Ora sono stati identificati, sono dei Cobas. E subito si presenteranno in procura. Ma perché una simile iniziativa dei pm? E perché i Cobas non reagiscono tempestivamente?
Con ogni probabilità questa mattina (giovedì 9) avremo sui giornali i nomi delle due persone che ieri mattina erano finiti sul Secolo XIX, ritratti in piazza Paolo Da Novi durante l'assalto alla filiale del Credito Italiano e con su scritto "Chi li ha visti li segnali alla procura della repubblica". A quanto pare era un'iniziativa senza precedenti: il pubblico ministero ha affittato uno spazio pubblicitario, mancava soltanto la vecchia cara taglia.
A quanto pare, sulla base dell'intero filmato che non conosciamo ancora, i pm ritengono che i due abbiano svolto un ruolo importante rispetto alle azioni del blocco nero. Nelle redazioni dei giornali ieri sera c'era chi parlava di lui come del "capo del black bloc".
I due malcapitati appena vista la foto hanno fatto un salto. Subito hanno contattato la procura della repubblica e per quanto ne sappiamo hanno concordato un appuntamento per questa mattina, ottenendo anche la garanzia che non saranno arrestati (e perché mai dovrebbero essere arrestati?). Tutti gli organi di stampa sembravano a conoscenza, ieri sera, almeno dell'identità dell'uomo. Ma a quanto pare l'interessato, sembra su consiglio dei suoi legali, ha scelto di non rispondere ai giornalisti che lo cercavano. La direzione dei Cobas, della quale fa parte, ha avallato questa scelta. Solo oggi, dopo l'incontro con i pm, farà una conferenza stampa.
Ma perché tutti questi misteri? Non sarebbe il caso di presentarsi con nome e cognome e di denunciare in modo esplicito questa messinscena della procura? Che diavolo c'è da nascondere? I magistrati, infatti, hanno pubblicato la foto in quel modo perché - hanno fatto sapere - cercano aiuto per IDENTIFICARE le due persone in questione. Siccome però le due persone fanno politica da qualche anno, è evidente che le Digos erano perfettamente in grado di dar loro nome e cognome. Esistono allora due possibilità, non necessariamente alternative tra loro: primo, la procura cerca in realtà testimoni delle "gesta" dei due; secondo, la procura vuol solo fare propaganda, indicare cioè i Cobas come componente se non come direzione del blocco nero. E per questo non esita a realizzare un'operazione che, a occhio, sembra perfino censurabile per violazione del diritto all'immagine...
E di fronte a tutto questo i Cobas che fanno? Silenzio. Almeno per il primo giorno, silenzio. La risposta è lasciata agli avvocati, che per forza di cose ragiona da avvocato e dunque agisce in relazione al procedimento giudiziario, cioè solo nelle forme del codice di procedura penale. Può bastare? No, chiaramente no. C'è bisogno di ben altro ma si preferisce una contrapposizione sterile alla procura, peraltro accettando il terreno che la stessa procimpone.
Il risultato è che i giornali i nomi li faranno. Se non li faranno oggi è solo per miracolo. Ma se non usciranno oggi usciranno domani. PERCHE' TUTTO ESCE. Lo sanno bene anche i poliziotti che si sono ritrovati i loro penosi verbali sui giornali del 7 gennaio. E loro sì che hanno qualcosa da nascondere, non certo i Cobas, vittime più degli altri dell'ondata repressiva in corso da ottobre in poi da Cosenza a Genova.
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