La questione del nazionalismo basco: analisi.
"Molte nazioni credono di avere origini antiche e nobilissime, e spesso questa presunta profondità storica viene impugnata per dare forza e fierezza alla propria identità. In realtà, non pochi di questi contesti nazionali risalgono al secolo XIX, quando l'Europa ridefinì i propri equilibri interni configurando degli assetti statali che all' incirca sono quelli odierni." Eric J. Hobsbawm
Non solo. Nella pur grande varietà di forme che i nazionalismi hanno assunto e assumono è possibile rilevare un'altra regolarità: al di sotto delle manifestazioni di ostilità di un 'etnia nei confronti di un'altra, i nazionalismi nascondono spesso questioni che attengono al rapporto fra classi e ceti di una stessa società. E' risaputo che i miti storici del romanticismo svolsero un ruolo rilevante nel sorgere dei nazionalismi nel secolo XIX, come fattori di legittimazione ideologica, per la necessità di tali movimenti di dotarsi di una storia ad hoc. Questa si basava spesso sull'invenzione di tradizioni (L'invenzione della tradizione, 1983 Hosbawm), quando non si trattava di falsificazioni o manipolazioni del passato. Nella genesi e nello sviluppo del nazionalismo basco ritroveremo puntualmente tutti gli elementi appena considerati: la costruzione di un'identità per contrapposizione (alla Spagna e agli spagnoli), avvenuta in maniera per molti aspetti artificiale, sul finire dell'Ottocento; la falsificazione del passato e la sua ricostruzione in termini mitici; le trasformazioni delle dinamiche socioeconomiche che sul piano politico e culturale danno origine a fenomeni di reazione xenofoba e nazionalista. Storia, sociologia, psicologia, antropologia hanno tutte contribuito, a modo loro, a dimostrare che l'identità (individuale e collettiva) non è un'entità oggettiva che può essere semplicemente scoperta o riconosciuta: essa non è inerente all'essenza di un oggetto, ma dipende dalle nostre decisioni. In altri termini, ha carattere di convenzionalità. Naturalmente quello dell'identità resta un problema aperto e a volerlo approfondire si rischia di scivolare addirittura sul piano filosofico, toccando l'ormai millenaria questione dell'esistenza degli universali. Qui ci accontentiamo di sottolineare, per ciò che concerne i gruppi sociali, che l'identità (nazionale o etnica che sia) è sempre "costruita" o "inventata". Si può obiettare che la cultura in cui gli individui sono immersi, la lingua che si apprende sin dall'infanzia, le abitudini che si acquisiscono frequentando un dato contesto sociale, sono così pervasivi da formare l'identità in modo quasi deterministico. Ciò è senz'altro vero: ma vale anche il ragionamento inverso. L'importanza della cultura, ossia di un sistema di simboli e valori appresi dagli individui e successivamente interiorizzati, è così grande proprio perché permette di "costruire" l'identità sociale. "Orientando" la cultura (attraverso l'educazione, la propaganda, la diffusione di simboli e valori) si orienta anche l'identità individuale e sociale; e se il fatto che essa sia percepita come un dato oggettivo e immutabile le conferisce in qualche modo lo status di realtà effettiva, ciò non toglie che si tratti sempre di un prodotto creato dall'uomo. Basti pensare alla nostra identità di italiani, che diamo per scontata, quasi fosse sempre esistita, mentre invece è il risultato di una lenta costruzione. La celebre frase di Massimo d'Azeglio: "Abbiamo fatto l'Italia, adesso dobbiamo fare gli italiani", ormai ridotta a una nota di colore nella storia del nostro Risorgimento, ne è l'implicita prova. L'invenzione della tradizione basca fu realizzata nel secolo XIX dal fuerismo romantico e prenazionalista nella sua triplice versione politica, storica e letteraria, e continuata in buona misura, anche se con alcuni cambiamenti significativi, dal primo nazionalismo basco di Sabino Arana. Questi ereditò il discorso mitico e leggendario del fuerismo, reinterpretandolo in chiave già non più regionalista bensì nazionalista radicale. V.N. http://www.storiain.net/arret/num66/artic2.asp
|