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Diario di una giovane palestinese: dieci giorni di terrore a Jenin
by IMC Italy Sunday, Sep. 08, 2002 at 2:17 PM mail:

...

REEM SALEH vive nel campo profughi di Jenin. Ha festeggiato il suo quindicesimo compleanno tre giorni prima che i carri armati israeliani entrassero nella città di Jenin il 3 Aprile. Per regalo, il padre Jamal, operaio saldatore, le ha dato una penna con cui ha scritto un diario in cui ha registrato come lei e il padre hanno vissuto le due successive settimane.
Alla fine di questa durissima prova, mi ha detto che non voleva più diventare un'insegnante o un'infermiera, perché per la disperazione ha deciso che vuole diventare un'amalieh Esteshhadieh, una kamikaze in una missione suicida. Ha iniziato a parlarmene piangendo, eppure ha continuato dicendo: "Tutti i miei amici vogliono la stessa cosa. Se gli Israeliani se ne andassero, forse sognerei d'essere qualcos'altro."
La famiglia Saleh si è trasferita nel campo di Jenin nel 1948 dopo aver lasciato la propria casa nel territorio ora chiamato Israele. Il resto della famiglia vive in un campo prigionieri con case comunicanti. I Saleh sono stati decisamente più fortunati di altri durante l'invasione di Jenin, avendo avuto in precedenza la possibilità di fare scorte di cibo ed approvvigionamenti, oltre a rifornimenti d'acqua ricavata da un pozzo.
Ma quando sono arrivati quei 50 soldati israeliani ed hanno deciso di utilizzare la loro casa come postazione per uno dei loro cecchini, tutti i 24 sono stati relegati in una sola stanza. I Saleh non hanno subito alcun incidente, ma la loro casa è stata danneggiata in modo irreparabile, la loro auto è stata schiacciata dai carri e questa istruita famiglia medio-borghese è rimasta traumatizzata.
Reem e i suoi quattro fratelli minori - di cui il più piccolo ha solo tre anni - hanno sopportato, notte dopo notte, bombardamenti, raffiche di mitragliatrice e il rumore degli elicotteri Apache. Le scuole hanno chiuso il giorno stesso dell'incursione, così non hanno più visto i loro amici né sanno se sono vivi o morti.
Reem, adolescente timida, educata e studiosa, registra nel suo diario non solo i pensieri che le attraversano la mente, ma anche gli aggiornamenti radio, unico tramite col mondo esterno per la famiglia.



Mercoledi' 3 aprile.


Primo giorno: sento il rumore dei carri armati e degli elicotteri. Le truppe israeliane sono entrate nella città di Jenin. Per tutto il giorno, il muezzin dalla moschea ha fatto appello alla resistenza: "A tutti i palestinesi, Hamas, Fatah, Jihad. Resistiamo all'esercito. Siamo in allerta!" A partire da sabato, sono entrati anche nel campo, procedendo lentamente: hanno isolato il campo, circondandolo.
Ci sono così tanti carri armati, soprattutto nell'area di Jabriat e Saadeh, e i combattimenti tra la resistenza palestinese e l'esercito israeliano sono continuati per tutto il giorno. Sono state prese molte case e tante famiglie sono state sparpagliate e divise. I cecchini sono dovunque, appostati nelle case, e questo soprattutto nell'area di Jabriat.
La resistenza ha cercato di fermare l'occupazione del campo da parte dell'Esercito, e sei palestinesi e due soldati israeliani sono rimasti uccisi. Questo è quello che comunicano le fonti israeliane. La resistenza ha affermato che gli israeliani prenderanno il campo solo passando sui nostri cadaveri. La resistenza ha usato per la prima volta le RPG (granate a propulsione razzo) distruggendo tre carri armati israeliani. I leader della resistenza hanno annunciato che "ci sono molte sorprese in serbo per loro".

Sabato 6 aprile


9:30 a.m.: le truppe israeliane hanno fatto irruzione nella nostra casa e si sono appropriati di tutte le stanze. Abbiamo sentito le loro voci da fuori: hanno rotto i mobili e sembrano infuriati. Ora si spalmano sulla faccia della crema mimetica nera. Alcuni sono molto nervosi e riesco a vedere l'odio nel loro sguardo. Uno di loro ci ha sputato addosso: sembrava scuro, forse veniva dallo Yemen. Poi alcuni soldati hanno portato mio padre in una stanza per usarlo come scudo mentre sparavano da alcuni buchi che hanno scavato nei muri.
Quando uno è entrato nella stanza, ha buttato tutto per l'aria con la canna del fucile, facendo cadere tutte le cose che erano sugli scaffali. Si è rotto tutto. Ci hanno fatti spostare tutti e 24 - i vicini, i cugini e i parenti - nella stanza di zio Sophi. Hanno perquisito ogni più piccola cosa che hanno trovato in casa, hanno guardato tutte le fotografie e poi hanno trovato il poster di un ragazzino ucciso a Jenin, un martire: ci hanno sputato sopra. Hanno gettato a terra persino i giornali. Hanno detto "Questo cos'è? Un giornale?" C'era un poster di 24 martiri uccisi a Jenin, inclusa la nipote di mia madre, Maria Abu Seria, morta il 28 febbraio. Aveva 10 anni.
Il soldato ha chiesto a mio padre cosa fosse e poi ha detto "Li ho uccisi io? Beh, non importa. Farai bene a dirmi dove si trovano gli altri combattenti di Jenin".
Ancora non riesco a credere che siano in casa mia. Non sento niente, sono come paralizzata. Abbiamo alzato tutti le mani in segno di resa quando sono entrati, così che non ci sparassero addosso.
Per tutto il giorno si è sentito il suono delle esplosioni, dei Kalashnikov e degli M16 provenire dal nostro lato. Dal lato israeliano, si sente invece il suono degli elicotteri, per tutto il giorno. Ho paura. Sento sparare i carri armati. Sento gli aeroplani, gli F16, sopra la testa.
I miei fratellini e i miei cugini si stanno nascondendo. Quando guardiamo fuori dalla finestra, vediamo carri armati, APC ( blindati per il trasporto dei militari) e bulldozer abbattere case. Vediamo gente che deve abbandonarle con le mani in alto.

Domenica 7 aprile.


Un soldato israeliano è stato sparato in casa. Ha riportato gravi ferite. Ha la faccia completamente coperta di sangue e sta gridando. Gli altri soldati gli stanno applicando delle bende sul viso e sulle braccia e poi gli hanno messo una flebo con una soluzione di glucosio nel braccio. Più tardi, griderà che vuole sua madre.
Ho paura che vogliano vendicarsi. Ci gridano qualcosa in ebraico. Ci dicono di non avvicinarci alle finestre. Un soldato è così arrabbiato che sbatte la testa contro il muro. L'Apache bombarda il campo per tutto il giorno e il soldato ci dice: "Non lasceremo questo posto finché tutti gli uomini in possesso di armi non si arrenderanno". E la resistenza palestinese continua a dire "Non ci arrenderemo mai".
Il muezzin continua a spronare la resistenza dalla moschea, dicendo di non desistere. Ne è rimasto uno solo nel campo che ancora lavora, ma continua a dir loro di resistere.

Lunedi' 8 aprile.


Oggi, le fonti israeliane hanno comunicato che due soldati israeliani sono stati uccisi mentre cinque sono rimasti feriti. Le fonti palestinesi sono diverse. Dicono che i palestinesi uccisi sono a centinaia. Anche la radio dice che qui nel campo stanno compiendo un massacro ma il mondo non ne sa assolutamente nulla.
L'Apache continua a bombardare. Le case vanno a fuoco. Nessuno sa esattamente quante persone sono morte nelle proprie case. Oggi si combatte anche a Nablus, dove vivono mio zio e mia zia, ed in Iraq hanno deciso di non vendere più il petrolio.
I Gouls, i nostri vicini, vivono dall'altro lato della strada. Ci hanno mandato i figli perché pensano che qui possano essere al sicuro, ma i genitori sono rimasti lì perché non vogliono lasciare la casa. La casa viene silurata e i genitori si sono spostati al primo piano. Poi il primo piano viene colpito da un razzo e finalmente se ne vanno. Ma non vogliono uscire in strada ed essere colpiti, così rompono il vetro di una finestra e strisciando passano attraverso di essa fino ai loro vicini.
Ora hanno solo mezza casa. Tutti i bambini hanno sentito il razzo ed hanno paura. Quando l'Apache vola in tondo, i bambini si mettono le mani sulle orecchie e gli israeliani dicono loro di non aver paura. "L'Esercito sa che siamo qui, non ci spareranno", dicono.
Uno dei soldati israeliani sente un telefono squillare. "Dov'è?". Dice a mio padre che lo vuole, ma mio padre gli risponde che non c'è nessun telefono. Discutono per un'ora e poi colpisce mio padre sulla testa e lo insulta. Alla fine, capisce che il rumore non proviene da un telefono ma dall'orologio di mio padre, che fa un rumore simile allo squillo di un telefono.

Martedi' 9 aprile.


Guardo i soldati israeliani abbattere una casa con un bulldozer. Vedo la gente palestinese uscire dalla casa con le mani in alto, ma sono di spalle, non riesco a vedere le loro facce.
Una vicina che aspetta un bambino, di nome Hyam, bussa alla nostra porta. Ha le doglie ed ha paura. I soldati le gridano di andarsene ma lei dice di non avere nessun altro posto dove andare. Se ne va di nuovo in strada portandosi dietro la sua bambina che sventola un panno bianco come se fosse una bandiera. Ma vengono sparate lo stesso.
Hyam non è ferita, ma solo spaventata. Quando torna a casa sua, suo marito non c'è, è stato arrestato dagli israeliani. Gli altri figli nel frattempo sono stati portati dai vicini.

Mercoledi' 10 aprile


La radio parla di un militante suicida su un autobus ad Haifa. Veniva da Jenin.

Giovedi' 11 aprile.


Ascoltando la radio vengo a sapere che gli israeliani hanno demolito dieci case.
Ci sono dei combattenti nelle case. A casa nostra cerchiamo di leggere il Corano. Non possiamo lavare i vestiti, quindi indossiamo ogni giorno le stesse cose.
Non posso lavarmi i capelli. I bambini devono stare zitti, altrimenti i soldati si mettono a gridare, a volte anche per otto o nove ore.

Venerdi' 12 aprile.


Un altro attentato suicida a Gerusalemme. Ogni giorno la stessa cosa. Possiamo muoverci solo uno alla volta, quando i soldati ce lo permettono. Allora ci spostiamo da quell'unica stanza in cui viviamo per andare nel bagno o in cucina. Ci dicono sempre di non avvicinarci alle finestre. Al notiziario ho appreso che nel campo di Jenin hanno ucciso 13 soldati israeliani. Non so dove, perché ci sono sempre esplosioni. I soldati si arrabbiano moltissimo, ed uno di loro dice a mio padre: "Ora non ce ne andremo finché non saranno morti tutti gli arabi".

Prima di questa guerra andavo a scuola. Le lezioni sono state interrotte il 29 Marzo e dall'incursione non ho più rivisto i miei amici, Amal e Nurseh. So solo che il fratello di Amal è stato ucciso. Aveva 20 anni. E non era un guerrigliero.

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per non dimenticare
by allegra Sunday, Sep. 08, 2002 at 5:33 PM mail:

l'11 settembre si avvicina e noi non vogliamo dimenticarci di Jenin

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per non dimenticare
by allegra Sunday, Sep. 08, 2002 at 5:34 PM mail:

l'11 settembre si avvicina e noi non vogliamo dimenticarci di Jenin
perché l'11 settembre non sia solo commemorazione delle vittime di serie A ma anche di quelle di serie B e perché dietro questa commemorazione non si nascondano nuovi venti di guerra

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