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Argentina:il colpo basso di Menem
by alice Saturday, May. 17, 2003 at 11:01 AM mail:

articolo da il manifesto del 15 maggio

Argentina, il colpo basso di Menem
Sotto nei sondaggi rinuncia al ballottaggio, Kirchner presidente ma con veleni
Elezioni. La tv annuncia: l'ex presidente diserta il secondo turno. E delegittima il vincitore
MAURIZIO GALVANI
E' stato un giallo il ritiro dalla corsa per le presidenziali di Carlos Menem, dopo l'annuncio fatto a sorpresa da alcuni più stretti collaboratori dell'ex-presidente, un annuncio che ha incendiato e avvelenato la campagna elettorale ed è rimasto per giorni senza conferme. Fino a quando non Carlos Menem ma una tv «all news» si è incaricata di sciogliere il dubbio: la firma sull'atto di rinuncia c'era, il secondo turno non ci sarà, alla Casa Rosada andrà Nestor Kirchner. Ma invece che il plebiscito del secondo turno (si parlava di oltre il settanta per cento), Kirchner ci andrà senza altra legitimazion che il 22 per cento conquistato al primo turno. Una delegittimazione pesantissima per un presidente che dovrà trattare il futuro del paese con le massime istituzioni finanziarie mondiali, e senza perderne il controllo. Kirchner ha definito Menem «un codardo», e ha aggiunto: «La sua rinuncia è funzionale ai gruppi economici che hanno beneficiato di tutti i privilegi del decennio menemista». Il 72enne Menem, ieri, è volato nella città di La Rioja (provincia di Salta), lasciando il paese a cuocere in attesa di un annuncio.La ragione del ritiro di Menem - che ha governato il paese per circa un decennio, tra il 1989-1999 - si spiegano con i risultati degli ultimi sondaggi che lo danno per sconfitto con appena il 30% dei voti. Menem è stato sempre abituato a stravincere al primo turno, quindi non vuole sopportare una derrota (sconfitta) clamorosa nei confronti del governatore di Santa Cruz, Kirchner, delfino dell'attuale presidente Euduardo Duhalde. Così, come suo costume, ha giocato sporco: dopo il 27 aprile aveva accusato l'avversario di frode elettorale, ora cerca di ridimensionarne il successo. Kirchner sarà il primo presidente, nella storia mondiale, a salire in carica senza essere stato eletto ufficialmente dal voto popolare. In Francia, nemmeno il fascista Le Pen era giunto a tanto quando era certo di una sconfitta contro Chirac. Inoltre, fu proprio l'ex-presidente a promuovere una modifica costituzionale per introdurre, in Argentina, il ballottaggio. Menem sa di dare un colpo alla tenuta istituzionale del paese che vive - proprio per la sua politica neoliberista - uno dei momenti più critici sia dal punto di vista economico che sociale. Il terzo paese latinoamericano è sprofondato da circa quattro anni nella depressione. Ormai il 60% degli argentini vive in povertà ed il peso continua a svalutarsi sia nei confronti del dollaro che dell'euro.

Nestor Kirchner «è» il nuovo presidente, come ha già detto il capo di stato Eduardo Duhalde, ma «è» un presidente dimezzato e non solo a causa di questa velenosa competizione elettorale. Il mediocre candidato peronista è anche l'ultimo frutto della crisi del partito giustizialista, che in queste elezioni non è riuscito a presentare un candidato unico. Quando l'ex-governatore di Santa Cruz salirà, il 25 maggio, alla Casa Rosada sarà l'espressione del meno peggio di quelli che si sono candidati (il peggio è appunto Carlos Menem). Kirchner rappresenta solo la continuità con il duhaldismo e gode solamente dell'appoggio opportunista del Fondo monetario internazionale che, da alcune settimane, ha rinviato una missione di lavoro in Argentina, paese che ha un debito di circa 145 miliardi dollari. Per finire, Kirchner puo contare solo dell'appoggio dell'apparato intermedio peronista, che lo ha sicuramente favorito.

Quello che non può assolutamente rappresentare è la società civile argentina che - dopo le giornate di dicembre del 2001 - ha tentato di riorganizzarsi per rispondere alla crisi economica. Non può ottenere il consenso dei piqueteros, del movimenti delle assemblee popolari, delle fabbriche recuperate. Questa parte della società può solo aspettarsi un inasprimento della repressione. Il segnale è già stato dato con alcuni sgomberi da parte della polizia delle imprese occupate dai lavoratori che avevano continuato a produrre dopo la fuga dei proprietari.

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