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Carlos Menem è colui che potrebbe incarnare questo modello di presidente, lo stesso che dagli spot elettorali televisivi ha promesso di "stabilire l'ordine, utilizzare la mano dura e porre fine al tempo dei delinquenti e dei piqueteros". Menem è uno dei candidati che ha le maggiori possibilità di imporsi nella tornata elettorale di domenica, ed è lo stesso che ha promesso di "non dubitare neanche un minuto sulla possibilità di usare l'esercito nelle strade per imporre l'ordine e la legge".
Casualmente è menemista anche il Giudice Rimondi, lo stesso personaggio che ha ordinato lo sgombero e la violenta repressione ai danni delle lavoratrici della Brukman.
Altro candidato alla presidenza è Lopez Murphy, uomo di fiducia
dell'establishment argentino, che includerebbe nel proprio gabinetto di
governo ex-funzionari della dittatura militare e usufruirebbe della
collaborazione dell'attuale Capo dei Servizi segreti, Miguel Angel Toma,
responsabile diretto dell'omicidio di Dario Santtillan e Maximiliano Kosteki
sul Puente Pueyrredon.
Lo stesso candidato alla vicepresidenza che accompagna Elisa Carriò ha
dichiarato che "bisogna mostrare il pugno di ferro con i piqueteros e mettere
un freno alle mediazioni sui piani sociali". Ha poi concluso proponendo che
l'esercito prenda parte attiva nella distribuzione di aiuti alimentari.
Chiari segnali di questo ennesimo progetto repressivo si sono visti in questi ultimi mesi (Padelai-MTD San Telmo-Sasetru-Zanon-Lezama Sur-Brukman- Salta-Jujuy-Susa Abalos), e saranno oggi ulteriormenti rafforzati dalla presenza dell'esercito in strada per evitare eventuali manifestazioni e proteste anti-elezioni.
Alla base di tutto si cela l'intenzione di ritornare a trattare con il Fondo
Monetario Internazionale, fin dal primo giorno dopo le elezioni, e riprendere la
politica economica di sempre.
Da questa parte della barricata, nonostante esistano posizioni e analisi
differenti, persino contrapposizioni evidenti rispetto a queste elezioni (c'è
chi si presenterà con un proprio candidato, chi si è pronunciato a favore
dell'astensione o del voto nullo e chi opta per il boicottaggio), sono
state organizzate risposte unificate a quella che sembra essere l'inizio di
una campagna repressiva a largo raggio. La mobilitazione di massa e il
presidio per la fabbrica Brukman, prima e dopo la violenta repressione subita,
e la rezione difronte alla sparizione di Susana Abalos vanno in questa
direzione. E ben oltre i metodi diversi di lotta e le preoccupazioni che si
esprimono in ogni azione, si può partire da una buona base per la costruzione
di fronti comuni che permettano di opporsi alla nuova offensiva del capitale.
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