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report e foto primo giorno
by imc italia Tuesday, Oct. 01, 2002 at 1:28 PM mail:

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Report dalla prima giornata

Un pezzo di noi e' arrivato

Il vento spazzava il deserto mentre i taxi collettivi ci accompaganavano da amman alla frontiera giordano-israeliana. Il nostro e' il primo di tre gruppi da quindici a tentare il passaggio. I tassisti continuano a fare domande alle quali rispondiamo elusivamente: turismo, le tombe, petra, il mar morto, ognuno si inventa la sua scusa.

bombardamento: il 9 marzo i carri armati israeliani entrano nel campo profughi di dheishe distruggendo case, strutture pubbliche tra cui una scuola e un centro per gli handiccapati. La stessa notte sono state fatte retate: stati bendati tutti i palestinesi tra i 15 e i 40 anni, privati qualsiasi diritto umano ne sono stati arrestai 60 di cui 3 ancora in carcere. Questo e quello che rimane del passaggio dei carri armati israeliani.

Dopo mezz'ora di viaggio ci scaricano alla frontiera giordana; un'ora di attesa, 10 euro e passa la paura. Un'autobus ci porta all'altra frontiera, quella che temiamo di piu', quella israeliana. Lungo la strada iniziano a comparire le bandiere con la stella di David e dal deserto cominciamo a vedere i primi prati all'inglese: ci stiamo avvicinando al posto di frontiera vero e proprio. Ad uno ad uno veniamo fatti passare attraverso il metal detector, mentre i nostri bagagli vengono controllati; ad alcuni di noi trattengono il passaporto e vengono sottoposti a una perquisizione piu' approfondita e un interrogatorio, anche se non particolarmente intenso. I primi di noi ad affrontare la richiesta del visto ci rincuorano, riuscendo a cavarsela con due domande e un sorriso. Dopodiche' la presenza di svariate persone provenienti dallo stesso paese e senza un programma preciso per le loro "vacanze alternative" ha insospettiuto una degli agenti di frontiera, che ha quindi trascinato tutto il gruppo in una spirale di ripetute domande con banali risposte e tempi morti di attesa. Dopo un'ora e mezza e una abbondante dose di charm e fascino italico siamo riusciti a passare. Cambiamo un po' di soldi e contrattiamo con i tassisti per il trasporto fino alla Porta di Damasco a Gerusalemme. Un veloce falafel o similia e siamo di nuovo in autobus alla volta del checkpoint prima di Betlemme, mentre due di noi aspettano gli altri gruppi. Al check point diverse persone scendono poco prima della fermata per tentare di evitare il blocco dei militari israeliani, mentre noi ci incamminiamo nello stretto passaggio che porta dall'altro lato del blocco. Insieme a noi camminano decine e decine di palestinesi, donne, ragazzi e anzianii, che passaano per questo luogo tutti i giorni della loro esistenza occupata. Proprio di fronte al punto in cui un giovane militare israeliano controlla i nostri passaporti e' parcheggiato un enorme bulldozer corazzato, di quelli che usano per abbattere le case e le baracche. Il puinto in cui ci troviamo di fronte al controllo e' un budello in cui puo' passare solo una persona per volta. La situazione e' surreale e crudele: passano due di noi in fila per uno come pecore e il soldato guarda il loro passaporto sorridendo... "italian eheh" ... poi arrivano due ragazzi palestinesi; uno di loro abita a Betlemme, l'altro vuole andare a visitarlo a casa sua, ma il soldato non vuole sentire ragioni, se il ragazzo che lo accompagna non ha il visto non passa. La situazione si fa piu' tesa e le voci piu' alte nel tono, mentre noi e tutti gli altri in coda con noi guardano attoniti, mentre la rabbia creSCE. Alla fine riusciamo a passare mentre i due venbgono rispediti indietro. Dall'altro lato recuperiamo due taxi e arriviamo finalmente ad IBDA, il centro culturale a Deheishe.

combattenti: su tutti i muri dei campi profughi e sui muri delle case ci sono foto che ricordano i martiri, uccisi dall`esercito israeliano o suicidi per il popolo. Ogni famiglia conta almeno un martire e in ogni manifestazione pubblica vengono ricordati con poster, murales, foto.

Dopo un paio di ore arrivano al check point anche le due persone che stavano aspettando i restanti due terzi della comitiva. Si trovano davanti una lunga coda di palestinesi ceh da un'ora aspettano di passare il controllo sotto le urla degli israeliani, fermi come animali nei carri, insultati e infreddoliti dal vento gelido. A questo punto le persone del nostro gruppo insieme a due donne israelinae che facevano parte del gruppo degli osservatori sui diritti umani si sono schierate in favore dei palestinesi in fila e hanno fatto pressione sui militari perche' li lasciassero passare e interrompessero il trattamento inumano a cui stavano sottoponendo quelle persone. Infine tutto il primo gruppo si ritrova al centro culturale Ibda, mentre al momento 20 persone circa sono trattenute alla frontiera israeliana e ancora non sappiamo se riusciranno a raggiungerci. Nonostante i carri armati si siano ormai allontanati dalle zone dell'autonomia, le persone con cui parliamo pensano che non tarderanno a tornare. Non si respira una bella aria, ma il morale e' alto.

Martedi' 26 marzo 2002

Un campo di notte

E' gia' notte ma Nabil insiste per seguirlo in un "tour" attraverso il campo profughi di Dheiseh. Nabil ha ventisei anni, e' alto e i suoi occhi profondi trasmettono un senso di tranquillita' che non ci si aspetterebbe da chi vive in un posto come questo. In una decina decidiamo di andare. La strada sconnessa si arrampica sulla collina dove poggia il campo, e dopo pochi passi sale il primo groppo in gola. Siamo davanti a cio' che resta di un centro per handicappati colpito "per sbaglio" da un missile lanciato da un F16 israeliano. Un cancello arrugginito resiste in piedi, esile protezione del nulla. Andiamo avanti al buio, il paese e' quasi deserto. I segni dei bombardamenti sono ovunque e nei pochi negozi aperti praticamente nessun cliente. Il nostro passaggio e' molto apprezzato, di questi tempi sono pochi i pazzi che decidono di spingersi in questa zona, noi fra quelli. In ogni bottega campeggiano i ritratti dei troppi martiri che abitavano in queste case, foto di giovani che imbracciano fucili automatici, impaginate fra i simboli delle organizzazioni armate. Nabil ci spiega che ad ogni combattente vengono scattate queste foto in anticipo, per averle sempre pronte, nell'evenienza... Nel frattempo arrivano i bambini, le voci viaggiano veloci nel campo. Ci seguono divertiti per un po', poi spariscono; e' quasi ora di cena. Continuiamo il "tour" e lo spettacolo e' sempre piu' pesante; altre case crollate sotto le bombe, case che appartenevano alle famiglie dei combattenti, bersaglio della reppresaglia sionista. A farne le spese sono anche le case vicine, raggiunte dai colpi vaganti o dagli spostamenti d'aria che spazzano regolarmente i vetri dalle finestre. La voce del "muezzin" risuona come un lamento struggente, riecheggia nel campo mentre raggiungiamo la casa di Nabil. Poco prima di arrivarci passiamo davanti a quello che doveva essere il centro stampa, anche questo sfregiato dalle armi pesanti. E' il Nonno ad aprirci la porta, un vecchio asciutto, ossuto, vestito con una lunga palandrana sotto una giacca all'occidentale.

questa era una camera da letto dopo il bombardamento e`diventata un garage

Ci stringe la mano uno ad uno, poi ci invita a prendere un te'. Accettiamo volentieri. La casa e' assolutamente spoglia ma una straordinaria energia vitale la abita. Il vecchio racconta di essere stato deportato qui negli anni cinquanta e che il suo villaggio praticamente non esiste piu', al suo posto le case degli israeliani. Ormai e' tardi, il resto del gruppo ci aspetta per la cena. Torneremo dal vecchio a farci racontare la sua storia, uguale a quella di migliaia di altri, vittime dell' assurda violenza che sta lacerando questo angolo del mondo. Ibda, Deheishe

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