Nella tragedia in corso in Medio Oriente, il mondo
sembra aver dimenticato Mordechai Vanunu,il tecnico
nucleare israeliano in carcere dal 1986 per aver
rivelato al mondo i segreti atomici di Israele.
Un vecchio documento da http://www.clorofilla.it/cdd.asp#279
MORDECHAI VANUNU, UN SIMBOLO DELLA LOTTA ANTINUCLEARE febbraio 2002 di Ernest Rodker e Marinella Correggia
Nella tragedia in corso in Medio Oriente, il mondo sembra aver dimenticato Mordechai Vanunu,il tecnico nucleare israeliano in carcere dal 1986 per aver rivelato al mondo i segreti atomici di Israele. Riteniamo importante ricordare questo simbolo della lotta per un mondo senza armi nucleari, anche perché l'Italia potrebbe e dovrebbe impegnarsi per la sua liberazione, agendo nelle sedi diplomatiche e giudiziarie. Chi vuole farlo, può mettersi in contatto con Ernest Rodker della Campagna per liberare Vanunu (email campaign@vanunu.freeserve.co.uk9 o in Italia con Marinella Correggia email mari.cor@libero.it). -------------------------------------------------- Il prigioniero di coscienza Mordechai Vanunu è rinchiuso nel carcere di Askhelon da oltre 15 anni. I primi 12 li ha trascorsi in isolamento totale, in condizioni che Amnesty International ha giudicato crudeli, inumane e degradanti. Ecco la colpa per la quale fu condannato a 18 anni: aver rivelato al giornale britannico Sunday Times i piani nucleari segreti di Israele, che secondo la sua stima aveva già fabbricato 200 testate. Vanunu, allora 32enne, aveva lavorato per 9 anni come tecnico al centro di ricerca nucleare di Dimona. In seguito all'invasione del Libano nel 1982 e ai suoi studi filosofici, egli diventò sensibile alle questioni della guerra e della pace nella regione. Aumentarono i suoi dubbi circa il suo lavoro a Dimona, e soprattutto il rifiuto di quella che egli chiamava "la natura antidemocratica della segretezza assoluta". Mordechai Vanunu riuscì a scattare delle fotografie alle installazioni. Quando infine lasciò il centro, viaggiò in Oriente, arrivando poi a Sidney in Australia, dove incontrò John McKnight, un sacerdote anglicano impegnato nella lotta antinucleare. Si unì alla sua chiesa e fu battezzato. E DECISE DI PARLARE AL MONDO A Londra, l'11 settembre 1986, rivelò le informazioni al Sunday Times. Pochi giorni dopo cadde nella trappola di un'agente dei servizi segreti israeliani che si spacciava per studentessa americana. La ragazza, "Cindy", in realtà Cheryl Bentov, gli propose un week-end a Roma; ma appena arrivati nella città, Mordechai fu rapito, drogato, incatenato e - come confermarono in seguito alcuni marinai israeliani - imbarcato su una nave che lo riportò in Israele. Solo sei settimane dopo le autorità israeliane ammisero che Vanunu si trovava nel paese, e in carcere. (Perché non farlo rapire sul suolo inglese? Apparentemente, per non urtare la suscettibilità di Margaret Thatcher, ritenuta più attenta al principio della sovranità territoriale rispetto agli italiani...) Il 5 ottobre, il Sunday Times pubblicò un articolo di 3 pagine dal titolo "Rivelati i segreti dell'arsenale nucleare israeliano". A questo importantissimo scoop, seguì un attacco coordinato a Vanunu sulla maggior parte dei media israeliani. Fu coperto di ingiurie, ritenuto uno fra i peggiori nemici di Israele. Accusato di essere una "spia nucleare" e un "traditore ben pagato", fu condannato a 18 anni di prigione con un processo segreto. Vanunu diventò un argomento tabù. Una volta scontati i due terzi della pena, un detenuto acquista il diritto alla libertà condizionata, ma ciò finora gli è stato negato, così come la grazia presidenziale. Eppure, Mordechai Vanunu non è una spia: non ha venduto le informazioni a nessun giornale, né ha rivelato piani a potenze straniere. Ha reso pubblico un progetto clandestino e illegale che gli Stati Uniti e altri paesi ben conoscevano ma che era stato nascosto alla stessa popolazione israeliana. Ha rotto un muro di silenzio in nome della pace. Non ha rivelato nomi o informazioni cruciali per la sicurezza del paese: non era questo il suo intento. La scusa ufficiale per la mancata liberazione è stata la pericolosità di Vanunu per la sicurezza di Israele. Falso: dopo 13 anni di prigione, egli non ha davvero altro da rivelare su Dimona - dove fra l'altro era un semplice tecnico. Dunque, le motivazioni delle autorità israeliane sono altre: un intento punitivo spinto all'esasperazione, e il fatto che, una volta liberato e riammesso a parlare con la stampa, Vanunu potrebbe creare imbarazzo al paese risollevando la questione nucleare (anche se non è più un segreto), e le circostanze del suo rapimento, che in Israele sono top secret perché l'adduzione di un individuo da un paese all'altro a opera di agenti di quest'ultimo viola la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, firmata anche dallo stato ebraico. LETTERE DAL CARCERE Finora non sono serviti gli appelli di organismi per i diritti umani, le firme di decine di migliaia di cittadini, di 20 premi Nobel e di diverse personalità da tutto il mondo, le risoluzioni del Parlamento europeo e australiano. Vanunu è tuttora in carcere. Se si fosse dichiarato in torto e avesse promesso di non sollevare più la questione del suo rapimento, forse le autorità israeliane lo avrebbero liberato. Ma egli non ha mai voluto far compromessi rispetto alle proprie convinzioni, perché ritiene pericolosissima la presenza di armi nucleari in Medio Oriente e in generale nel mondo. Le atomiche di Israele, in effetti, non sono un deterrente alle aggressioni. L'unica alternativa è pulire tutta la regione, e su questo insiste Vanunu nelle sue "lettere dal carcere", che arrivano dopo mesi e con i tagli della censura. Rispondendo a un'attivista italiana, il prigioniero scrive: "Mi chiedi anche tu di promettere al tribunale che non parlerò più di spie e rapimenti, e così mi libereranno. Ma oltre al fatto che loro non mi hanno affatto posto questa condizione, non posso farlo! Ho condotto una guerra per 12 anni, in isolamento, in prigione; non posso rinunciare adesso a lottare affinché questo paese smetta di minacciare il mondo con le armi nucleari, provocando una escalation nella regione. Non starò mai zitto". Paradossalmente però, se qualche autorevole istituzione, dall'estero, sollevasse in modo "intelligente" la questione del rapimento illegale, una delle motivazioni per mantenere Vanunu in carcere verrebbe meno. L'Italia sarebbe la candidata giusta, per ragioni geografiche. Nel 1988, dopo alcune pressioni, il giudice Domenico Sica aveva aperto un'inchiesta sul presunto rapimento sul territorio italiano, poi l'aveva chiusa senza serie indagini, sostenendo che si trattava di una montatura e che Vanunu era un agente segreto di Israele! Il Parlamento e il Governo italiani potrebbero decidere di intervenire, per far presente a Israele, magari in via riservata, che la scarcerazione di Vanunu è la condizione per mettere una pietra sopra il caso, che andrebbe altrimenti risollevato. In alternativa, o in caso di insuccesso della prima via, l'autorità giudiziaria potrebbe riaprire la partita. Nulla è avvenuto. LE RESPONSABILITÀ ITALIANE Nel 1999 Vanunu ha scritto invano una lettera al nostro presidente del Consiglio. Mordechai appare sconcertato dall'atteggiamento dell'Italia. Egli scrive: "Sica non svolse alcuna indagine seria... L'Italia ha la responsabilità di riaprire il mio caso giudiziario, tanto più che ci sono nuove prove del rapimento; il Parlamento e il Governo italiani devono chiedere il mio rilascio". E dopo il caso Ocalan: "Israele ha aiutato la Turchia a rapire Ocalan, violando ancora la legge internazionale. Ma perlomeno l'Italia non ha permesso questa volta un rapimento sul suo territorio, come successe a me... ". La lotta per un mondo senza armi nucleari - e Vanunu ne è un simbolo - va ripresa con forza, per la denuclearizzazione delle potenze "ufficiali" e delle altre, fra cui Israele. Più volte, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato la risoluzione secondo cui il possesso e la minaccia dell'uso di armi nucleari è illegale. Ma l'Italia si è astenuta, come la maggioranza dei paesi Nato...
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