Per capire quello che succede a Cagliari sara' utile anche guardarsi un po' attorno? Cambi citta' e il copione e' lo stesso, fatti analoghi avvengono un po' dappertutto nella nostra bella italietta. Bellissimo e condivisibile in pieno il documento degli imputati di Genova, alla faccia dell'italietta dei "furbi" e dei tengo-famiglia. La misura e' colma. Da imputato a imputato, massima solidarieta' Imputat-B
IL 2 DICEMBRE SI È SVOLTA LA SECONDA UDIENZA DEL PROCESSO A ERRICO E PAOLO, ARRESTATI IL 07 GIUGNO A GENOVA DURANTE UN RASTRELLAMENTO DI AMBULANTI ITALIANI E STRANIERI. LA PROSSIMA UDIENZA È PREVISTA PER L'11 MARZO 2005.
Piazza, bella piazza...
Il potere non si regge sulla violenza, è esso stesso violenza.
LUNEDÌ 07 GIUGNO ci stavamo recando in p.za Raibetta a Genova per un'iniziativa contro la prossima commercializzazione del Ritalin, uno psicofarmaco per bambini "troppo vivaci". Arrivati in piazza abbiamo assistito alla seguente scena: Polizia, Digos, Vigili urbani e dipendenti Amiu, in gran accordo, provvedevano a una pulizia della piazza dagli ambulanti che solitamente vi si ritrovano, distruggendo le loro mercanzie e accerchiando gli stranieri per il controllo dei documenti. Istintivamente, insieme ad altri, abbiamo manifestato la nostra indignazione. Uno sdegno verbale che, tuttavia, ha creato particolarmente fastidio, o comunque avuto troppa risonanza nel silenzio circostante, quella zona grigia che caratterizza l'involontario pubblico delle frequenti retate poliziesche (specie di quelle a danno degli stranieri). Dev'essere per questo che, mentre decine di persone si stavano fermando per "capire" quello che purtroppo era evidente, Errico è stato immediatamente aggredito da tre, poi cinque, poliziotti in borghese che hanno subito tentato di caricarlo in una macchina. Dopo un disperato ma audace tentativo di sottrarlo all'arresto da parte di alcuni -tutti colpiti con calci, pugni e manganellate- è seguita una caccia all'uomo per i vicoli che ha portato all'arresto anche di Paolo.
Nel tempo passato in questura zelanti ispettori, che tra una gomma da masticare e l'altra firmavano decreti di espulsione a vita per gli stranieri senza documenti non sfuggiti a quella retata, si sono occupati di trasformare la nostra protesta in crimine. Hanno così preso forma i reati di "resistenza a pubblico ufficiale", "lesioni" (entrambe aggravate) e "danneggiamento" (della vettura) e in serata siamo stati entrambi trasferiti nel carcere di Marassi (Genova). La vicenda è quindi apparsa su giornali e media dei giorni successivi brillantemente riassunta nei titoli che tuonavano di auto distrutte e poliziotti feriti (!). Un resoconto inverosimile, anche solo dal punto di vista dell'asimmetrico rapporto di forze, allestito per giustificare e coprire quello che era avvenuto in piazza e la criminalizzazione che ne era seguita. Questa arbitraria e reale trasfigurazione dei fatti ha trovato una diretta complicità dei diversi giudici e magistrati che di volta in volta si sono espressi sulla vicenda, comportando per noi misure particolarmente restrittive anche in relazione agli stessi reati contestati.
Le motivazioni con cui il G.I.P Elena Daloiso (lo stesso giudice che ha disposto le custodie cautelari a danno dei 25 accusati di devastazione e saccheggio al G8 di Genova e firmato l'ordinanza di archiviazione dell'assassinio di Carlo Giuliani) ha inizialmente confermato l'ordine di custodia cautelare nei nostri confronti, pur concedendoci gli arresti domiciliari, ("indole violenta avvalorata da ideologia politica") e, successivamente, rigettato le nostre richieste di permesso per motivi di lavoro, si inseriscono perfettamente in un clima forcaiolo. Di identico registro anche quelle contenute nell'ordinanza di scarcerazione e sostituzione con l'obbligo di firma giornaliero alla P.G., emessa dal Tribunale del Riesame dopo un mese di detenzione e a tutt'oggi non ancora revocata: "si ritiene infatti che un forzato e frequente contatto con la P.G. [polizia e carabinieri], subito dopo la pur breve detenzione subita, sia un idoneo richiamo al rispetto delle forze dell'ordine". Il carattere disciplinare, oltre che punitivo di questi dispositivi emerge anche dall' "avviso orale" (così viene denominata dagli organi di polizia una vera e propria intimidazione sotto forma di ammonimento) che in questi giorni Paolo si è visto notificare dalla Questura genovese.
Nella loro assoluta discrezionalità questi provvedimenti possono colpire chiunque, anche in assenza di reati precisi. In pratica è sufficiente uscire anche di poco dall'angusto sentiero che definisce la condotta del "cittadino conforme" per essere esposti alla "messa al bando" come soggetti socialmente pericolosi e perseguitati giuridicamente. Questi provvedimenti, infatti, non costituiscono "l'eccezione o la degenerazione del sistema democratico" ma la routine delle procedure giuridiche e poliziesche attraverso le quali si afferma la continuità dello Stato. Una legalità democratica che, proprio attraverso gli strumenti del diritto, legalmente riconosciuti e socialmente accettati, comporta una "lezione" di galera e repressione nei confronti di chi non si adegua al conformismo politico, culturale e ideologico di una società ordinata, sicura e pulita. Insomma di chi con la libera espressione di idee e comportamenti crea "disordine".
L' attuale inasprimento delle misure di sicurezza risponde a un bisogno legalitario diffuso da media, istituzioni e politici sia di "destra" che di "sinistra". In nome del cosiddetto "ordine pubblico", la repressione, la censura, i divieti sono diventati il pane quotidiano di questo mondo, qualunque sia la forma di governo. Questa escalation sicuritaria di volta in volta costruita sullo spettro del nemico interno (il "clandestino", il "criminale", il "terrorista") rientra in uno di quegli ambiti in cui è richiesto sospendere ogni capacità critica. E, come si è visto negli ultimi tempi, non sono solo le varie anime del "movimento antagonista" ad essere nel mirino della repressione ma potenzialmente tutta la società. Che siano autoferrotranvieri in lotta per condizioni di lavoro migliori, o "cittadini esasperati dalle nocività industriali", che siano l'equipaggio di una nave che soccorre profughi alla deriva o i "soliti anarchici", l'avvertimento è per tutti. Ma in tutti sono anche le possibilità per non rassegnarsi a essere complici. Perché di fronte a un'organizzazione sociale che produce guerre, catastrofi, epidemie, paura, precarietà e disperazione anche un solo atto di ribellione può essere contagioso!
Contro ogni gabbia La solidarietà è un'arma Due disertori della "zona grigia"
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