Messa al bando di Segi ed Askatasuna
Nuovo colpo ai diritti ed al Diritto
Il giudice Baltasar Garzón ha proceduto ieri all’illegalizzazione delle attività di Askatasuna (organismo popolare che si occupa delle vittime della repressione, n.d.t.) e di Segi (organizzazione giovanile della Sinistra indipendentista basca) con un’azione che, per quanto attesa, è grave sia dal punto di vista giudiziario che da quello politico. Se le basi giuridiche dell’incarcerazione dei membri di Gestoras pro Amnistia (organismo sciolto e sostituito da Askatasuna, n.d.t.) e Haika (organizzazione sciolta e sostituita da Segi, n.d.t.) e della successiva illegalizzazione delle attività di entrambe le organizzazioni erano apertamente messe in discussione da prestigiosi giuristi, i provvedimenti emessi ieri risultano semplicemente inqualificabili. È evidente che stiamo assistendo ad un processo alle intenzioni. Si illegalizza ciò che si suppone facciano due organizzazioni, perché le si considera eredi di altre, ma non perché si sia potuto dimostrare che la loro azione è la stessa, precedentemente illegalizzata. Ciò è più che evidente nel caso di Askatasuna, che ha appena un mese e mezzo di vita. Quali attività, fra quelle portate avanti da questa organizzazione, ledono l’attuale legalità? Solidarizzare con i prigionieri politici baschi? Prestare loro aiuto? Denunciare le azioni eccessive di corpi e forze di polizia? O denunciare le conculcazioni di diritti che si verificano persino negli stessi tribunali? Tutte queste attività costituiscono la pratica abituale di centinaia di organizzazioni umanitarie, alcune prestigiose, come Amnesty International. Neppure le attività che si attribuiscono a Segi e delle quali si legge nel provvedimento, giustificano la sua illegalizzazione.
Gli strumenti di cui ci si serve per agire contro Askatasuna e Segi sono improponibili in uno Stato di Diritto, così come, da un punto di vista logico, crolla sotto il suo stesso peso anche l’atto processuale con il quale Baltasar Garzón cerca di rispondere alla Quarta Sezione, assicurando che esistono indizi di collegamento fra ETA ed Ekin (organismo della Sinistra indipendentista dichiarato fuori legge, n.d.t.). Nell’uno e nell’altro caso la dimostrazione della relazione fra l’organizzazione armata ed il resto dei collettivi citati, esiste solo a partire dalla volontà predeterminata di stabilirne l’esistenza; pertanto, agendo in senso contrario a quanto dovrebbe accadere in un’istruttoria, si cerca di dare a qualsiasi fatto l’apparenza necessaria a confermare le tesi precostituite.
La questione è che , il Ministero degli Interni, attraverso la Polizia, sta guidando tutto questo processo, che cerca di illegalizzare e bloccare l’insieme dell’indipendentismo basco; il fatto che un’istanza superiore stia facendo decadere la maggior parte delle risoluzioni di Garzón quasi non ha ripercussioni pratiche, posto che molte delle azioni del magistrato hanno avuto conseguenze irrimediabili e, inoltre, il giudice non modifica la sua condotta. Euskal Herria, oggi, vive in uno Stato d’eccezione e di incertezza giuridica che colpisce i diritti individuali ed il Diritto collettivo.
«Ci chiamano “figli della democrazia”, ma ci mettono fuori legge perché ci organizziamo»
I giovani vedono rafforzato il loro sciopero della fame ed annunciano una giornata di lotta ed un tour informativo in Europa
Dopo che l’ultima azione di Baltasar Garzón è stata resa pubblica, tutti gli sguardi si sono diretti verso lo sciopero della fame che sedici giovani stanno mettendo in atto da sabato, ad Iruñea. Da lì, Araitz Zubimendi ha riassunto la situazione, indicando che «ci chiamano “i figli e le figlie della democrazia”, ma ci incarcerano, ci torturano e ci mettono fuori legge perché ci organizziamo». Oltre a confermare la prosecuzione del digiuno, «ancora più necessario», hanno annunciato un tour informativo in Europa ed una giornata di lotta per il prossimo venerdì. Ramón SOLA / IRUÑEA
«Ci chiamano “i figli e le figlie della democrazia”, e ci incarcerano, ci torturano e ci mettono fuori legge perché ci organizziamo. Siamo condannati a vivere nella democrazia della dittatura». Con queste parole, la parlamentare di Batasuna, Araitz Zubimendi, , ha riassunto la sensazione dei giovani della Sinistra indipendentista di fronte alla nuova illegalizzazione decretata dalla Audiencia Nacional (Tribunale Speciale spagnolo, n.d.t.).
Zubimendi ha incontrato la stampa nei sotterranei della chiesa della Asunción di Iruñea, dove sedici giovani, per il quarto giorno, stanno portando avanti uno sciopero della fame a tempo indeterminato. «Sabato scorso abbiamo spiegato le nostre ragioni ed abbiamo parlato di uno Stato d’eccezione», ha ricordato Zubimendi, «Oggi, ci troviamo di fronte ad un altro attacco, che non è nuovo, ma che fa sì che le ragioni di questa protesta siano più che mai necessarie», ha rimarcato.
Nella breve conferenza stampa, la portavoce dei giovani ha evidenziato che «nonostante le difficoltà, continueremo a lavorare in difesa dei diritti di Euskal Herria e per l’indipendenza». A questo proposito, ha annunciato iniziative concrete legate allo sciopero della fame di Iruñea, come l’organizzazione di riunioni con diversi settori della società «per unire forze in favore di Euskal Herria. Chiederemo loro impegni concreti, non solo dimostrazioni di solidarietà. Esigeremo una vera soluzione, affinché la gioventù basca possa vivere in libertà e nel seno del suo popolo. Non chiederemo solidarietà, ma passi avanti nella costruzione nazionale», ha ribadito.
Come risposta diretta all’attacco del giudice Baltasar Garzón, i giovani hanno annunciato che dopodomani avrà luogo una giornata di lotta, che comprenderà l’appello a scioperi nelle scuole. Contemporaneamente, Araitz Zubimendi ha spiegato l’imminente partenza di una carovana che percorrerà l’Europa per riunirsi, fra gli altri, con rappresentanti del Partito Comunista francese, che ricopre incarichi di responsabilità nel Governo di Lionel Jospin, e del Sinn Fein.
Partono le proteste, critico il PNV e riserve di EA R. S. /IRUÑEA
Batasuna renderà note oggi iniziative «di mobilitazione e politiche» in risposta alle nuove iniziative contro organizzazioni della Sinistra indipendentista. Gli atti del giudice Baltasar Garzón sono stati criticati duramente dalla Sinistra indipendentista. Da parte sua, il PNV ha considerato che «limitano e ledono i diritti fondamentali» ed Eusko Alkartasuna (formazione nazionalista “moderata”, n.d.t.) ha espresso «riserve».
Da Batasuna, Joseba Permach ha inquadrato gli atti in «un ulteriore attacco che fa parte di un’aggressione multilaterale più che evidente, giorno dopo giorno. Il problema è che lo Stato spagnolo non sopporta che vi sia una gioventù che gli faccia fronte, che sia ribelle, né un organismo come Askatasuna che denuncia le sue violazioni di diritti», ha affermato, prima di definire la situazione creata come «Stato d’eccezione».
LAB (sindacato della Sinistra indipendentista, n.d.t.) ha definito Garzón come un «ibrido fra un giudice ed un inquisitore» e ha affermato che dietro le sue azioni «si intravede un attacco pianificato e scaglionato ad un insieme di organizzazioni e collettivi che danno fastidio al nazionalismo impositivo spagnolo».
Dalla Sinistra indipendentista altre organizzazioni hanno espresso il loro assoluto rifiuto; così Zutik ha evidenziato «la perversità di questo sistema giudiziario» e ANV ha sottolineato che «questa è una decisione del PP e dello Stato spagnolo, e bisogna dirlo chiaramente», dopo di che ha accusato PNV, Izquierda Unida ed EA di utilizzare un altro linguaggio per «occultare le loro contraddizioni politiche e morali».
In attesa
Da queste ultime formazioni si sono ascoltati rifiuti più timidi. È stato il caso dell’Euzkadi Buru Batzar (organismo dirigente nazionale, n.d.t.) del PNV, che ha emesso una nota nella quale fa presente che «da questo partito, in numerose occasioni, si è detto che non è possibile commettere un reato senza realizzare personalmente alcuna azione criminale». Contemporaneamente considera che «sono illegali le associazioni e risultano illecite le attività che perseguono fini o utilizzino mezzi considerati come reato oggi non esiste alcuna risoluzione giudiziaria definitiva che dichiari illegittimo o illecito alcuno dei fini o delle attività ai quali si presume si riferisca il giudice Garzón».
Eusko Alkartasuna, da parte sua, si è limitata ad esprimere «riserve» ed a dichiararsi in attesa di conoscere i fondamenti giuridici, sebbene abbia anticipato che «i precedenti di azioni giuridiche simili, da parte del giudice Baltasar Garzón, inducono a sospettare della loro scarsa consistenza e dell’impulso politico che , già in altre occasioni, si è avvertito nelle azioni di questo magistrato».
Il Ministro degli Interni spagnolo, ha preso posizione all’opposto; per Mariano Rajoy la decisione di illegalizzare le attività di Segi e Askatasuna è «molto importante» e «pienamente coerente» con azioni precedenti della Audiencia Nacional. Secondo la sua opinione, le due organizzazioni rappresentavano un «chiaro caso di frode alla legge», dopo le illegalizzazioni di Gestoras pro Amnistia e Haika. Perciò si è detto «molto soddisfatto» e ha anticipato che ora «bisognerà agire».
F.FERNANDEZ Qual è lo stato dei diritti di Euskal Herria?
Per costatare che i diritti collettivi di Euskal Herria sono negati politicamente, non è necessario consultare le emeroteche; i dirigenti dello Stato spagnolo lo ribadiscono più e più volte. Per sintetizzare al massimo si può dire: Euskal Herria «non esiste». Così è stato stabilito chiaramente nel recente congresso del PP.
Lo «Stato di diritto» non è inteso complessivamente, perché lo Stato, la Spagna, precede il Diritto. Questa riflessione è stata divulgata, nelle ultime settimane, dal Presidente del Tribunale Costituzionale spagnolo, Manuel Jiménez de Parga, esponente del «patriottismo costituzionale» almeno dalla fine degli anni Cinquanta, quando, con l’autorità della sua cattedra di Diritto Politico, pubblicò il lavoro “La V^ Repubblica francese. Una porta aperta alla dittatura costituzionale”.
«Coloro che desiderano sostenere che quanti, obbedendo ad un medesimo piano criminale, si dividono le diverse funzioni di un’organizzazione terrorista complessa non sono, come minimo, parte integrante della stessa, hanno l’onere di dimostrarlo». Questa idea, che difficilmente si combina con il diritto alla presunzione d’innocenza e che toglie all’Accusa «l’onere» di dimostrare la colpevolezza dell’imputato, porta la firma di Baltasar Garzón. In un articolo pubblicato, il 28 gennaio, su “El Pais”, intitolato «Terrorismo e terroristi» e firmato dallo stesso giudice e da un cattedratico di Diritto Penale, Garzón cerca di stabilire che non c’è differenza fra condividere «il medesimo fine» e condividere i «mezzi criminali».
Con questi intrecci politico – giuridici, è facile capire contro chi sia diretta l’offensiva dello Stato spagnolo. Chi sostenga i postulati della Sinistra indipendentista sarà obiettivo delle misure repressive del caso, come finora. Chi si articoli in qualsiasi organizzazione che sostenga, con la parola e con i fatti, la sovranità di Euskal Herria sarà, ed è, perseguito. E chi osasse pretendere che si osservino i diritti fondamentali dei cittadini baschi al di là dell’indissolubile unità dello Stato spagnolo, sarà attaccato «costituzionalmente».
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