Bergamo – La parola d’ordine è emergenza. Se non viene bloccata una strada, se nessuno si barrica dentro un centro di accoglienza, se nessuno alza la voce, allora l’emergenza non esiste più. I profughi possono tornare nel silenzio che li ha avvolti fino ogni qual volta la dignità umana non prendeva forza.
Ma questi sono giorni cruciali per i migranti accolti nelle strutture di accoglienza. Per molti di loro è iniziato il conto alla rovescia perchè l’ospitalità è quasi finita. L’emergenza per il governo terminerà a fine febbraio e quindi ognuno sta cercando disperatamente qualsiasi occasione per poter lavorare. Chi è venuto con i propri familiari sta cercando di riunirsi, dato che frequentemente sono stati divisi in strutture di accoglienza differenti, spesso in città diverse. Molti stanno già andando all’estero perchè oggi le prospettive, in un paese come l’Italia, sono scarse. Altri ancora, proveranno comunque a stare in questo paese.
In molti rimane l’amarezza per aver perso quasi due anni della propria vita, fermi ad aspettare prima l’esito delle commissioni per il riconoscimento dello status di profughi, poi un permesso di soggiorno arrivato a dicembre del 2012.
In Italia sembra che venga preferito e spinto un modello di gestione a corto respiro, rispetto a progetti che possano realmente integrare i migranti, subito dopo l’emergenzialità. L’emergenza richiede interventi drastici, nelle emergenze bisogna saper agire in fretta e quindi ad entrare in azione devono essere i “professionisti dell’emergenza”. Se dopo venti mesi la situazione non è ancora stata risolta, il problema non è poi così grosso: in fondo era un’emergenza cosa ci si sarebbe potuto aspettare. Quindi l’allarme è concluso e i soldi sono terminati, almeno fino alla prossima emergenza.
L’intervista è stata realizzata con un profugo accolto a Bergamo, che ha chiesto espressamente di non voler essere riconoscibile nel video.
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