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MANIFESTO DELLE TELEVISIONI URBANE
by --- Wednesday, Mar. 26, 2003 at 6:11 PM mail:

dear all, a bologna stiamo lanciando il progetto di un canale tv ad accesso pubblico simile agli open channel nord-europei. in queste settimane abbiamo discusso con diverse realta' cittadine coinvolgendo soprattutto quelle che fino ad ora non erano entrate in contatto con il mediattivismo di nostra conoscenza, con il progetto telestreet, etc.

ho scritto questo manifesto per mettere per la prima volta nero
su bianco le idee nell'aria. come e' emerso dalla plenaria di nowartv
di domenica scorso a bologna, pur mantenendo gli impegni nel network
delle tv di strada e nei progetti satellitari e' tempo di cominciare
a pensare ad un livello intermedio che coinvolga le citta' nella loro
interezza (processo questo piu' facile a bologna che ovviamente a
milano o roma). giro questa bozza di manifesto alle liste
rekombinant, megachip e nowartv per aprire un dibattito e proporre
modifiche ed ampliamenti al manifesto. in questa versione ha gia'
ricevuto l'adesione di diverse realta', grandi e piccole, come per esempio
Radio Citta' del Capo, Radio Fujiko, Link, Xing, Associazione Orlando, Poplab,
Macchine Celibi, Home Movie, Zimmer Frei e altri. a tutti chiediamo di discuterlo
e sottoscriverlo a livello nazionale (non solo bolognese). nelle prossime
settimane il lancio del manifesto e del progetto con ulteriori firme.
per maggiori info e per l'adesione inviate una email a mat@rekombinant.org
(specificando se adesione collettiva o individuale)

buona lettura /m


--------



MANIFESTO DELLE TELEVISIONI URBANE


Per una democrazia partecipativa dei media di massa e la
realizzazione del primo canale televisivo italiano ad accesso pubblico





MANIFESTO

1. Lo scenario: comunicazione indipendente e monopolio
2. Nuovi diritti: il diritto all'autogestione della comunicazione
3. Nuovi spazi: il Dominio Pubblico dei media
4. Nuove politiche: la cultura dei nuovi media
5. Nuovi media: la televisione incontra la rete
6. Nuova televisione: i canali ad accesso pubblico
7. Nuovi contenuti: dal palinsesto nazionale al palinsento urbano
8. La città: la televisione innestata nel tessuto sociale
9. Il modello economico: media non profit e cooperativi
10. Il modello politico: l'autonomia della società



1. Lo scenario: comunicazione indipendente e monopolio

A livello mondiale si sta diffondendo una nuova cultura dei media:
ai tradizionali mezzi della comunicazione indipendente come radio e
internet si affiancano oggi centinaia di sperimentazioni di TV
indipendenti, televisioni di strada e satellitari, web TV, canali
tematici. Questo movimento di "video attivismo" prende corpo come
alternativa al monopolio statale e commerciale della televisione.

Riteniamo che oggi la società abbia la maturità democratica e il
bagaglio culturale e tecnico per organizzare autonomamente i propri
media nella forma di Televisioni Urbane, ovvero di canali televisivi
ad accesso pubblico su scala metropolitana.

Il ritardo italiano nei media ad accesso pubblico si deve
confrontare con le esperienze europee che dimostrano come sia
possibile costruire televisioni gestite dalla società in modo aperto
e partecipativo.


2. Nuovi diritti: il Diritto all'Autogestione della comunicazione

E' cresciuta negli ultimi decenni nella società la consapevolezza
dei diritti della comunicazione, che oggi sono rivendicati insieme a
tutti gli altri diritti universali e di cittadinanza. Si vedano
esempi come People's Communication Charter (http://www.pccharter.net).

Questa consapevolezza deve spingersi oltre e riconoscere non solo
il semplice diritto passivo alla comunicazione ma anche il diritto
attivo all'autogestione della comunicazione all'interno di una nuova
visione del dominio pubblico dei media.


3. Nuovi spazi: il Dominio Pubblico dei media

La cultura della comunicazione sociale in tutte le sue anime (dal
video attivismo alle radio libere al Free Software) ha aperto uno
nuovo spazio tra le maglie dei media e delle tecnologie comuni che
ora deve vedere riconosciuta la sua "cittadinanza" e il suo status
culturale e politico.

La griglia culturale, politica, legale entro cui si cala questo
movimento è uno spazio che definiamo dominio pubblico della
comunicazione. Per Dominio Pubblico intendiamo una sfera che non
appartiene né allo stato né al mercato ma alla società tutta e dalla
società è gestito e controllato (da non confondersi con il "servizio
pubblico" erogato dallo stato).

Gli attori che più hanno contribuito all'allargamento del dominio
pubblico devono lavorare ora alla sua riconoscibilità esterna e alla
usa autorganizzazione interna. Si prenda ad esempio la campagna
olandese Public Domain 2.0 (http://www.waag.org).

Il nuovo dominio autonomo della comunicazione deve essere
riconosciuto e sostenuto dalle istituzioni in quanto alveo portante
di una democrazia partecipativa e di un municipalismo nuovi. Le
istituzioni devono finalmente coniare gli strumenti e le soluzioni
per la transizione della società fordista in una società
post-fordista basata sull'autonomia del sociale.


4. Nuove politiche: la cultura dei nuovi media

Le politiche istituzionali sui nuovi media contemplano solo la
questione dell'accesso (spesso in un'ottica di sostegno al mercato o
alle infrastrutture amministrative) e non ne colgono il valore come
mezzi di partecipazione democratica e volano di cultura e innovazione
(si veda la sorte delle reti civiche italiane).

Le politiche culturali italiane investono solo sulla conservazione
del patrimonio e non sull'innovazione come accade nel nord Europa.
Questo deficit intellettuale considera i nuovi media solo come nuovi
contenitori per vecchi contenuti. Occorre invece riconoscerli come
autonome forme di cultura e incentivarne la sperimentazione sociale.

Una cultura dei media innovativa si è sviluppata in questi anni
solo grazie a pratiche spontanee provenienti dalla società. Proprio
il ritardo delle istituzioni e della sensibilità collettiva ha
permesso che il movimento della comunicazione indipendente
raggiungesse la massa critica per autorganizzarsi in soggettività
autonome.


5. Nuovi media: la televisione incontra la rete

La rete ha rappresentato il periodo di scoperta e formazione ai
media partecipativi. Ma è ancora il medium televisivo a mantenere la
centralità sociale, culturale, politica. Per questo urge pensare a
come renderlo democratico e a come far incontrare il medium rete con
il medium televisione. La televisione va considerata una nuova
protesi ed estensione della rete: ma per evitare nuovamente la
ghettizzazione dei media alternativi, l'orizzontalità della rete deve
unirsi al potere "socializzante" della televisione.

Strategie della comunicazione indipendente sono: diffusione
dell'accesso ai canali e alle tecnologie, proliferazione delle
emittenti, produzione di contenuti alternativi. Per le Televisioni
Urbane invece il punto nodale non è il semplice controllo dei canali
o dei contenuti ma la riconquista dell'enunciazione collettiva del
messaggio, ovvero del ruolo pubblico e collettivo del palinsesto.

Il medium televisione è interessante solo ai fini di una sua
destrutturazione in un nuovo medium partecipativo, trasparente,
etico, in modo che la sua potenza sia indirizzata allo sviluppo
culturale ed economico della cittadinanza e non ai fini del mercato o
del consenso politico.


6. Nuova televisione: i canali ad accesso pubblico

Per questo occorre ideare la nascita di Televisioni Urbane nella
forma di canali televisivi ad accesso pubblico e promuovere la
partecipazione sociale e comunitaria a questi canali.

Per accesso pubblico intendiamo un canale tv non solo accessibile
ma gestito dalle comunità che compongono la vita sociale della città.
L'accesso pubblico ha senso se viene usato per un palinsesto
collettivo e non per un palinsesto gestito dall'alto.

Per televisione comunitaria intendiamo una televisione che non si
limiti al semplice accesso pubblico e ad un retorico esercizio di
libertà di espressione (open publishing) ma che sappia fare società e
costruire legame sociale (community access e non semplice open
access).

Le Televisioni Urbane si basano su una partecipazione sociale
diffusa, non coinvolgono solo mediattivisti e professionisti della
comunicazione (come accade in molte sperimentazioni).

Le Televisioni Urbane hanno uno statuto e una missione sociale
salvaguardati da una Carta Etica, che riconosce tutti i diritti, i
doveri e i piaceri di una comunicazione partecipativa.


7. Nuovi contenuti: dal palinsesto nazionale al palinsento urbano

Le Televisioni Urbane sono televisioni a tutti gli effetti che
fanno informazione, intrattenimento, cultura e che sanno costruire
una narrazione quotidiana in cui una intera società si riconosce e si
confronta. Le televisioni urbane riconquistano il palinsesto in
quanto genere di narrazione collettiva. Al palinsesto nazionale,
spina dorsale del consenso e dei ritmi del corpo sociale, viene
sostituito un palinsesto urbano costruito dal basso.

Cuore delle Televisioni Urbane è il Palinsesto Comunitario che
rispecchia tutta la compagine sociale lasciando i suoi spazi
all'autogestione diretta delle comunità e dei singoli soggetti. Il
Palinsesto Comunitario organizza anche gli spazi di confronto e
incontro fra le diverse realtà per creare nuovo tessuto democratico e
rispetta gli stili e i linguaggi più anticonformisti e radicali.


8. La città: la televisione innestata nel tessuto sociale

La città è la dimensione nuova con la quale si deve confrontare la
comunicazione indipendente: non per la scala ridotta ma perché la
città è il livello primo e immediato del fare società. La televisione
cittadina ad accesso pubblico può innestarsi facilmente in ogni
settore della vita civile, culturale, economica. La Televisione
Urbana si rivela così prezioso strumento e modello del municipalismo
partecipativo.

Si deve smettere di considerare il movimento come enunciatore primo
della comunicazione libera e prepararsi a fare società e a
conquistare gli spazi del quotidiano. Il fine del Manifesto delle
Televisioni Urbane è trasformare un fermento internazionale di
innovazione in un moto che costruisca società reale.


9. Il modello economico: media non profit e cooperativi

Nuove modelli di comunicazione sociale sono credibili e alternativi
al monopolio solo se si dotano di autonomia economica. Il
mediattivismo deve evitare gli errori del passato: nella sua storia
ha creato rotture e inventato media e consumi che poi è stato
incapace di gestire e abbiamo visto recuperati dal mercato (ad
esempio le radio libere degli anni '70 che in Italia aprono la strada
alle radio commerciali).

Le Televisioni Urbane seguono uno statuto non profit e di
cooperazione sociale, dove gli utili vengono reinvestiti per nuove
produzioni e progetti ai fini della collettività. "Editore" è la
cittadinanza stessa e non i privati o le istituzioni pubbliche.

Le Televisioni Urbane funzionano come meta-medium dell'economica
locale in una prospettiva post-fordista: innescano un volano per
l'economia del multimediale, valorizzano le produzioni locali,
realizzano una economia dei contenuti a vocazione sociale.


10. Il modello politico: l'autonomia della società

Le Televisioni Urbane nascono per iniziativa della società e non
delle istituzioni o del mercato. Le politiche istituzionali devono
riconoscere l'autorganizzazione nel campo della cultura e dei media e
guardarsi dalle simulazioni di "società civile" e "comunicazione
sociale" ad uso politico o commerciale.

Le Televisioni Urbane inaugurano un nuovo rapporto della società
con i soggetti economici e istituzionali che fa saltare le vecchie
strutture verticali di mediazione e rappresentanza per far posto a
nuove reti orizzontali e autonome, più adatte a vivere la società
contemporanea post-fordista. Privati e istituzioni sostengono
l'autonomia del sociale.
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Titolo Autore Data
forza nuova = culi rotti forza nuova = culi rotti Thursday, Mar. 27, 2003 at 5:45 PM
Il Canto del Cigno magius Thursday, Mar. 27, 2003 at 5:44 PM
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