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MORDECHAI VANUNU,UN SIMBOLO DELLA LOTTA ANTINUCLEARE
by No nuke Wednesday, Nov. 05, 2003 at 3:08 PM mail:

Nella tragedia in corso in Medio Oriente, il mondo sembra aver dimenticato Mordechai Vanunu,il tecnico nucleare israeliano in carcere dal 1986 per aver rivelato al mondo i segreti atomici di Israele.

Un vecchio documento da http://www.clorofilla.it/cdd.asp#279

MORDECHAI VANUNU,
UN SIMBOLO DELLA LOTTA ANTINUCLEARE
febbraio 2002
di Ernest Rodker e Marinella Correggia

Nella tragedia in corso in Medio Oriente, il mondo
sembra aver dimenticato Mordechai Vanunu,il tecnico
nucleare israeliano in carcere dal 1986 per aver
rivelato al mondo i segreti atomici di Israele. Riteniamo
importante ricordare questo simbolo della lotta per un
mondo senza armi nucleari, anche perché l'Italia potrebbe
e dovrebbe impegnarsi per la sua liberazione, agendo nelle
sedi diplomatiche e giudiziarie. Chi vuole farlo, può mettersi
in contatto con Ernest Rodker della Campagna per liberare
Vanunu (email campaign@vanunu.freeserve.co.uk9 o in
Italia con Marinella Correggia email mari.cor@libero.it).
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Il prigioniero di coscienza Mordechai Vanunu è rinchiuso
nel carcere di Askhelon da oltre 15 anni. I primi 12 li ha
trascorsi in isolamento totale, in condizioni che Amnesty
International ha giudicato crudeli, inumane e degradanti.
Ecco la colpa per la quale fu condannato a 18 anni: aver rivelato
al giornale britannico Sunday Times i piani nucleari segreti
di Israele, che secondo la sua stima aveva già fabbricato
200 testate.
Vanunu, allora 32enne, aveva lavorato per 9 anni come tecnico
al centro di ricerca nucleare di Dimona. In seguito all'invasione
del Libano nel 1982 e ai suoi studi filosofici, egli
diventò sensibile alle questioni della guerra e della pace nella
regione.
Aumentarono i suoi dubbi circa il suo lavoro a Dimona, e
soprattutto il rifiuto di quella che egli chiamava "la natura antidemocratica
della segretezza assoluta". Mordechai Vanunu
riuscì a scattare delle fotografie alle installazioni. Quando infine
lasciò il centro, viaggiò in Oriente, arrivando poi a Sidney
in Australia, dove incontrò John McKnight, un sacerdote anglicano
impegnato nella lotta antinucleare. Si unì alla sua chiesa
e fu battezzato.
E DECISE DI PARLARE AL MONDO
A Londra, l'11 settembre 1986, rivelò le informazioni al
Sunday Times. Pochi giorni dopo cadde nella trappola di un'agente
dei servizi segreti israeliani che si spacciava per studentessa
americana. La ragazza, "Cindy", in realtà Cheryl
Bentov, gli propose un week-end a Roma; ma appena arrivati
nella città, Mordechai fu rapito, drogato, incatenato e - come
confermarono in seguito alcuni marinai israeliani - imbarcato
su una nave che lo riportò in Israele. Solo sei settimane dopo
le autorità israeliane ammisero che Vanunu si trovava nel paese,
e in carcere. (Perché non farlo rapire sul suolo inglese?
Apparentemente, per non urtare la suscettibilità di Margaret
Thatcher, ritenuta più attenta al principio della sovranità territoriale
rispetto agli italiani...)
Il 5 ottobre, il Sunday Times pubblicò un articolo di 3 pagine
dal titolo "Rivelati i segreti dell'arsenale nucleare israeliano".
A questo importantissimo scoop, seguì un attacco coordinato
a Vanunu sulla maggior parte dei media israeliani. Fu
coperto di ingiurie, ritenuto uno fra i peggiori nemici di Israele.
Accusato di essere una "spia nucleare" e un "traditore ben
pagato", fu condannato a 18 anni di prigione con un processo
segreto. Vanunu diventò un argomento tabù. Una volta
scontati i due terzi della pena, un detenuto acquista il diritto
alla libertà condizionata, ma ciò finora gli è stato negato, così
come la grazia presidenziale.
Eppure, Mordechai Vanunu non è una spia: non ha venduto
le informazioni a nessun giornale, né ha rivelato piani a
potenze straniere. Ha reso pubblico un progetto clandestino
e illegale che gli Stati Uniti e altri paesi ben conoscevano ma
che era stato nascosto alla stessa popolazione israeliana. Ha
rotto un muro di silenzio in nome della pace. Non ha rivelato
nomi o informazioni cruciali per la sicurezza del paese: non
era questo il suo intento.
La scusa ufficiale per la mancata liberazione è stata la pericolosità
di Vanunu per la sicurezza di Israele. Falso: dopo 13
anni di prigione, egli non ha davvero altro da rivelare su Dimona
- dove fra l'altro era un semplice tecnico. Dunque, le motivazioni
delle autorità israeliane sono altre: un intento punitivo
spinto all'esasperazione, e il fatto che, una volta liberato
e riammesso a parlare con la stampa, Vanunu potrebbe creare
imbarazzo al paese risollevando la questione nucleare
(anche se non è più un segreto), e le circostanze del suo rapimento,
che in Israele sono top secret perché l'adduzione di
un individuo da un paese all'altro a opera di agenti di quest'ultimo
viola la Convenzione internazionale sui diritti civili e
politici, firmata anche dallo stato ebraico.
LETTERE DAL CARCERE
Finora non sono serviti gli appelli di organismi per i diritti
umani, le firme di decine di migliaia di cittadini, di 20 premi
Nobel e di diverse personalità da tutto il mondo, le risoluzioni
del Parlamento europeo e australiano. Vanunu è tuttora in
carcere.
Se si fosse dichiarato in torto e avesse promesso di non
sollevare più la questione del suo rapimento, forse le autorità
israeliane lo avrebbero liberato. Ma egli non ha mai voluto far
compromessi rispetto alle proprie convinzioni, perché ritiene
pericolosissima la presenza di armi nucleari in Medio Oriente
e in generale nel mondo. Le atomiche di Israele, in effetti,
non sono un deterrente alle aggressioni. L'unica alternativa
è pulire tutta la regione, e su questo insiste Vanunu nelle sue
"lettere dal carcere", che arrivano dopo mesi e con i tagli della
censura.
Rispondendo a un'attivista italiana, il prigioniero scrive:
"Mi chiedi anche tu di promettere al tribunale che non parlerò
più di spie e rapimenti, e così mi libereranno. Ma oltre al fatto
che loro non mi hanno affatto posto questa condizione, non
posso farlo! Ho condotto una guerra per 12 anni, in isolamento,
in prigione; non posso rinunciare adesso a lottare
affinché questo paese smetta di minacciare il mondo con le
armi nucleari, provocando una escalation nella regione. Non
starò mai zitto".
Paradossalmente però, se qualche autorevole istituzione,
dall'estero, sollevasse in modo "intelligente" la questione
del rapimento illegale, una delle motivazioni per
mantenere Vanunu in carcere verrebbe meno. L'Italia
sarebbe la candidata giusta, per ragioni geografiche. Nel
1988, dopo alcune pressioni, il giudice Domenico Sica aveva
aperto un'inchiesta sul presunto rapimento sul territorio
italiano, poi l'aveva chiusa senza serie indagini, sostenendo
che si trattava di una montatura e che Vanunu era
un agente segreto di Israele!
Il Parlamento e il Governo italiani potrebbero decidere di
intervenire, per far presente a Israele, magari in via riservata,
che la scarcerazione di Vanunu è la condizione per
mettere una pietra sopra il caso, che andrebbe altrimenti
risollevato. In alternativa, o in caso di insuccesso della prima
via, l'autorità giudiziaria potrebbe riaprire la partita.
Nulla è avvenuto.
LE RESPONSABILITÀ ITALIANE
Nel 1999 Vanunu ha scritto invano una lettera al nostro presidente
del Consiglio. Mordechai appare sconcertato dall'atteggiamento dell'Italia. Egli
scrive: "Sica non svolse alcuna indagine seria... L'Italia ha la
responsabilità di riaprire il mio caso giudiziario, tanto più che
ci sono nuove prove del rapimento; il Parlamento e il Governo
italiani devono chiedere il mio rilascio". E dopo il caso Ocalan:
"Israele ha aiutato la Turchia a rapire Ocalan, violando
ancora la legge internazionale. Ma perlomeno l'Italia non ha
permesso questa volta un rapimento sul suo territorio, come
successe a me... ".
La lotta per un mondo senza armi nucleari - e Vanunu ne è
un simbolo - va ripresa con forza, per la denuclearizzazione
delle potenze "ufficiali" e delle altre, fra cui Israele. Più volte,
l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato la risoluzione
secondo cui il possesso e la minaccia dell'uso di armi
nucleari è illegale. Ma l'Italia si è astenuta, come la maggioranza
dei paesi Nato...

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