Questa la decisione adottata oggi a sorpresa della Corte di strettuale di Tel Aviv sul processo in corso a Marwan Barghouti, leader del movimento al-Fatah (legato al presidente palestinese Yasser Arafat) e considerato una delle figure più popolari dell’Intifada tra i palestinesi. La seduta è stata burrascosa fin dalle sue prime battute, con accesi scontri verbali tra l’imputato e i famigliari di alcune vittime israeliane delle stragi compiute da kamikaze palestinesi. Barghouti, infatti, secondo Israele, sarebbe responsabile dell’organizzazione e delle pianificazione della catena di attentati contro gli israeliani.
Il capo del collegio di difesa di Barghouti, Jawad Boulos, ha sottolineato che, insieme ad altri 4 colleghi, non parteciperà alle prossime sedute in cui la pubblica accusa leggerà i 27 campi di imputazione per “atti di terrorismo” a carico di Barghouti, arrestato lo scorso mese di aprile dall’esercito israeliano. La Corte distrettuale, stamattina, ha accolto la richiesta del pubblico ministero Dvora Chen che ha chiesto di prolungare i termini dell’arresto fino alla fine del processo. Da qui la decisione di rinviare il tutto al 21 novembre. Ogni apparizione in aula del popolare leader palestinese diventa motivo di tensione sia all’interno della corte che all’esterno.
Oggi, di fronte al Tribunale distrettuale di Tel Aviv, hanno manifestato anche i pacifisti israeliani che si dichiarano contrari alla detenzione illegale di Barghouti, eletto come parlamentare dal suo popolo. A loro, ha osservato l’europarlamentare italiana Luisa Morgantini, presente alla seduta, non è stato concesso l’ingresso in aula, mentre le autorità di Tel Aviv hanno permesso di entrare ai rappresentanti dell’associazione ‘vittime del terrore’. Anche al di fuori della corte, per tutta la mattina, sono proseguite vivaci proteste tra i sostenitori di Barghouti e i famigliari delle vittime.
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