#machetilamenti – Ho incrociato questa rubrica e voglio provare a rispondere a queste vostre due domande.
Ho 36 anni e sono un regista. Nel 2008 vengo chiamato per un colloquio presso un’ emittente televisiva satellitare con sede a Stezzano: Betting Channel. Mi presento candidandomi come regista, aprendo il fianco alla possibilità di lavorare come cameraman-operatore di ripresa. Sembrano seri, il colloquio avviene in pompa magna celebrando l’iniziativa editoriale. Sono presenti il responsabile tecnico e l’ispettore di produzione. Superata una prima fase nella quale definiamo le sfere di competenza (regia – ripresa – editing video) mi chiedono per quale cifra sarei disposto a lavorare con loro con un contratto a tempo indeterminato. Poi silenzio. Un paio di mesi dopo mi arriva una telefonata: “Inizi giovedi! Ti va bene?”
Mi presento nell’ufficio personale insieme al responsabile della produzione e subito mi viene presentato un contratto che non ha niente a che vedere con le condizioni che abbiamo definito in fase di colloquio: lo stipendio è inferiore alla cifra pattuita di una percentuale non trascurabile, è precario perchè dura solo un anno (con un mese di prova durante il quale entrambe le parti possono decidere di non rispettarlo) e descrive un elenco sterminato di mansioni definendomi come un generico tecnico inquadrato al livello più basso possibile. Però a voce mi promettono che al termine del contratto precario sarei sicuramente passato al tempo indeterminato.
Col senno di poi avrei dovuto andarmene insultandoli il primo giorno.
Decido di rimanere.
Le condizioni generali sono abbastanza rigide.
40 ore settimanali, un’ ora di pausa pranzo e due pause di 5 minuti durante il turno. I cinque minuti vengono calcolati da un tornello, ogni evasione viene sanzionata con un quarto d’ora di paga in meno.
Il posto è pieno di telecamere di sorveglianza quindi ho firmato un foglio di consenso (obbligatorio) nel quale veniva specificato che in nessun modo sarebbero servite per monitorare i dipendenti, ma solo la proprietà. Ho anche firmato obbligatoriamente un foglio in cui dichiaravo che ogni idea e prodotto scaturita da me sarebbe stata proprietà loro. Se scrivo un format figo in pratica, non posso venderlo a Magnolia, tanto per fare un esempio, ma sono costretto a darlo a loro.
Più il tempo passa più le condizioni si inaspriscono. Con il continuo ricatto di un non rinnovo a fine anno i turni vengono moltiplicati e spezzati. Mi ritrovo a fare 60, 70 anche punte di 75-77 ore settimanali.
Gli straordinari sono obbligatori e chiaramente non retribuiti grazie a un meccanismo di bonus presenza e minimi garantiti con i quali non coprono neanche una minima parte delle ore supplementari che mi costringono a fare. Nei mesi invernali a cavallo tra 2008 e 2009 finisco le dirette serali sul Poker on line uscendo alle tre/quattro di notte e mi ritrovo in regia con le dirette del sabato mattina alle 9. I miei turni vengono spezzati in due a volte tre tronconi. Vado al lavoro alle sei del mattino per la diretta del TG delle 7.30. Dopo il tg me ne torno mestamente a casa oppure rimango fino all’inizio del TG delle 13.30.
Poi rientro per le dirette pre serali e per il prime time oppure per la seconda serata. Ricordo che a seguito di una diretta straordinaria dove feci tre turni in fila a fine mese mi arrivò una mancia di 50 euro con allegato messaggio riportato dal responsabile della produzione: “però non fateci l’abitudine”.
Ripensandoci ora davvero non capisco come abbia fatto a continuare a ingoiare rospi per tutto il tempo in cui ho lavorato in quel posto. Complessivamente direi che eravamo trattati tutti come schiavi.
L’atteggiamento era chiaro: siccome ti do uno stipendio tu sei mio e fai quello che dico io.
Ricordo una riunione convocata dall’editore in cui accusava la redazione giornalistica interna che loro volessero il privilegio del dipendente, cioè la garanzia di uno stipendio fisso, insieme alla libertà dei liberi professionisti. Può anche darsi che avesse ragione nella critica ai redattori fattosta che nella bufera del braccio di ferro tra redazione e editore ci finiamo noi, reparto tecnico-produttivo-artistico e finisce che siamo noi quelli costretti a lavorare
come liberi professionisti che si accollano ‘tutto il necessario’ per chiudere ogni lavoro ma con la sfiga del dipendente, uno stipendio fisso, che non si alza mai insieme al numero delle ore.
Perchè un regista è questo che fa, si fa il culo finchè non ha finito, non guarda che ore sono. Però che io faccio il regista non ci sta scritto da nessuna parte e lo stipendio che prendo non è quello che prende un regista. E non ho nemmeno l’autorità di tutelare la mia squadra dagli abusi della produzione, perchè un regista deve fare anche questo. Il malumore aumenta sempre di più e la lucidità evidentemente diminuisce perchè a fine anno accetto un secondo contratto precario. La stagione sembra professionalmente interessante.
Mi viene assegnata la regia della trasmissione ammiraglia, tutte le domeniche 4 ore di diretta sulla serie A con una nota giornalista italiana. Mi viene assegnata la regia dello show pre serale, tutti i giorni dalle 19 alle 20, e mi danno anche la trasmissione del sabato sulla serie B (altre 4 ore di diretta che vi assicuro ammazzerebbero un toro). In aggiunta facevo da tecnico di regia e da fonico per la trasmissione di prima serata settimanale e poi c’erano una serie di trasmissioni minori la cui produzione veniva smistata sui turni in maniera semi casuale. Chi è in turno la fa, in pratica.
Il secondo anno passa più o meno come il primo ma in un clima di inasprimento generale veramente poco sostenibile.
La redazione intera inizia una guerra di resistenza con l’editore durante la quale si mette in sciopero e malattia permanente per più di 4 mesi. Noi siamo allo sbando, siamo un gruppetto piccolo, nessuna associazione o categoria o sindacato ci protegge. Siamo in balia dell’arbitrio e dell’abuso. Continuamente piovono dall’alto mail collettive in cui i dipendenti vengono attaccati, insultati, dileggiati, invitati ad andarsene con espressioni tipo: “in questo ristorante si mangia così, se non ti piace te ne puoi andare”. Davvero il clima già dall’inizio poco piacevole era diventato insopportabile. In aggiunta sono subentrati problemi economici, gli stipendi ritardano o a volte non arrivano proprio ma sempre e comunque l’atteggiamento padronale dimostrava tutta la sua arroganza. Le telecamere che ci circondano e che non servivano per monitorare i dipendenti sono spesso la fonte di rimproveri e richiami, ad ogni minimo passo falso venivano spedite lettere di richiamo. Ho preso un treno verso un’emittente di livello superiore che però si è ben guardata dall’assumermi, ma questa è un’altra storia, quella dei liberi professionisti e delle partite iva vere, finte e simulate. Credo che tutta la redazione giornalistica (saranno stati una quindicina se non ricordo male) siano in causa con l’editore dopo essere stati tutti licenziati una volta rientrati dallo sciopero e dalla successiva malattia. Per quanto riguarda il reparto tecnico più della metà dei dipendenti ha fatto vertenza contestando livello di inquadramento e straordinari. Il mio avvocato ha ricevuto risposta dall’ufficio legale dell’azienda che accusava lui e me di mettere in atto pratiche di strozzinaggio per aver cercato una mediazione economica.
Attualmente non so se siano ancora in onda, non mi va neanche di controllare.
p.s. no infatti non mi lamento. E’ solo cronaca. Colpa mia che ho accettato ogni abuso. Ho imparato la lezione, non lo faccio più.
[…] Continuano i miei racconti del terrore: dopo il racconto intitolato “Lavorare in tv, regia di uno sfruttamento” voglio raccontare la mia breve, anzi brevissima, disavventura nel mondo del […]
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Lavorare in Tv: regia di uno sfruttamento | BGREPORT