Membro del Politburo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP)
Gaza, gennaio 2001
Domanda: Qual è la sua opinione sul processo di pace?
Risposta: Non e' possibile dire che c'è un processo di pace in Medio Oriente
in questo momento. C'è piuttosto un progetto americano-israeliano che ha
l'obbiettivo di liquidare la questione palestinese. Israele continua a rifiutare
di riconoscere qualsiasi diritto palestinese, tra questi il più importante
e' il nostro diritto all'autodeterminazione, ad uno stato palestinese, e
il diritto al ritorno dei profughi.
Israele continua anche a respingere ogni autonomia o diritto palestinese
a
Gerusalemme. Al contrario, Israele continua a costruire nuovi insediamenti.
Finche' i diritti del popolo palestinese saranno ignorati, non possiamo
parlare di pace.
D: Qual e' la forza della sinistra palestinese in questi giorni?
R: Storicamente la sinistra palestinese e' sempre stata una forza considerevole.
Ma ci sono state varie tendenze. Accanto alla sinistra tradizionale del
Partito Comunista c'era anche la sinistra di lotta, caratterizzata dal FPLP
(Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) e dal FDLP (Fronte
Democratico per la Liberazione della Palestina). Questi ultimi sono sempre
stati una presenza considerevole, a volte piu' forte, a volte piu' debole.
Al momento la sinistra di lotta e' la terza forza piu' forte dietro Fatah
e gli islamisti.
La sinistra palestinese ha risentito seriamente del collasso dell'Unione
Sovietica. Noi nel FPLP abbiamo rivolto uno sguardo attento alla nostra
storia dopo questo collasso per imparare dai nostri errori. Ma non vogliamo
abbandonare i nostri principi di sinistra. Siamo in cammino per rendere
la sinistra piu' efficace. Specialmente ora, nel momento in cui la borghesia
palestinese ha fallito, e' necessario sviluppare e portare avanti un programma
sociale e politico per creare un'alternativa democratica per il popolo palestinese.
D: Che errori sono stati fatti nel passato?
R: Un errore e' stato il fatto che non abbiamo combattuto a tutti i livelli
contro l'imperialismo e il sionismo nella regione. Pensavamo che una sola
forma di lotta potesse risolvere il conflitto. Non abbiamo visto chiaramente
le differenze storiche tra il progetto sionista nella regione e il progetto
di liberazione palestinese. Ora vediamo il conflitto in una maniera più
completa. Non solo al livello di lotta, ma anche in un senso economico,
sociale, culturale e storico. Non vediamo piu' la lotta armata come l'unica
strada per la liberazione. Ci sono anzi anche altre forme di
lotta: politica, sociale, culturale ed economica. Un altro errore e' stato
la nostra incapacita' di riconoscere le differenze tra le varie comunità,
intendo le diverse condizioni nazionali di fronte a cui si trovano i Palestinesi
nei paesi in cui vivono. Non abbiamo enfatizzato abbastanza la battaglia
sociale e democratica. Per noi oggi liberazione nazionale significa anche
liberazione sociale. Rispetto all'internazionalismo, lo vediamo ancora come
una linea strategica importante. Gli errori che abbiamo fatto rispetto all'internazionalismo
avevano a che fare con la nostra incapacita' di criticare le pratiche dell'Unione
Sovietica. Oggi crediamo che le alleanze strategiche con alleati e amici
devono essere accompagnate da critica. Perche' la critica e' necessaria
per stare sulla giusta strada.
Si tratta di una questione molto complessa. Il fallimento dell'OLP negli
ultimi anni '80 hanno dato una grande spinta propulsiva agli islamisti.
Poi e' venuto il collasso dell'Unione Sovietica, la crisi dell'ideologia
di sinistra, e il fallimento della sinistra palestinese (incluso il FPLP
nel creare un'alternativa. Anche le organizzazioni islamiste hanno una lunga
storia, che si puo' suddividere grosso modo in due fasi: la fase prima della
prima intifada, e la fase dopo questa intifada. Prima, vedevano la sinistra
come i loro principali oppositori e c'erano frequenti scontri sanguinosi.
Gli islamisti avevano questo approccio: prima eliminare la sinistra, poi
opporsi alle forze di occupazione israeliane. Quindi a quel tempo erano
tollerati da Israele e sono riusciti a creare una vasta infrastruttura nella
società palestinese. Allo stesso tempo le forze di sinistra venivano duramente
attaccate da Israele. Quando l'intifada e' cominciata, la sinistra era ancora
sanguinante e gli islamisti stavano aumentando la loro forza. Ma hanno dovuto
fare una scelta: continuare con i loro vecchi metodi, oppure lottare insieme
nell'intifada. Hanno scelto la seconda. Qualsiasi altra scelta gli avrebbe
alienato la societa' palestinese, cosi' questo ha creato una dinamica, mentre
gli islamisti sono diventati un problema per Israele. Questa situazione
ha anche trasformato la realta' della sinistra.
E' importante sottolineare che la contraddizione principale, nella visione
della sinistra, e' sempre stata l'occupazione. Cio' perche' l'occupazione
ha l'obbiettivo di liquidare il popolo palestinese. Quindi la sinistra coopera
con gli islamisti nella lotta contro l'occupazione. Si tratta letteralmente
di una questione di sopravvivenza. Naturalmente cio' coinvolge delle contraddizioni.
Ci sono differenze ideologiche, differenze in termini di punti di vista
sociali, e differenze rispetto alla questione delle donne, della famiglia,
dell'educazione, della democrazia, della liberta' personale, e cosi' via.
D: La sinistra palestinese e' uscita indebolita dalla prima intifada? Se
si', perche'?
R: L'intero movimento di liberazione della Palestina e tutte le organizzazioni
palestinesi sono uscite indebolite dalla prima intifada. L'intifada in sè
non era in alcun modo debole, ma il suo sbocco politico, gli accordi di
Oslo, sono stati uno sforzo sprecato che ha lasciato tutti i gruppi in condizioni
peggiori di quelle in cui si trovavano prima della sollevazione.
D: Come funzionava la cooperazione tra i comitati popolari di sinistra e
le forze religiose?
R: All'epoca le forze islamiste non facevano parte del comando nazionale
unificato. Il comando unificato consisteva di Fatah, del FPLP, del DFLP
e
del Partito Popolare. Gli islamisti non erano neppure attivi, ne' politicamente
ne' organizzativamente, nei comitati popolari. Solo a livello di partecipazione
individuale ai comitati erano coinvolti in alcune zone.
D: Che lezioni avete imparato da quell'esperienza?
R: Gli islamisti, all'epoca, non volevano stare nel comando nazionale. Sarebbe
stato meglio per tutte le forze se vi avessero partecipato. Ciò avrebbe
evitato molti degli errori che hanno indebolito la resistenza all'occupazione.
Gli islamisti portavano avanti le loro attivita' in modo parallelo, non
insieme, alle azioni delle altre forze. Quindi c'erano molte azioni di protesta,
ognuna isolata dalle altre. C'erano anche problemi durante le manifestazioni
unitarie, perche' i dimostranti islamisti prendevano ordini da leaders diversi
rispetto a quelli del resto dei partecipanti. Mentre e' essenziale che durante
le manifestazioni e le altre attivita' ci sia un'unita' di azione, altrimenti
e' facile per gli israeliani sconfiggerle. Questa e' una lezione molto importante
dalla prima intifada.
D: Qual e' stata la posizione del FPLP durante la guerra del Golfo?
R: La guerra del Golfo ha avuto due fasi. La prima fase e' stata l'arrivo
delle truppe USA nel Golfo. In questa brevissima fase il FPLP si è opposto
all'invasione irachena del Kuwait. Pensavamo che l'unita' araba non si dovesse
raggiungere attraverso la forza e che le truppe dell'Iraq dovessero ritirarsi
dal Kuwait. E che poi ci sarebbe stata una soluzione araba al problema.
Con questo in mente George Habash (leader del FPLP) ha visitato vari stati
arabi e perseguito un'iniziativa araba per risolvere la crisi. Due principi
erano centrali in questa iniziativa: il ritiro delle truppe irachene dal
Kuwait e il diritto all'autodeterminazione del popolo kuwaitiano. La seconda
fase della guerra del Golfo ha visto l'avanzata delle truppe USA e di altri
paesi occidentali nella regione del Golfo. Durante questa fase il FPLP ha
considerato prioritaria la lotta contro le truppe imperialiste. Pensavamo
che non potesse esserci una soluzione che si proponesse di rafforzare la
dominazione imperialista sulla regione.
D: E' vero che il FPLP si e' alleato con Baghdad per ragioni di
opportunismo?
R: I rapporti tra il FPLP e ogni stato arabo sono basati sull'idea che Palestinesi
e Arabi hanno interessi comuni. Durante la guerra Iran-Iraq la posizione
del FPLP era contraria all'Iraq. Cio' ha portato il governo iracheno a chiudere
tutti gli uffici del FPLP nel paese e a espellere i membri del FPLP. Dal
1980 al 1989 non c'e' stato alcun contatto tra FPLP e Iraq. La presenza
del FPLP in Iraq era clandestina. Negli anni '90 il FPLP non ha ricevuto
alcun beneficio dal suo rapporto con l'Iraq. L'Iraq non e' in grado di fornire
sostegno ad altre forze. Caso mai e' lo stesso Iraq ad aver bisogno di appoggio
contro le potenze imperialiste.
D: Che effetti ha avuto la dinamica di Oslo sulla sinistra palestinese?
R: La sinistra ha fatto tutto cio' che ha potuto, a tutti i livelli, per
resistere. Al livello della lotta armata, la sinistra e' sempre stata attiva
in Palestina e nel sud del Libano. A livello popolare la sinistra ha fatto
cio' che ha potuto per mettere in evidenza il fallimento degli accordi di
Oslo. Abbiamo cercato di convincere la gente a non farsi deviare dalla borghesia
palestinese, dagli Israeliani, dagli Americani. A livello pan-arabo il FPLP
è stato molto attivo, in particolare tra le
masse arabe in altri paesi, per convincere i vari partiti arabi indipendenti,
i sindacati e le iniziative popolari dei pericoli insiti negli accordi di
Oslo. Volevamo vedere la creazione di un fronte popolare arabo contro la
normalizzazione con il sionismo, con Israele, e con l'imperialismo.
A livello interno la sinistra ha lottato per la democrazia e contro la corruzione
all'interno dell'Autorità Nazionale Palestinese. Il Fronte popolare ha anche
organizzato proteste e ha sostenuto le lotte dei prigionieri politici nelle
prigioni israeliane e palestinesi. Nelle scuole e nelle università il Fronte
popolare ha organizzato la resistenza agli Accordi di Oslo e alle loro conseguenze.
Israele e la CIA, per mezzo dell'accordo di Whye River, nel 1999, hanno
tentato di influenzare gli alunni palestinesi, volevano che l'ANP riscrivesse
tutti i libri di testo, inserendo posizioni neutrali per creare un'atmosfera
di amicizia verso gli USA e Israele. E' stato solo grazie a grandi sforzi
che questi piani sono stati respinti. La sinistra ha fatto molto lavoro
di base tra la popolazione ed è così che si è formato un fronte ampio di
resistenza contro i nuovi programmi educativi pro-imperialisti. Ci sono
degli esempi sugli obbiettivi quotidiani che la sinistra ha intrapreso dal
1993 per resistere agli Accordi di Oslo.
La sinistra ha anche cominciato ad allargarsi in nuove direzioni ed è stata
in grado, in anni recenti, di inviare i suoi quadri politici nei paesi vicini
e nei Territori palestinesi occupati per sostenere direttamente la lotta
della gente contro l'occupazione. I nostri compagni sono sul fronte delle
proteste della nuova Intifada. Il più grande successo della sinistra contro
le dinamiche di Oslo è il fatto che il suo lavoro politico è stato recepito
dai palestinesi al punto che c'è una linea rossa che la leadership ufficiale
non può valicare. Questa linea è rappresentata dai diritti fondamentali
del popolo palestinese che nessuna rappresentanza può violare, come l'autodeterminazione,
uno stato con Gerusalemme capitale, il diritto al ritorno per milioni di
rifugiati palestinesi, la fine dell'occupazione e lo smantellamento degli
insediamenti israeliani.
D. Che rilevanza ha la sinistra nella nuova Intifada?
R. La sinistra, per mezzo del suo lavoro di chiarificazione politica sugli
ultimi anni, ha rafforzato la base politica dell'Intifada. Attualmente siamo
coinvolti in tutte le attività dell'Intifada; siamo presenti nelle strade,
nei Comitati di coordinamento ad alto livello, così come nei Comitati popolari
ed assolviamo compiti come prendersi cura delle famiglie povere, creare
comitati politici, sostenere i prigionieri politici e così via. La sinistra
è anche coinvolta nella lotta armata.
D. Come vede ora la sinistra palestinese le prospettive per la liberazione?
R. La sinistra vede il processo di liberazione come un processo a due vie:
La liberazione sociale senza la fine dell'occupazione è impossibile, come
d'altra parte è impossibile far cessare l'occupazione senza raggiungere
una liberazione sociale.
Nell'avanzamento della liberazione sociale è possibile mobilitare la gente
contro l'occupazione. Allo stesso tempo, la sconfitta dell'occupazione crea
anche le condizioni per la liberazione sociale. Il compito principale della
sinistra palestinese è proteggere la vita del popolo palestinese e difenderlo
in condizioni che sono cambiate radicalmente. Per rendere possibile questa
difesa la sinistra accetta la soluzione dei "due stati" come soluzione temporanea:
Questo ovviamente a condizione che siano assicurati i diritti fondamentali
e che le vite dei palestinesi siano protette. Da un punto di vista storico,
comunque, il problema del sionismo rimane, così la lotta contro il sionismo
ha una dimensione strategica. L'alleanza sionista-imperialista è un nemico
per tutti i popoli della regione. Così la sola soluzione strategica può
essere uno stato democratico per tutti i popoli che vivono su questa terra,
libera da sionismo ed imperialismo. Perché questa lotta possa avere successo
abbiamo bisogno del sostegno delle sinistre di tutto il mondo. Quindi la
solidarietà internazionale è una parte centrale del lavoro della sinistra
palestinese.
D. Qual è l'opinione della sinistra palestinese su quella israeliana?
R. Abbiamo contatti solo con i gruppi della sinistra anti-sionista che purtroppo
sono molto piccoli: Speriamo che crescano e che possano raggiungere il livello
di rappresentare una sfida per l'ideologia sionista all'interno della società
israeliana. Questo non solo nell'interesse dei palestinesi ma anche degli
stessi israeliani. I nostri contatti con gruppi israeliani sono basati sulla
condizione che siano anti-sionisti e che riconoscano i diritti fondamentali
del popolo palestinese, compreso quello all'autodeterminazione e al ritorno
per milioni di profughi della diaspora.
D. Qual è la differenza principale tra la prima Intifada del 1987 e quella
attuale?
R. Prima di tutto, l'Autorità Palestinese non esisteva nel 1987. L'Intifada
era una rivolta del popolo contro l'occupazione. Allora c'erano solo due
autorità: il potere dell'occupazione israeliana veniva affrontato dal movimento
popolare palestinese, la sola autorità popolare che i palestinesi avevano.
Oggi, oltre all'Intifada c'è anche l'Autorità Palestinese che ha fatto accordi
con l'occupazione. Questo gli ha dato bassi margini di manovra contro l'occupazione.
Ciò significa che a volte l'Autorità Palestinese è in contrasto con le emozioni
popolari e deve affrontare la tattica della leadership nazionale e dell'Intifada.
La gente si aspetta che l'ANP vada incontro alle sue aspirazioni rispetto
sia alle questioni economiche che di sicurezza.
Secondo l'uso della forza e delle armi da parte degli israeliani contro
i palestinesi, durante questa Intifada è molto più intenso e pesante, questo
si evidenzia con l'alto numero di perdite palestinesi.
Terzo, la leadership nazionale dell'Intifada è molto meglio organizzata
che nel passato così che può organizzare le attività dell'Intifada e allo
stesso tempo mantenendo in piedi la vita civile come la scuola, il commercio,
ecc?
Quarto, questa nuova Intifada ha un gran livello di solidarietà in vari
paesi arabi. Le manifestazioni massive di solidarietà nelle piazze arabe
sono state sostenute da diversi regimi.
D. Quali sono le tendenze politiche più significative nel movimento di resistenza
palestinese secondo il FPLP?
R. In generale, possiamo identificare le seguenti tendenze. Primo, quella
della borghesia nazionale, principalmente rappresentata da Fatah. Questa
linea è guidata politicamente, socialmente ed ideologicamente dalla borghesia.
La base del movimento, comunque, è rappresentata dalle masse povere della
società palestinese, per esempio i giovani dei campi profughi. Poi c'è la
tendenza islamista la cui leadership proviene principalmente dalla classe
media. La sua base è piuttosto mista. Questa tendenza si avvale del fatto
che la società palestinese è tradizionalmente religiosa. Poi c'è la sinistra,
rappresentata dal Fronte Popolare e dal Fronte Democratico e gli attivisti
provengono dal proletariato palestinese. Questa tendenza comprende altre
organizzazioni come il Partito Popolare, cioè l'ex Partito Comunista, il
FIDA, il Fronte di Lotta Popolare e molte persone a livello individuale.
Questa tendenza racchiude tutte le forze progressiste, laiche e democratiche,
che si basano più o meno sul marxismo.
D. Come puoi descrivere l'attuale situazione della sinistra palestinese
e qual è la tua posizione riguardo alla rivolta?
R. Negli anni passati la sinistra palestinese ha affondato le sue radici
nella società, mentre prima era stata molto indebolita da vari fattori:
il collasso dell'Unione Sovietica e del blocco socialista e dalla crisi
generale della sinistra in tutto il globo. Ma possiamo dire che la crisi
della sinistra palestinese è stata inferiore di quella sofferta dalla sinistra
in Europa e nel mondo. Il Fronte Popolare gode di una particolare forma
di credibilità tra i palestinesi. Per le sue forme di lotta e la correttezza
delle sue analisi sociali e politiche, Il FPLP ha credibilità. Le posizioni
di sinistra riguardo alle rivolte corrispondono agli obbiettivi dell'Intifada.
Questi Obbiettivi sono: fine dell'occupazione israeliana, la creazione di
uno stato palestinese con sovranità reale e con Gerusalemme come capitale
e la garanzia del diritto al ritorno per i profughi.
C'è unità su questi punti e noi siamo convinti che l'Intifada non debba
finire fino a che questi obbiettivi non siano raggiunti. Un punto su cui
c'è disaccordo è fino a che punto la sinistra debba partecipare all'Autorità
Palestinese e su quale forme di lotta debbano essere usate contro l'occupazione
perché c'è gente che dice che sarebbe meglio evitare la violenza, per esempio.
D. Quali sono gli obbiettivi immediati e strategici per il Fronte Popolare
per quanto riguarda la questione palestinese?
R. L'obbiettivo immediato per il Fronte è la realizzazione del progetto
di liberazione nazionale. Gli obbiettivi di questo progetto sono: autodeterminazione,
uno stato con Gerusalemme capitale e il ritorno dei profughi. Gli obbiettivi
strategici a lungo termine riguardano il raggiungimento di una giusta pace
per l'intera regione. Questa soluzione può essere realizzata solo con la
creazione di uno stato democratico e laico che possa essere la casa di tutti
i popoli della regione, al di là del colore della loro pelle, della loro
religione o etnia. Questa soluzione eviterà alla regione la sofferenza che
le è stata inflitta dall'ideologia razzista del sionismo. Questa soluzione
sarà l'alternativa alla costruzione di due stati religiosi, uno ebraico
e uno palestinese.
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