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Papa Benedetto XVI attacca la tolleranza - La dittatura dell'assolutismo relativistico
by zed Saturday, Jul. 23, 2005 at 4:24 PM mail:

sono passati di moda il comandamento biblico "non uccidere" e la serie di pacifici sentimenti espressi nel Sermone della Montagna: "ama i tuoi nemici, fa del bene a chi ti odia", con un profluvio di parole come "misericordioso" e "perdono", la raccomandazione per la quale le persone dovrebbero "togliersi il granello di polvere che è nel tuo occhio" e la richiesta che "il cieco possa accompagnare il cieco" (Luca 6:27-42). Dal momento che l'aggressione imperialista può richiedere la menzogna e l'appropriazione della proprietà altrui, anche i comandamenti "non portare falsa testimonianza", "non rubare" e "non desiderare la roba d'altri" sono stati messi da parte da Bush e dalla Destra cristiana, almeno per quanto riguarda la politica estera dei repubblicani. Questa è una cristianità che ammazza amichevolmente il prossimo

Giugno 2005 Volume 18 numero 6
Z Magazine Online

La dittatura dell'assolutismo relativistico
Papa Benedetto XVI attacca la tolleranza.

Edward S. Herman






Le forze dell'irrazionalismo pretendono di portare moralità nella conduzione degli affari pubblici e privati: una moralità fondata sulle verità rivelate da Dio in opposizione a quello, che il recentemente eletto papa Benedetto XVI ha chiamato "la dittatura del relativismo". Si tratta di una potenziale minaccia alla semantica, ma poche puntualizzazioni possono far chiarezza.

Viviamo in un'epoca al di là di Orwell - e al di là della maleducazione -, in cui la tecnologia avanza in maniera costante, ivi compresa la tecnologia militare, come pure il software e l'hardware non militare, nello stesso tempo in cui forze irrazionali, ivi compresi modelli di pensiero e principi risalenti ad epoche pregalileiane, influenzano profondamente l'agire politico e minacciano la democrazia, il benessere umano e perfino la sopravvivenza della vita umana e delle forme di vita non umane. Le forze dell'irrazionalità si intrecciano bene con gli interessi economici, perché la dominazione politica di questi ultimi si incardina sullo sviamento dei normali cittadini dalla preoccupazione per i propri interessi (per non citare i veri interessi della società), distogliendone l'attenzione dal fluire delle decisioni politiche e delle pratiche economiche. La comunità finanziaria è alleata e sostiene gli irrazionalisti, come uno dei suoi strumenti per il potere, facendo un calcolo costi-benefici a breve termine esente da preoccupazioni di carattere sociale e senza dare molto peso ai rischi di perdita di controllo sugli irrazionalisti e alle possibili catastrofiche conseguenze della "fine dei tempi".

Le forze dell'irrazionalismo pretendono di portare moralità nella conduzione degli affari pubblici e privati: una moralità fondata sulle verità rivelate da Dio in opposizione a quello, che il recentemente eletto papa Benedetto XVI ha chiamato "la dittatura del relativismo". Si tratta di una potenziale minaccia alla semantica, ma poche puntualizzazioni possono far chiarezza. Relativismo è una parola con connotazioni e significati diversi, ma nel suo uso popolare emergono due significati o implicazioni: uno è che il relativismo implica che, in alcuni settori, le regole non siano completamente rigide e controllabili di modo che, in base alle circostanze, possono essere fatte delle eccezioni; un secondo significato o implicazione è che il relativismo tende a essere associato con la tolleranza nei confronti di principi o di punti di vista alternativi. Al contrario, l'assolutismo implica regole rigorose senza eccezioni.

Sulla base di questa struttura della definizione sembrerebbe verosimile che i relativisti - nell'area dei giudizi morali - sostengano la dittatura meno degli assolutisti, dal momento che sono più tolleranti nei confronti di punta di vista alternativi ai loro, consentano eccezioni sulla base delle condizioni individuali e avvertano meno di altri un'irresistibile urgenza a dettare a tutti un comportamento appropriato. La dittatura è molto più adatta a uno stato d'animo assolutista, dal momento che molte persone non sono d'accordo con i principi dell'assolutismo e dovrebbero essere costrette a accettarlo. Se non è possibile tollerare il dissenso, che viola principi indiscutibili, si devono spazzar via i giudici e i legislatori, che sostengono o permettono il dissenso e si devono chiudere o mettere a tacere i media e gli intellettuali che sono d'impiccio ai comportamenti morali. È chiaro che la democrazia ostacola l'egemonia dei principi assolutisti.

La citata definizione del papa delle tendenze liberali odierne come "dittatura del relativismo" è una contraddizione in termini, mentre in effetti si duole per la tolleranza e per non riuscire a imporre una dittatura - dei suoi principi -, un fallimento che, come il suo predecessore ha spiegato, "è caratterizzato da un relativismo religioso che porta a credere che 'una religione valga l'altra'" (papa Giovanni Paolo II, 1990). Come il cardinale Joseph Ratzinger, ora papa, indicava nel 2000, "con l'avvento del Salvatore Gesù Cristo, Dio ha voluto che la Chiesa fondata da lui fosse lo strumento per la salvezza dell'umanità (vedi Atti 17:30-31)... In verità, alla Chiesa, guidata dalla carità e dal rispetto per la libertà, si deve affidare soprattutto la proclamazione a tutte le persone della verità definitivamente rivelata dal Signore e l'annuncio della necessità della conversione a Gesù Cristo e dell'adesione alla Chiesa attraverso il Battesimo e gli altri sacramenti, al fine di partecipare pienamente alla comunione con Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Quindi, la certezza della volontà salvifica di Dio non fa venir meno, bensì rafforza il dovere e l'urgenza della proclamazione della salvezza e della conversione al Signore Gesù Cristo!" (Cardinale Joseph Ratzinger, Congregazione per la Dottrina della Fede, 2000). Questa è la proclamazione di una dittatura di una e di una sola vera chiesa.

La gente di destra che denuncia regolarmente i liberal come relativisti privi di fermezza morale, che usano doppi standard, è frequentemente essa stessa composta da ultra-relativisti, che vogliono usare ogni argomento a sostegno di posizioni, che sposano con passione. Con strabiliante ipocrisia i redattori del Wall Street Journal versarono le più amare lacrime sulla "gente senza speranza", gli "spaventosi" armamenti e i bambini probabilmente vittime della "pioggia gialla" nel Laos dei primi anni 1980, accusando di malvagità il nemico sovietico. Dall'altra parte, giustificarono, senza esprimere una sola parola di compassione, le diverse centinaia di bambini salvadoregni uccisi dal battaglione Atlacantl, addestrato dagli USA, a El Mozote nel dicembre del1981 e giunsero persino a attaccare duramente il giornalista del New York Times, Raymond Bonner, per non aver accettato a proposito la spiegazione ufficiale dell'incidente ( che, senza scusarsi, alla fine i redattori ammisero - ovviamente al momento giusto - essere una bugia). Gli stessi redattori non batterono mai ciglio sull'uso massiccio in Vietnam di armi chimiche come defolianti delle coltivazioni e delle foreste o su armi spaventose, quali il napalm e le bombe a grappolo, che il loro governo usò laggiù. L'unica differenza fra i due casi è che la "pioggia gialla" erano escrementi d'ape, non armi chimiche, mentre gli attacchi chimici al Vietnam erano reali e con un alto costo di vittime.

Il relativismo implicito nel doppio standard è una caratteristica generale dell'establishment e del pensiero di destra. Per l'establishment, gli accordi internazionali, la legge e le regole dell'ONU sono applicabili all'Iran e agli altri obiettivi degli USA, ma non agli USA e ai loro clienti. Per la destra, le bugie di Carter a proposito dell'affare Lewinsky erano una violazione del comandamento biblico (e la difesa di un comportamento immorale), mentre le bugie in serie di Bush sull'Iraq come minaccia incombente venivano da un uomo moralmente corretto per una buona causa e, pertanto, potevano essere ignorate. Il sostegno degli interessi dei neri è un'intollerabile preferenza e una discriminazione, ma l'ampio appoggio di fatto agli interessi dei bianchi nella struttura sociale e politica non viene riconosciuto come discriminazione. Il relativismo e il doppio standard sono parte della struttura profonda della società, dell'establishment e del pensiero della destra USA.

Per i principi assolutisti ci sono diversi altri problemi, che si possono facilmente vedere allorquando prendiamo in esame la loro applicazione. Uno è che, come nel corso degli anni cambia la società, così cambiano i comportamenti e le credenze sulla base dell'esperienza e di nuovi modelli di esistenza e di relazioni sociali, che rendono i principi originari obsoleti e degni di obiezioni sul piano morale. Quando fu scritto l'Antico Testamento, la schiavitù umana era ampiamente praticata e la bibbia suggerisce un'approvazione morale della schiavitù. Fin dall'inizio ciò era in contraddizione con le altre norme morali, che facevano dutti gli uomini fratelli (sic!) fra di loro. Col passare del tempo, elementi più umani nei sistemi di pensiero religioso, con l'evoluzione dei costumi, fecero della schiavitù umana un simbolo di male morale nella maggior parte del mondo e in gran parte del pensiero religioso. Mentre negli Stati Uniti prima della Guerra Civile la schiavitù era ancora praticata, i suoi sostenitori potevano citare la bibbia, per dimostrare l'approvazione divina dell'istituzione, ma per la gran parte dei cristiani questo testo biblico cessò di essere assunto letteralmente.

Un'altra considerazione è relativa al pagamento degli interessi. Seguendo Aristotele, in moltissimi testi cristiani, per molti secoli, l'interesse era "usura", proibita e assolutamente immorale, specialmente nei casi di prestiti personali, in opposizione a quelli legati agli affari. I testi biblici, numerose prediche e scritti ecclesiastici su questo tema descrivono e condannano l'usura. Ma come è ben noto, con l'evoluzione del capitalismo e l'importanza dell'interesse nei meccanismi a esso funzionali, le proibizioni assolute vennero a poco a poco diminuenda e alla fine sono venute meno del tutto. Un'altra regola assoluta perse la sua autorità morale e la sua efficacia sul comportamento (si veda "Religion and the Rise of Capitalism" di Richard Tawney).

La bibbia contiene un vasto numero di passi e di affermazioni, che possono essere interpretati come istruzioni o regole morali e persino come affermazioni fondate sulla scienza naturale. Alcune di queste hanno causato alle chiese una certa quantità di situazioni imbarazzanti: ad esempio, l'approvazione della schiavitù, la condanna delle "streghe", che diede il fondamento morale per la tortura e l'uccisione di molte migliaia di vittime, principalmente donne, la nozione presuntamente divina, secondo cui il sole ruoterebbe attorno alla terra e la terra sarebbe il centro dell'universo, che fra l'altro fornì un parziale fondamento alla condanna di Galileo.

Questi e altri passi, come abbiamo visto, non vengono più considerati, benché la rinascita del pensiero e dell'attivismo della destra cristiana negli Stati Uniti e la versione biblica della biologia e dell'origine della vita (il "creazionismo") portino una significativa sfida alla teoria dell'evoluzione.

Nei rimanenti passi, che parlano di un corretto comportamento umano, alcuni sono ignorati e alcuni selezionati e enfatizzati appassionatamente come importanti regole morali. Come, con la maturazione del capitalismo, è venuta meno la regola sull'usura, così le ingiunzioni, che suggeriscono che per i ricchi sarà difficile entrare nel regno dei cieli ("Guai a voi, che siete ricchi", Luca 6:24), che lodano l'eguaglianza e esprimono grande preoccupazione per alleviare la povertà (II Corinzi 8), che attaccano l'oppressione dei poveri (Isaia 3), che invitano alla periodica redistribuzione delle ricchezze (gli Anni Giubilari, Levitico 25:8-33), sono ignorate e contravvenute da Bush e dalla Destra Cristiana. Bush e i suoi alleati della Destra Cristiana rappresentano una Cristianità amica del mercato.

Dal momento che gli Stati Uniti sono diventati un aggressivo stato imperialista militarizzato, sono passati di moda il comandamento biblico "non uccidere" e la serie di pacifici sentimenti espressi nel Sermone della Montagna: "ama i tuoi nemici, fa del bene a chi ti odia", con un profluvio di parole come "misericordioso" e "perdono", la raccomandazione per la quale le persone dovrebbero "togliersi il granello di polvere che è nel tuo occhio" e la richiesta che "il cieco possa accompagnare il cieco" (Luca 6:27-42). Dal momento che l'aggressione imperialista può richiedere la menzogna e l'appropriazione della proprietà altrui, anche i comandamenti "non portare falsa testimonianza", "non rubare" e "non desiderare la roba d'altri" sono stati messi da parte da Bush e dalla Destra cristiana, almeno per quanto riguarda la politica estera dei repubblicani. Questa è una cristianità che ammazza amichevolmente il prossimo.

Invece che concentrarsi sui Dieci Comandamenti o sul sermone della montagna, il papa e la Destra Cristiana hanno scoperto i grandi argomenti morali nella sfera dell'etica sessuale: i diritti degli uomini e delle donne, il divorzio, l'aborto, il controllo delle nascite e l'omosessualità. Papa Giovanni Paolo II, in contrasto con la Destra Cristiana, prestava almeno una seria attenzione alle tematiche relative alla povertà, alla corsa agli armamenti e alla guerra. Anche Benedetto XVI si oppone alla pena di morte e alla guerra d'aggressione.

Ma valutate un po' questa dichiarazione, tratta da una "lettera d'indicazioni" ufficiale, rilasciata dal cardinale Joseph Ratzinger a giugno dello scorso anno , in risposta a una posizione del clero USA critica sul diritto di scelta sostenuto dal principale candidato del partito democratico, per ricevere la nomination alla candidatura presidenziale. (Concepimento, santa comunione e principi generali: in l' "affare Kerry: quello che Ratzinger ha voluto dai vescovi americani", Sandro Magister, Chiesa Online, 3 luglio 2004). "Non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell'aborto e dell'eutanasia. Per esempio: se un cattolico fosse in conflitto col Santo Padre a proposito dell'applicazione della pena capitale o della decisione di fare una guerra, per questa ragione non sarebbe considerato indegno di accostarsi a ricevere la Santa Comunione. Seppure la Chiesa esorti le autorità civili a ricercare la pace e non la guerra e a esercitare indulgenza e grazia nella punizione dei criminali, può essere lecito prendere le armi per respingere un aggressore o per ricorrere alla pena capitale. Sul fare guerra e applicare la pena di morte, ci può essere fra cattolici una legittima diversità d'opinione; ma non ci può essere in nessun caso sull'aborto e sull'eutanasia".

Questo è proprio un caso di relativismo, che non permette eccezioni nella condanna morale dell'aborto e dell'eutanasia, ma le permette per la guerra e la pena capitale. Non si può uccidere un feto, anche se servisse a salvare la vita della madre, ma la Santa Comunione non verrà rifiutata ai guerrafondai, che uccidono milioni di persone, e ai governanti responsabili del mantenimento della pena capitale. Il 18 aprile scorso il papa ci ha detto. "Il relativismo è l'idea che i criteri di giudizio dipendono dal variare delle circostanze, non da una verità assoluta". In pratica quello, che ci offre sono misure morali selettive e criteri di giudizio relativistici, per quei principi morali che egli arbitrariamente declassa.

La crociata della Destra Cristiana sull'etica sessuale ha indubbiamente fornito un certo senso di sicurezza e di giustificazione morale a molti individui sconvolti dai rapidi e incomprensibili cambiamenti della realtà che impattano su di loro. Ma non c'è dubbio che questa rabbia sia stata deliberatamente stimolata e canalizzata in queste direzioni dai sofisticati sostenitori di politiche economiche reazionarie e di un imperialismo aggressivo e brutale. Sinceramente condivisa da molti, ha fornito il necessario diversivo dalla comprensione e dalla preoccupazione di quelli che sono i più autentici interessi individuali e sociali.




Documento originale The Dictatorship of Relativistic Absolutism
Traduzione di Giancarlo Giovine
Edward S.Herman è un economista e ha scritto numerosi articoli e libri. Dal 1988 collabora regolarmente ogni mese a Z Magazine.



http://www.zmag.org/italy/herman-dittaturarelativismo.htm

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Approfondimenti

di Edward S. Herman

Antiterrorismo come copertura del terrorismo

http://www.zmag.org/italy/herman-copertura.htm

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La gente là fuori
prova un "disgusto per la civiltà occidentale
e i suoi valori culturali"

http://www.altremappe.org/Herman-disgusto.htm

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La fabbrica del consenso

Chomsky Noam, Herman Edward S.

http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1452&isbn=8843801783


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I progressisti cattolici divisi su Ratzinger: “E’ reazionario. No, ci sorprenderà”
by tu chi sei:fiducioso o scettico? Saturday, Jul. 23, 2005 at 6:43 PM mail:

I fiduciosi.

L’abito non fa il monaco, recita un vecchio adagio popolare. Eppure l’abito bianco potrebbe fare il papa. In altre parole il nuovo vescovo di Roma Benedetto XVI potrebbe essere molto diverso dal prefetto Joseph Ratzinger, cane da guardia (sia detto con rispetto) dell’ortodossia cattolica. E’ quanto sperano diversi cattolici progressisti, nomi anche molto noti al grande pubblico. Raniero La Valle, esponente storico di quello che una volta si chiamava cattocomunismo, la vede proprio così: “Il primo atto del nuovo papa – scrive su “Liberazione” – è stato di discontinuità nella sorprendente scelta del nome”. Benedetto, infatti, è stato il nome del papa che condannò senza appello la prima guerra mondiale come “inutile strage”. Di più: “Chi non ha bisogno di dimostrare di essere ortodosso – continua La Valle – può avere più forza di un pallido innovatore”. E’ la speranza, in parte, condivisa anche da Dom Giovanni Franzoni, ex abate di San Paolo fuori le Mura , che sempre su “Liberazione” invita ad astenersi dalle previsioni e auspica un ridimensionamento del papato per favorire l’unità dei cristiani. E poi “Ratzinger è un conservatore intelligente”, dice il monaco benedettino. A proposito del nome scelto dall’ex cardinale, lo stesso pontefice si è riferito a San Benedetto da Norcia, patrono d’Europa e fondatore dell'ordine monastico più importante della cristianità. Un collegamento che può essere interpretato in diversi modi: da un lato San Benedetto è stato l’evangelizzatore dell’Europa occidentale, oggi "scristianizzata", per la quale Ratzinger sembra voler riprendere con forza la richiesta di inserire le “radici cristiane” nella costituzione; dall’altra San Benedetto fu profeta della pace, del monachesimo dell’ “ora et labora”, della “collegialità” nelle questioni ecclesiali. Ancor’oggi sono i monaci ad eleggere il loro abate. Del resto Ratzinger ha annunciato che si recherà a visitare la basilica di San Paolo, che è anche un monaster o benedettino, prim’ancora di prendere possesso di San Giovanni, la cattedrale di Roma. Un fatto inedito, anche perché San Paolo è da sempre la basilica del dialogo ecumenico, impegno che Ratzinger considera prioritario nel suo pontificato, e un luogo che gode di un’aurea progressista ancor’oggi, nonostante le rimozioni di Franzoni e poi del suo successore.
Proseguendo nella rassegna dei “vedrete, ci sorprenderà”, troviamo Nichi Vendola, neo governatore della Puglia: “Ratzinger è uno dei teologi più acuti, più raffinati e dal pensiero più potente che io conosca al mondo – dice a “Libero”, promuovendo anche l’invettiva contro il relativismo etico pronunciata prima di diventare papa – “l'espressione 'relativismo etico' nel mondo della guerra infinita, nel mondo della riproducibilità tecnica dell'orrore, nel mondo di Beslan, nel mondo del turismo sessuale, è un'espressione che io credo adeguata ad indicare un problema”. Accidenti.
Tra gli “eminentissimi signori cardinali” c’è n’è uno, da sempre considerato progressista (anche se recentemente ha virato verso posizioni più tradizionaliste), che prevede già le svolte del neo-pontefice. E’ Willian Kasper, presidente del consiglio pontificio per l’unità dei cristiani, che in passato ha avuto più di uno scontro teologico con il prefetto per la dottrina della fede. Dice Kasper: “Sarà il Papa della riconciliazione e della pace. Mi ha colpito anche il fatto che abbia parlato molto positivamente sulla collegialità, e sulle decisioni del Concilio Vaticano II, che vuole continuare a realizzare”. Un “centrista”, il card. Achille Silvestrini, una vera personalità, ha sentenziato: “Benedetto XVI non sarà Ratzinger. E' apertissimo e desiderosissimo di comprendere la realtà della chiesa e della società nelle sue dimensioni globali e profonde, e poi non dobbiamo dimenticare che l'elezione a Papa trasforma completamente l'uomo. E' accaduto visibilmente per Papa Pacelli e per Papa Roncalli e, in maniera forse meno evidente, per lo stesso Paolo VI. Noi teologicamente la chiamiamo grazia di stato”.
Tra i progressisti, per sostenere Ratzinger, è dovuto scendere personalmente in campo il candidato dell’ala sinistra della Chiesa, quel Dionigi Tettamanzi che in molti davano per papabile. Tettamanzi, che è arcivescovo di Milano, ha dovuto inviare una lettera a sacerdoti e fedeli per “costringerli” a celebrare l’elezione di Benedetto XVI. A Milano, infatti, appresa la notizia, in molti hanno dimostrato anche pubblicamente la loro delusione per la mancata elezione del loro cardinale.
Ma l’apertura più significativa è quella del cardinale australiano Edward Cassidy, che lasciò la guida del consiglio per l’unità dei cristiani proprio in polemica con Ratzinger sulla contestatissima “Dominus Jesus”, nella quale il futuro papa ribadiva il principio “fuori della chiesa non c’è salvezza”. Diceva allora Cassidy: “Noi, nella pratica ecumenica che abbiamo, possediamo un orecchio sensibile che si accorge se si sta urtand o qualcosa. Loro [la congregazione di Ratzinger, ndr] invece hanno un modo scolastico per dire ‘questo è vero, questo non è vero’”.
Ora Cassidy però apre la porta al neo papa: “Nè conservatore nè liberale. Sulle questioni di fede ha un atteggiamento tradizionale, credo che su altri aspetti dove c'è maggiore libertà di ragionare, si comporterà in modo diverso”. “Per esempio - sottolinea l'alto prelato - mi è piaciuto molto, durante il suo primo discorso, il riferimento all'unità dei cristiani, l'idea dei contatti con le altre religioni. Con quello che ha fatto fino ad ora ha voluto dimostrare che ha l'intenzione di seguire il Concilio Vaticano II”.
Anche Hans Kung, teologo tedesco molto progressista e critico verso Giovanni Paolo II, lascia una porta aperta. Pur dichiarandosi deluso per l’elezione di Ratzinger gli regala una chance: “Chi entra cardinale progressista in conclave esce papa conservatore, e vivecersa”. E fa l’esempio di Giovanni XXIII, considerato (in realtà a torto ) un conservatore da porporato, mentre da Papa aprì il concilio e parlò anche agli atei. Tutto il contrario di Paolo VI che, da campione dei “liberal” divenne difensore dell’ordine contro il cattolicesimo del dissenso.
In ogni caso Kung, che considera il papa “un uomo del medioevo” gli concede “100 giorni” per dimostrare il contrario.
Tace Carlo Maria Martini, il cardinale rosso (non solo per la porpora). Ma in molti vociferano che l’elezione a larghissima maggioranza di Ratzinger sia in realtà merito suo. E che esista un “patto” tra i due: l’elezione in cambio di più collegialità e riforme. E già si parla di riammettere i divorziati e risposati ai sacramenti.

Gli scettici.

Di tutt’altro avviso, rispetto ai fiduciosi dell’illuminazione dello Spirito santo su Ratzinger, altri cattolici progressisti. Don Vitaliano della Sala, il prete no-global, è chiarissimo: “Da anni la sua congregazione sforna documenti tanto chiari quanto intolleranti e si contano a decine i pr ovvedimenti contro vescovi, teologi, sacerdoti e suore” colpevoli di non seguire alla lettera le indicazioni dottrinarie e di disubbidire al papa. Secondo Don Vitaliano “con il suo pontificato la curia romana tornerà ad essere accentratrice e dovremo dimenticare i gesti ecumenici, le discussioni sulla morale sessuale, sul celibato, sul sacerdozio alle donne”.
Particolarmente critica la rivista “Adista”, espressione del cattolicesimo di base, che in questi anni ha fatto le pulci ad ogni atto repressivo sia di Wojtyla che, ancor più, di Ratzinger.
“Adista” (http://www.adista.it) pubblicherà nel prossimo numero l’intervista a Franco Barbero, sacerdote “scomunicato”, proprio da Ratzinger che vi presentiamo in anteprima. In altri articoli, che pubblicheremo anche noi nei prossimi giorni, parlano diversi teologi progressisti. José Comblin, ad esempio si dice sorpreso dalla nomina del cardinale tedesco: “Pensavo che la scelta sarebbe stata più equilibrata” e Leonardo Boff, un’altra vittima illustre del porporato, dice: “Temo che questo inverno ecclesiale [quello di Wojtyla, ndr] continui. Che la Chiesa conoscerà un inverno ancora più rigido. [Benedetto XVI] è un uomo che guarda all’interno della Chiesa e che la protegge come un bastione: una strategia destinata al fallimento”.
“Con la designazione di Joseph Ratzinger come nuovo papa, la Chiesa ha portato a compimento la sua separazione dal mondo”, ha dichiarato lo storico Gerardo Caetano, direttore dell’Istituto di Scienze Politiche dell’Università della Repubblica dell’Uruguay. Molto duro anche il teologo cileno Àlvaro Ramis, secondo cui “i metodi applicati da Ratzinger per difendere la Chiesa ‘dalle nuove dottrine’ possono benissimo figurare tra le forme di violazione dei diritti umani applicate dagli Stati totalitari ai propri cittadini”: la scelta del collegio cardinalizio è caduta, sottolinea, sul “cardinale dalla traiettoria più conservatrice, più antiecumenica, più contraria all’apertura della Chiesa al mondo ”.
Del resto, sottolinea “Adista” non bisogna farsi molte illusioni anche sull’intervento dello Spirito santo: “Il ruolo dello Spirito dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non come se fosse lui a dettare il candidato per cui votare”. Parole di un dissidente cattolico? No, di Sua Santità Benedetto XVI.

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«Gay pride a Salerno? È cosa buona e giusta»
by DON VITALIANO Saturday, Jul. 23, 2005 at 6:46 PM mail:

22/04/05 - Corriere del Mezzogiorno - Natascia Festa
Apri nella Rassegna Stampa


PARLA DON VITALIANO DELLA SALA
« Il Gay Pride segnale a un Papa reazionario »

[prima pagina]Don Vitaliano Della Sala, il prete no global di Sant'Angelo a Scala, commenta la proposta del gay pride che si terrà a Salerno in giugno. Lui, che proprio a causa del suo discorso al raduno gay nella Roma del Giubileo, fu sospeso dalle gerarchie vaticane.


«Come tutte le iniziative analoghe, servirà a far capire a Papa Benedetto XVI che le crociate non servono. Inutile tergiversare: la verità è che è stato eletto un Papa reazionario» . Ma il prete irpino non parteciperà alla sfilata dell'orgoglio omosessuale perché, oltre ad aver perso la sua parrocchia, è interdetto dalla Chiesa a partecipare a iniziative militanti.


«La mia sarà una protesta in absentia, perché il fatto stesso che non potrò esserci testimonierà che l'anima intransigente della Chiesa ha vinto» .





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[pagina 4]

DON VITALIANO


«Gay pride a Salerno? È cosa buona e giusta»


Il prete sospeso a divinis: «Sarà un segnale a un Papa reazionario»


NAPOLI — «Un gay pride a Salerno? Come tutte le iniziative analoghe, servirà a far capire al nuovo Papa, Benedetto XVI, che le crociate non servono: perché è inutile girarci intorno, la verità è che è stato eletto un papa reazionario e intransigente».



Don Vitaliano Della Sala, prete no global di Sant'Angelo a Scala, sospeso a divinis e privato della sua parrocchia, non ha dubbi: l'iniziativa promossa dai gruppi Arcigay , Garcia Lorca e Renée Vivienne - il gay pride che si terrà a Salerno, dal 24 al 26 giugno - è cosa buona e giusta.


Don Vitaliano, lei nel 2000, partecipò a Roma alla grande sfilata omosessuale, attirando su di sé gli anatemi dei superiori. Andrà al gay pride di Salerno?


«No, ma solo perché non mi è più consentito. La mia sarà una protesta in absentia, nel senso che il mio non esserci indica quanto la chiesa sia oggi intollerante e sorda al dialogo. E poi, il gay pride romano mi è costato tanto. Fu soprattutto il mio discorso a indispettire la curia, i miei attacchi a Sodano. Ma che ci fosse aria di restaurazione, come io denunciai, è stato confermato».


Venti di controriforma, dunque. O è troppo?


«È poco».


Addirittura?


«Umanamente credo che saranno anni bui, ma non possiamo giurarci. Alla fine c'è sempre il Padreterno che ci fa sperare nei miracoli. Siamo preti, dobbiamo crederci» .


E quale potrebbe essere il miracolo?


«Guardando alla storia del cardinale Ratzinger, non si può non sospettare il peggio. Ma anche lui dovrà porsi il problema del suo pontificato e chissà che non modifichi la sua durezza. Di sicuro uno dei problemi da affrontare subito è la questione degli omosessuali. Che, è bene ricordare, la Chiesa ammette, purché non pratichino la loro sessualità».


Lei crede siano possibili delle aperture del Vaticano?


«Io non metto in dubbio l'insegnamento dottrinario della chiesa, né non tocca a me dare le soluzioni: non sono né un teologo né un moralista. Sono un prete e mi hanno insegnato la cultura dell'accoglienza. In questo senso partecipai al gay pride dell'anno del Giubileo. Non certo per mettere in discussione la dottrina, ma per dire che se il Giubileo era per eccellenza il momento di accoglienza della Chiesa, doveva riguardare anche gli omosessuali. Accogliere non significa condividere, naturalmente. Gesù frequentava quelli che erano ritenuti i peggiori di Israele, le prostitute e i peccatori e disse: ti precederanno nel regno cieli. Qualcuno dovrà pure ricordarsi che l'apertura di Gesù era l'affermazione della sua forza, non di una debolezza. La mia vicenda personale, però, testimonia che a prevalere non è il volto umano della della chiesa ma quello dottrinario».


La sua sospensione dopo il gay pride è stato un deterrente per gli altri preti?


«Certo l'epilogo della mia storia parla chiaramente di una caccia alle streghe. Provi a fare un'intervista come questa ad un prete qualsiasi. Tanti sacerdoti si terranno lontani anche da questo gay pride, ma non perché hanno un sentire distante dal mio. In Italia ci sono don Alessandro Santoro di Firenze, don Pino d'Aloia di San Severo di Puglia e a Napoli c'è Don Merola della parrocchia di Forcella che, per aver urlato contro la camorra, è stato redarguito dai superiori. La chiesa è così. Oggi mi paga per non fare niente, anzi purché non faccia niente».

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LA CHIESA LICENZIA DON VITALIANO, UN PRETE SCOMODO
by Don Vitaliano, il ribelle: occasione sprecata Saturday, Jul. 23, 2005 at 6:47 PM mail:

Don Vitaliano, prete 34enne parroco di Sant'Arcangelo della Scala in Irpinia, ha ricevuto un "invito" ufficiale ad abbandonare il suo ministero in conseguenza dei suoi "comportamenti gravemente e pubblicamente offensivi della comunione della Chiesa". Tutto il mondo dei No global, gruppi omosessuali, parlamentari della sinistra e molti fedeli si stanno mobilitando in difesa di questo prete che ha il "difetto" di dire quello che pensa e di comportarsi coerentemente con le sue idee. > Vitaliano Della Sala è un prete 'scomodo' - Cesare Sartori - La Nazione -15.2.02
> La curia si comporta come un sinedrio farisaico - CST - 22.3.02

Così l'abbiamo visto partecipare ai Gay Pride e a diversi movimenti di protesta sociali, ultimo dei quali l'appoggio dato alla protesta del "femminiello pride" accogliendo nella sua chiesa Luxuria e i ragazzi che partecipavano alla manifestazione.

Don Vitaliano, il ribelle: occasione sprecata
Il Mattino - 10.2.02

..... Poi tutti insieme (c’era anche Francesco Caruso dei No-Global di Napoli) a Sant’Angelo a Scala, dal grande assente al «Femminiello pride», il parroco ribelle Don Vitaliano Della Sala. E qui la «tammurriata» entra in Chiesa, con Don Vitaliano che critica ancora il suo Abate «per aver sprecato un atto di disponibilità». «Mamma Schiavona» è 700 metri più su. E a sera, mentre i frati sono impegnati nei vespri, il ”popolo” che s’è schierato a difesa dei «femmenielli» s’è già disperso. Ma non è finita, con ieri. L’appuntamento è alla prossima Candelora.

Corriere della Sera - 10.2.02

...Sicuramente gli stessi ostacoli non ci sono pochi chilometri più giù, a Sant’Angelo a Scala, il paese di don Vitaliano della Sala. Che ieri pomeriggio ha aperto a Colasurdo, Luxuria e a tutti gli altri le porte della sua parrocchia: e così la preghiera dei femmenielli, con le tammorre e tutto il resto, è arrivata fin davanti all’altare.


Il Piccolo di Trieste - 10.2.02

Al «Femminiello Pride» non ha partecipato don Vitaliano Della Sala: il parroco no global di Sant’Angelo a Scala (Avellino), sul cui capo pende la minaccia di sospensione a divinis da parte dell'Abate Tarcisio Nazzaro, è rimasto nella sua parrocchia dove è stato informato telefonicamente di quanto andava accadendo nel santuario. Don Vitaliano, per ordine del suo vescovo, non può rilasciare interviste agli organi di stampa insieme al divieto di allontanarsi, senza permesso, dal territorio della diocesi di Montevergine.

Corriere della Sera - 22.8.01

"A quei gaglioffi in tuta bianca in bilico tra la commedia della rivoluzione e la tragedia della violenza insensata; a quei cattolici, tonacati e non, per i quali tutto fa brodo, dagli sculettamenti del Gay Pride alle sprangate di Genova; alla piccola parte di contestatori violenti; all’accozzaglia di demagoghi ed esibizionisti; al gaglioffo Casarini; all’inaffidabile apprendista stregone Agnoletto; a don Vitaliano, prete di incontenibile vanità, tanto che se decidessimo di non fare il vertice Nato si sentirebbe male. A tutti costoro il governo non ha più nulla da dire. Bisogna solo tenerli a bada e, se necessario, usare tutta la forza dello Stato" Beppe Pisanu


Titti De Simone eletta alla camera - Repubblica - 17.5.01

Come è nata questa sua candidatura? «Dopo il World Gay Pride del luglio dell'anno scorso. Per me è un passaggio di coerenza, per rinnovare la politica, contaminarla con elementi diversi nel rifiuto del pensiero unico e della morale unica». Quanto tempo ha dedicato alla Campania per la campagna elettorale? «Moltissimo. Ho girato la regione in lungo e in largo, facendo comizi al ritmo di tre, quattro al giorno, dibattiti pubblici uno dietro l'altro. Sono stata in Irpinia, nei luoghi del terremoto di 21 anni fa: Avellino, Lioni, Atripalda, Solofra, Lacedonia, Sant'Angelo dei Lombardi, ma anche a Salerno, Nocera Inferiore, Aversa, Caserta». Ha trovato amici nella zona, chi le ha dato una mano? «Mi ha accompagnato spesso don Vitaliano Della Sala, io e lui abbiamo fatto tante iniziative insieme in questi anni.



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Don Vitaliano della Sala: la Chiesa e' intollerante; A proposito della vicenda di ........
by (ANSA) Saturday, Jul. 23, 2005 at 6:49 PM mail:

[Vaticano: don Franco Barbero non e' piu' prete]

(ANSA)


(ANSA) - ROMA, 15 MAR - Don Franco Barbero, il prete che benediva le coppie gay, ha perso lo stato clericale per un provvedimento della Congregazione della dottrina della fede. Lo confermano ambienti vaticani precisando che il decreto della Congregazione guidata dal cardinale Joseph Ratzinger e' giunto su richiesta del vescovo di Pinerolo, mons.Debernardi. Solidarieta' a don Barbero dal deputato Ds, Grillini, presidente onorario dell'Arcigay, che ha parlato di 'espulsione stalinista'.
2003-03-15 - 17:06:00


Don Vitaliano della Sala: la Chiesa e' intollerante; A proposito della vicenda di Don Franco Berbero

(ANSA) - TORINO, 16 MAR - Per Don Vitaliano della Sala, la vicenda di don Franco Berbero, sospeso perche' benediceva le coppie gay, dimostra l'intolleranza della Chiesa.''In questi ultimi anni si sono rafforzati i tratti di una Chiesa intollerante, arrogante, inumana'' dice don Vitaliano che a sua volta e' stato rimosso da parroco di Sant' Angelo in provincia di Avellino. Il prete no global ha inviato a don Berbero una lettera di solidarieta' in cui esprime il suo dolore per la vicenda.

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...gravi restrizioni nella libertà di movimento e nella libertà di espressione pubblica
by Vitaliano Della Sala è un prete 'scomodo' Saturday, Jul. 23, 2005 at 6:51 PM mail:

15/02/02 - La Nazione - Cesare Sartori
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Vitaliano Della Sala è un prete 'scomodo'
...gravi restrizioni nella libertà di movimento e nella libertà di espressione pubblica, a mezzo stampa e televisione, dopo la sua partecipazione al «World Gay Pride»...

QUARRATA — Don Vitaliano Della Sala è un prete 'scomodo'. Un prete che dà fastidio a molti. Nativo dell'Irpinia, poco meno di 40 anni, ha già un lungo curriculum contrassegnato da comportamenti 'scandalosi' (in senso evangelico) in sostegno della pace e in difesa degli ultimi del mondo. Invitato dall'associazione «Rete Radié Resch», stasera don Vitaliano doveva parlare alla Casa delle culture «La civetta» sul tema: I giovani nel tempo della globalizzazione, quale la risposta della Chiesa? Ma il suo superiore — l'abate di Montevergine (in questo caso è equiparato al vescovo) —, appresa la cosa da una nota d'agenzia, lo ha diffidato dal venire a parlare a Quarrata minacciandolo, in caso contrario, di sospenderlo a divinis. Don Vitaliano non è nuovo a questo tipo di interventi censori della gerarchia ecclesiastica, questo è solo l'ultimo episodio. In precedenza il vescovo di Sant'Angelo dei Lombardi (Avellino) gli aveva vietato di amministrare i sacramenti nella diocesi dopo che nel novembre 2000 don Vitaliano aveva partecipato, insieme ai rappresentanti dei centri sociali della Campania, alle contestazioni contro le celebrazioni ufficiali in occasione del ventesimo anniversario del terremoto. Lo stesso abate di Montevergine gli aveva imposto gravi restrizioni nella libertà di movimento e nella libertà di espressione pubblica, a mezzo stampa e televisione, dopo la sua partecipazione al «World Gay Pride» (la giornata mondiale dell'orgoglio omosessuale) del luglio 2000 a Roma.
La notizia dell'intervento censorio dell'abate di Montevergine e quindi del mancato arrivo di don Vitaliano Della Sala, che ha preferito rinunciare per non inasprire i suoi rapporti con la gerarchia, hanno suscitato indignazione e proteste, e non solo a Quarrata, tra le numerose persone che erano ansiose di ascoltalo e di confrontarsi con lui.

Un prete 'scomodo', come s'è detto, che si è sempre assunto pienamente le proprie responsabilità di testimone di pace e ne ha pagato sempre anche le conseguenze anche 'secolari' (denunce giudiziarie): più volte in missione di pace e di aiuto nell'ex Jugoslavia dilaniata dal conflitto etnico, don Vitaliano ha fatto lo sciopero della fame per attirare l'attenzione sui ritardi e le speculazioni nella ricostruzione dell'Irpinia terremotata; ha ospitato nella sua parrochia famiglie serbe e albanesi; ha issato sul campanile la bandiera cubana per protestare contro l'embargo Usa; ha partecipato alla missione «Scudi umani» in Iraq contro i bombardamenti Usa; è stato nel Chiapas come osservatore per il rispetto dei diritti umani (ed è stato per questo espulso dal Messico); ha protestato al Parlamento di Strasburgo sempre a favore degli zapatisti perseguitati dal loro governo centrale. Don Vitaliano si è naturalmente preso numerose denunce giudiziarie per le sue proteste, attirandosi anche i fulmini delle autorità ecclesiastiche.

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Noi sconfitti loro vincitori effimeri
by don Vitaliano Della Sala* Saturday, Jul. 23, 2005 at 7:02 PM mail:

Tra i maggiori sconfitti nel referendum appena conclusosi, vi è sicuramente il concetto voltairiano "non condivido la tua opinione ma sono pronto a dare la vita perché tu possa esprimerla". Invece i referendum sono stati vinti dal peggiore egoismo. E dall’astensionismo. Non dal cardinal Ruini o da "Scienza e vita", ma dall’apatia, dal disimpegno politico e civile, dal menefreghismo; hanno contribuito a questa fasulla vittoria i bacchettoni e i talebani di casa nostra.

Ha perso, ormai in modo irreparabile, l’istituto referendario stesso e con esso l’unico modo che abbiamo per partecipare direttamente alla vita civile e politica del nostro Paese. E con il referendum ha perso anche la democrazia. Altri più esperti di me, faranno dotte analisi sul senso politico del risultato referendario, su quanto questo peserà sugli equilibri interni dei due schieramenti, sugli errori del Ministero dell’Interno, sul quorum e sulla necessità di mantenerlo, se abolirlo del tutto o misurarlo in base alle percentuali di votanti delle elezioni precedenti.

Una cosa è certa: in una democrazia vera, non possono essere i menefreghisti a decidere per tutti, non si può permettere ad una maggioranza di disinteressati alla politica, che è la maggioranza di coloro che non sono andati a votare, di decidere per tutti gli altri, altrimenti il "partito degli astensionisti" dovrebbe contare anche nell’assegnazione dei seggi parlamentari: se ci sono 1000 seggi da dividere, il 25% dovrebbe essere assegnato all’opposizione, il 45% alla maggioranza, il resto dei seggi, cioè quelli che corrispondono alla percentuale di coloro che si astengono, dovrebbe restare...vuoto! Se coloro che non votano "decidono" i referendum, dovrebbero "decidere" anche in materia di leggi, di programmazione e di bilancio dello Stato; e un giorno si potrebbe così anche arrivare ad eleggere il "vuoto", di uno dei seggi assegnati agli astensionisti, alla seconda o terza carica dello Stato, che forse potrebbe risultare anche migliore di quelle attuali!

Abolendo l’anacronistico quorum si deciderebbe esclusivamente tra chi si esprime attraverso il voto e si stimolerebbe chi non vota a farlo. Ovviamente io difendo la libertà personale ad astenersi dal voto, che è un sacrosanto diritto di ciascuno. Ma considero immorale e incivile l’invito, fatto agli elettori da personalità religiose e politiche, di non presentarsi ai seggi elettorali per non far raggiungere il quorum: questo costituisce un’aperta istigazione a violare la segretezza del voto, presidio indiscusso di ogni sistema democratico, altro sconfitto in questa competizione. Alcuni miei amici che vivono in monastero, mi hanno confessato che sarebbero andati a votare volentieri ma hanno temuto ritorsioni da parte dei superiori, visto l’ordine di non recarsi alle urne, la cui osservanza è particolarmente controllabile quando si vive in ambienti ristretti.

C’è un’altra vittima di questi referendum, ed è la laicità dello Stato, che ne esce schiacciata da una gerarchia cattolica invadente e impicciona, che vuol far sentire sempre più il proprio peso nella vita politica del nostro Paese, come ai "bei tempi" di Gedda e della peggiore Dc.; alla faccia di quella parte di sinistra che, per illusori calcoli elettoralistici, ha fatto finta di non scorgerne i segnali premonitori - che da tempo sono sotto gli occhi di tutti - e, sempre più prona, ha esagerato in apprezzamenti e sviolinate nei confronti dei vertici cattolici. Il nostro Paese e i cattolici stessi hanno bisogno di Pastori che, come affermava don Tonino Bello, "non usino i segni del potere ma il potere dei segni", che si pongano al sevizio della politica e del Paese e non si servano di questi per accrescere il proprio potere: "Compito dei vescovi - afferma il Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium - è indicare valori, non imporre ai credenti scelte che competono alla coscienza e alla fede di ognuno, proprio perché il cristianesimo non è mai stato solo potere e lotta fra poteri. Il Vangelo e la profezia hanno incessantemente animato la crescita dell’umanità lungo l’asse dei valori democratici, fra cui il primato della coscienza, il pluralismo, l’etica della responsabilità".

La Chiesa di base, le comunità e le parrocchie, i fedeli cristiani laici, escono particolarmente sconfitti da questa competizione referendaria: essi, come sempre, non sono stati né consultati, né coinvolti nelle decisioni della gerarchia cattolica; essi sono quelli che hanno perso di più. Ora dovremo abituarci a vedere i fastidiosi volti gongolanti e pavoneggianti degli effimeri vincitori, certi però, che il pavone quando, "pavoneggiandosi" appunto, apre a ruota la sua bellissima coda...scopre il culo!

*parroco rimosso di Sant’Angelo a Scala



Di : don Vitaliano Della Sala
giovedì 16 giugno 2005


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> Noi sconfitti loro vincitori effimeri
18 giugno 2005 - 10h27 - Di 81.***.67.***
Mi permetto una riflessione
ho sentito diverse opinioni in merito al non raggiungimento del quorum tutte valide, magari non condivisibili, ma espresse liberamente.
e da profano, da uomo qualunque, da signor nessuno in una società dell’apparenza e dell’apparire a tutti i costi, vorrei esprimere una mia opinione ...
è vero che si necessita di una riforma dell’istituto referendario
è vero che i referendum spesso sono stato un mezzo abusato, e questo non giova
è vero che spesso il referendum è stato inutile, perchè ciò che il popolo aboliva, veniva ripristinato con altro nome (vedi finanziamento pubblico ai partiti), e questo non giova
è vero che si hanno ministri della repubblica italiana che disconoscono la repubblica stessa, che non festeggiano il 2 giugno dicendo che per loro non è festa, ma lo stipendio dallo stato lo prendono però
è vero che l’italiano ha problemi concreti e contingenti che spesso porta i suoi pensieri altrove
è vero che c’è una crisi in atto fortissima, che tutti i deputati a risolverla minimizzano
è vero che la politica ormai è su un’altro pianeta rispetto alla gente comune
è vero che l’astensionismo è la resa della mente di fronte al pensiero
ma dico solo una cosa
noi italiani, per pigrizia o per comodo, preferiamo lasciar pensare altri al posto nostro
è ora che la gente inizi a ragionare con la propria testa e impari a valutare e ponderare tutte le opinioni espresse
la disfatta referendaria non mi stupisce, perchè l’italiano non sa che il referendum è l’unico mezzo che gli resta per vivere attivamente la democrazia, per esprime la propria opinione in assoluta libertà
non lo sa perchè nessuno lo ha mai spiegato e si guardano bene dal farlo
tale disfatta però è solo l’ultima di una serie impressionate di segnali che mostrano una inesorabile e tragica apatia del popolo italiano, che sta tornando indietro verso un moderno medioevo ....
per quel che mi riguarda sono e resto orgoglioso di essere italiano e non smetterò mai di lottare per poter continuare ad esprimere le mie idee, nella speranza che l’italiano si svegli da questo torpore e apatia e torni ad essere parte integrante e principale della repubblica
ai posteri dire se questa mia sarà una speranza o una mera utopia


massimiliano

http://bellaciao.org/it

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Zapaterolandia avanza!
by FK at Saturday, Jul. 23, 2005 at 7:03 PM mail:

Trasborda, come un rullo compressore travolge e stravolge il concetto di matrimonio.
La legge è stata approvata, già centinaia di coppie omosessuali son pronti a tirare fuori “le carte” necessarie per convolare a “giuste nozze” e poi “avere” tanti bebè che ancor più incrementino le gioie del focolare.
La legge è stata varata e la festa di battesimo è stata la sfilata dell’orgullo gay sabato 2 a Madrid.
“In testa al corteo la ministra della Cultura Carmen Calvo, gagliarda Andalusa poco meno che cinquantenne, è passata all’incasso. Se uno le chiede se teme il referendum che sembra volere l’opposizione, la signora, movendo appena la capigliatura e aggravando una ruga d’espressione nell’alzare le sopracciglia, replica con graziosa ironia: “Un referendum? Quale referendum? Guardi che il referendum l’ha già fatto il Parlamento”.
A un altro la ministra dice una cosa strana che intercetto ma credo di non capire: “Non si governa con la morale ma con la maggioranza, che è poi quel che ha deciso questa legge” (ma davvero morale e maggioranza sono concetti rivali?).
Poi, mirando dritta negli occhi dell’interlocutore, aggiunge quasi vendicativa: “Per la prima volta la Spagna non è arrivata in ritardo all’appuntamento con la storia”.
Come dire: tiè! Come dire: pensavate che eravamo un popolino di cafoni che mangiano jamòn serrano alle dieci di mattina e si sventolano con ventagli da quattro soldi? Di rozzi che si divertono con il sangue dei tori? Di buzzurre che danzano sevillanas al rumor di nacchere? Manco per niente. Abbiamo fatto una legge che voi ve la sognate, cari i miei europei della cippa, cari i miei compagni della Grande Sinistra europea sempre pronti a far lezione di politica a noi che siamo stati sotto la dittatura per quasi mezzo secolo e non smettete di ricordarcelo.”
Così legge fra le righe degli eventi l’inviato del Foglio.

Questo stralcio di articolo mostra che è terribilmente cruda l’analisi di quel Joseph Ratzinger che, poco prima di diventare papa disse, e scrisse, che l’Europa odia se stessa. Gli europei occidentali non amano la propia storia. Non c’è orgoglio pèr la propria civiltà.
Se uno spagnolo – e se poi è il ministro della cultura!- è convinto che la Spagna sia sempre arrivata in ritardo nel consesso delle nazioni civilizzate... beh!, vuol dire che si vergona delle proprie radici ( che tra l’altro sono a doppio filo legate alla storia stessa della religione cattolica!).
Ma ci si immaginerebbe tanta sciatteria intellettuale da un ministro "europeo"- per quel che l'aggettivo possa, aimè, ancora significare!- della "cultura"? Per quel che il sostantivo "cultura"possa ancora significare.
E come se un italiano pensasse che le sue radici culturali siano: mafia, pizza e ‘manduline’: drammatico assai, io trovo. Drammatico assai.

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