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Le case ce le siamo ri-prese.
by COMITATO DI LOTTA PER LA CASA Tuesday, Sep. 10, 2002 at 11:28 PM mail: comitatocasa@yahoo.it

Palmieri, le case ce le siamo prese.

Le case ce le siamo ...
palmieri1.jpg, image/jpeg, 427x300

Milano 10 Settembre

Palmieri, le case ce le siamo prese.

L’Aler aveva promesso (è la quarta volta) per lunedì 9 settembre una soluzione per le sei famiglie violentemente sgomberate in agosto da via Palmieri n.1. La soluzione non c’è stata: così le famiglie sgomberate, senza casa da un mese, esasperate e con i figli da mandare a scuola, sono scese per le strade del quartiere e hanno protestato. Alla protesta sono seguite due occupazioni, una in via Palmieri, l’altra in un quartiere diverso.

Mentre la Maiolo promette di mandare dal parrucchiere le care povere donne anziane che non se lo possono permettere, dimostrando a tutti di non sapere nemmeno lontanamente cosa siano i reali bisogni della gente, De Corato promette case popolari ai giovani studenti, mentre sfratta gli anziani, non più produttivi e non più utili.

Proprio per ricordare questi bisogni reali, ma soprattutto per affermarli come diritti indiscutibili, oggi il quartiere Stadera si è ripreso una casa, in seguito ad una manifestazione che ha visto la partecipazione e la solidarietà di tutti gli abitanti, contro la ghettizzazione e il tentativo costante di annientamento della classe lavoratrice, soprattutto se povera e immigrata, buona per pagare i fondi Gescal, ma non per usufruirne; classe lavoratrice che quando non serve più, può essere tranquillamente buttata in strada a morire.

Questa è la storia di chi ha occupato oggi, invalido e anziano, da molti anni nelle liste di emergenza, recentemente sgomberato, picchiato e insultato dalla polizia.

Uno dei tanti lavoratori "importati" quando c’erano le fabbriche e che sono diventati un problema quando le fabbriche non c’erano più; un peso inutile, da eliminare, in qualche caso da sterminare con l’eroina.

Affrontare il problema di via Palmieri da questo punto di vista significa uscire dalle stereotipizzazioni che lo vorrebbero solo un quartiere di mafia da abbandonare al proprio destino.

In via Palmieri, via Neera, via Spaventa e in tanti altri quartieri periferici le case popolari sono vuote da anni. Vengono murate, lamierate e rese inagibili perché la regione possa privatizzarle e metterle nelle mani degli speculatori che con i loro interessi rappresentano il vero pericolo mafioso.

Quartieri dormitorio dove le situazioni problematiche sono state messe tutte insieme, perché gli stessi speculatori, politici corrotti e fascisti (ricordiamo il tentativo di AN non molto tempo fa attraverso vari comitati) potessero indicarli come criminali, metterli gli uni contro gli altri, italiani contro immigranti, regolari contro abusivi ed impedire ogni tipo di protesta.

Le tante assemblee che si tengono in via Palmieri e le occupazioni di oggi rappresentano il fallimento di questo tentativo: che l’ultimo sgombero di polizia sia stato la goccia che fa traboccare …?

COMITATO DI LOTTA PER LA CASA


http://www.angelfire.com/rebellion/comitatocasa/

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chi non occupa ...
by Tella Tuesday, Sep. 10, 2002 at 11:45 PM mail:

La casa è un diritto l'affitto è una rapina mandiamo decorato a vivere in cantina

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un ricordino de corato (l'Unita' 17/3/87
by antifa Wednesday, Sep. 11, 2002 at 4:03 AM mail:

  La loro giustizia si chiama vendetta "Camerata Ramelli" "Presente!" "Camerata Ramelli" "Presente!" "Camerata Ramelli" "Presente!" Così, con grido minaccioso e braccia tese nel saluto romano, i ragazzi del Fronte della Gioventù salutano Anita Ramelli, la piccola donna bionda dagli occhi gonfi di pianto. Sono cinquecento, tra quelli di Milano e quelli venuti da Monza, da Bolzano, da Trieste, da Padova, da Torino, per partecipare al corteo che da via Mancini, sede del Fronte, è arrivato in via Amadeo, dove ancora vive la mamma del ragazzo ucciso dodici anni fa. Un corteo aggressivo, sinistro, nonostante le parole misurate con cui i capi cercano di imbonire i giornalisti. "Non vogliamo fare i forcaioli, cerchiamo di capire il clima di quegli anni" dichiara Paola Frassinetti, una dirigente nazionale. Alle sue parole fanno da contrappunto i cinquecento che passano urlando "Comunisti bastardi, venite fuori adesso, ve lo facciamo noi un bel processo". "Il movimento è diverso dai rigurgiti nostalgici" ripete Riccardo De Corato, consigliere comunale missino. "Basco in testa, manganello in mano, sono rossi e devono morir" canta il ragazzo inguainato in una tuta di pelle nera, la croce nazista appesa al collo. Per i cinquecento che sfilano Sergio Ramelli, il ragazzo sprangato a morte, non è la vittima inutile di una cultura sprezzante della vita umana, ma un martire da vendicare. La gente guarda e tace, solo  un signore anziano mormora: "Non credevo che esistesse ancora una cosa del genere". Del resto, il clima di intimidazione instaurato dal pur sparuto drappello, è evidente; i giornalisti sono "curati", fotografati, seguiti neanche tanto con la coda dell'occhio. Comunque, tutto si svolge senza incidenti: solo in corso XXII marzo, prima dell'inizio della manifestazione, sul tram 12 si scazzottano un ragazzo del Fronte e uno di Dp, e la rissa finisce con un occhio nero del giovane fascista. Ben altro è il clima in piazza Fontana, dove fin dal primo mattino si è organizzato un presidio di Dp al fine di ribadire l'impegno affinché il processo si svolga in un clima provo di condizionamenti, e a garanzia di uno giusto e non vendicativo. Qui circa centocinquanta persone stazionano silenziose davanti agli striscioni. C'è un'aria triste, pesante, fisicamente palpabile. A giudicare dalle facce oramai stagionate, ci sono coloro che gli anni della violenza gli hanno vissuti in prima persona. Molti guardano la mostra fotografica allestita proprio a due passi della Banca dell'Agricoltura; il corpo di Feltrinelli, gli scontri con la polizia a Valle Giulia, la strage della questura. Quella di Dp è stata una manifestazione di messa, sottovoce. Eppure, ai fascisti - che hanno promesso un periodi di grande effervescenza - è sembrata un affronto. " Potrebbe pregiudicare il clima di distensione - ha detto De Corato - ancora un gesto del genere e potremmo decidere di manifestare ad ogni seduta del processo". di Marina Morpurgo

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