di raccogliere consensi tra le fasce popolari, nelle quali la sinistra di classe non è mai stata così debole. Una funzione quasi istituzionale dell'eurofascismo, e per questo tanto legittimata dai suoi (presunti) competitor attualmente al potere.

Una situazione che ha quindi molto di nuovo, e che ha visto necessaria la costruzione di una piazza che sappia fare dell'antifascismo un elemento cardine dell'identità del futuro soggetto politico capace tanto di rappresentare gli interessi popolari quanto indicare il punto più avanzato sul piano della rottura con le compatibilità del presente, quel soggetto assente e di cui abbiamo urgente bisogno. Declinare oggi l'opposizione alle destre nello scenario reale che abbiamo di fronte è un elemento ulteriore su cui chiamare a raccolta le periferie metropolitane e le periferie d'Europa, perché escano dal ghetto e possano trovare una linea comune con cui riproporsi come soggettività con interessi sociali specifici che trovino quantomeno modo di esprimersi nell'agone politico, se non sono al momento certamente attrezzatte per imporre la lora linea.

Tanti sono stati i modi e le forme in cui si è materializzato il dissenso nella giornata di ieri, e ancora una volta il dato più importante con cui ci troviamo a fare i conti è la palesazione di un'eccedenza popolare non inscrivibile nei ristretti cerchi dell'antagonismo organizzato, così come avevamo avuto modo di dire dopo l'importante mobilitazione romana del 28 febbraio. Un senso comune fondamentale e dal quale ripartire, palesatosi ad esempio in proteste spontanee di singoli e gruppi contro i leghisti che scorrazzavano in città e intorno alla piazza. Un'identità politica che si è dimostrata da un lato più avanzata della miopia di chi non è voluto scendere in piazza (pensando forse che opporsi al fascioleghismo non sia necessario in un contesto di crisi sistematizza dalle tecnocrazie europee), e dall'altro più conflittuale di chi pensa di poter costruire l'opposizione al costituendo blocco reazionario sulla base del mero antirazzismo e antifascismo annacquati per risultare accettabili alle orecchie di una composizione sociale diversa da quella a cui pensiamo ci si debba rivolgere per tentare percorsi di rottura.

Noi ripartiamo da qui, soddisfatti per quel che è stato fatto con i tanti che si sono messi a disposizione di un percorso interessante, impazienti di costruire molto di più e di andare sempre più in là, unica condizione per tornare a essere "utili" al blocco sociale che pretendiamo di organizzare.

Non possiamo che chiudere dimostrando tutta la nostra solidarietà ai fermati durante le proteste di ieri.

Rete dei Comunisti
Collettivo Putilov (Firenze)
Campagna nazionale Noi Restiamo
Rete nazionale Noi Saremo Tutto
Rossa - movimento anticapitalista
Fronte Popolare


http://contropiano.org/politica/item/33933-bologna-the-day-after




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