Qualche informazione sulla Sardinia Gold Mining, il suo profitto, il nostro oro, l’avvelenamento e lo scempio del territorio
Fermare lo scempio del territorio e la rapina delle risorse per il reale sviluppo della terra e l’occupazione dei sardi salvaguardando la salute di tutti è non solo possibile ma doveroso
Una multinazionale, una delle tante che piovono in Sardegna come avvoltoi, la Sardinia Gold Mining, costituita da capitali privati e (originariamente) pubblici, ha avuto in regalo dalla Regione Sarda, per lo sfruttamento dell’oro, circa 400 ettari di territorio dei comuni di Furtei, Segariu, Serrenti e Guasila. Forse non tutti sanno come funzionano queste regalìe, per cui riassumiamo i passaggi fondamentali.
La Regione Sarda ha facoltà di dare concessioni per la ricerca e lo sfruttamento delle risorse del suolo e del sottosuolo, ad imprese pubbliche e private. Quando si tratta di ricerche, il contributo di danaro pubblico elargito direttamente alle imprese è enorme, tant’è che in pratica i costi ricadono quasi esclusivamente sulla collettività. Le imprese private hanno modo così di squarciare, violentare ed avvelenare il territorio isolano a costi zero, ed infine trovandovi materiali sfruttabili (minerali o altro) hanno diritto di precedenza rispetto ad altre imprese, nel caso di concessioni per lo sfruttamento e la coltivazione di cave e miniere. La concessione per lo sfruttamento delle materie prime, elargita ad ampie mani dalla Regione Sarda (ed Enti da essa foraggiati) fa entrare nelle casse pubbliche ben ... 25 euro ad ettaro. Attenzione, ciò che l’impresa paga, pur trattandosi di materiali estratti a metri cubi, è esclusivamente la superficie ottenuta in concessione. Nel caso specifico della Sardinia Gold Mining (S.G.M.), per la concessione dei 394 ettari di terreni in agro di Furtei, Guasila, Segariu e Serrenti, entrano nella casse regionali “ben” 10.000 euro (meno di venti milioni di vecchie lire) all’anno. È anche da precisare che ai comuni interessati allo scempio, alla distruzione ed all’avvelenamento non entra assolutamente manco un centesimo di euro.
Nel solo 1998 (ed era il secondo anno di attività) la Sardinia Gold Mining ha realizzato profitti per circa 10 miliardi di lire. Dopo aver “prodotto” nei primi tre anni e mezzo di distruzione sistematica ed avvelenamento del territorio, ben 3 tonnellate e mezza di oro, nei successivi 5 anni di attività la Sardinia Gold Mining – utilizzando nuove biotecnologie – arriverà a produrne ben 6 tonnellate. Ciò significa che in circa nove anni la S.G.M. avrà rapinato ai sardi circa 10 tonnellate d’oro. In soldi vogliono dire approssimativamente 200 miliardi di lire, ovvero 20 miliardi l’anno. Nei primi 10 anni di concessione,in cambio, la Sarda Regione incasserà appena 200 milioni di lire.
La SGM, solo nei primi anni di attività, ha ottenuto contributi pubblici a fondo perduto, per un totale di 11 miliardi di lire, il che vuol dire che ci vorranno ben 500 anni di “fitto” per la concessione affinché le casse pubbliche reintegrino quanto regalato in soldi pubblici alla multinazionale australiana. Per realizzare il suo profitto, nei suoi primi 10 anni di attività, la S.G.M. nel frattempo sta facendo letteralmente scomparire circa 3.500.000 tonnellate di montagne e colline. L’oro infatti (nonché l’argento ed altri minerali preziosi che la SGM riceve in regalo dai nostri politici), viene ottenuto tramite un processo particolare (con l’utilizzo del cianuro) e si trova in quantità di appena 3-3,5 grammi per tonnellata di materiale polverizzato. Tutto questo scempio: scomparsa di colline,polverizzazione di 3 milioni e mezzo di tonnellate di materiale in soli 10 anni di attività, avvelenamento del territorio, compromissione irrecuperabile dell’intera area, manomissione definitiva del sistema idrogeologico, ecc. viene propagandato come POSSIBILITA’ DI OCCUPAZIONE.
Ma è vero?
Già i dati sopra riportati lo smentiscono categoricamente, ma vogliamo essere più precisi. Prima di tutto è assolutamente indispensabile chiarire che la SGM, dietro lauti compensi da parte della Sarda Regione, sta in pratica “carotando” tutto il territorio isolano in cosiddette “attività di ricerca”. È dietro compenso della Regione Sarda che ha scempiato il territorio di Osilo, quindi inquinato, quindi deviato falde acquifere di già sfruttate. Al momento non siamo in possesso delle cifre elargite dalla regione alla multinazionale australiana, ma non saranno di certo piccole elemosine. Non siamo neppure in possesso, al momento, delle cifre relative alla vendita del residuo di terra sarda dopo l’estrazione dell’oro e dell’argento, terra ricevuta in omaggio e poi messa in commercio come sottobitume nelle strade sarde, in particolare la 131. Nonostante questa carenza di dati, abbiamo però le altre cifre che smentiscono nella maniera più assoluta che la politica colonialista della Regione Sarda e degli altri Enti ed istituzioni, crei occupazione. Al momento dell’ottenimento della concessione la S.G.M. dichiarò di dare occupazione a ben 83 persone. Era ed è una gigantesca bugia. Il personale specializzato, quello dirigente e di fiducia, nonché i contabili erano di già dipendenti della multinazionale madre australiana, la Australian Gold Mining. Delle poche decine di lavoratori sardi, ben 23 unità vennero messe in cassa integrazione il secondo anno di esercizio dell’impresa, mai riassunti a quanto ci è dato sapere. Poniamo che attualmente la SGM dia occupazione a 30 operai sardi, impiegati tra l’attività di ricerca e lo sfruttamento della concessione di Furtei. Nei soli primi due-tre anni di attività la SGM ha ottenuto ben 11 miliardi di lire di soldi pubblici, cioè 11 mila milioni di lire. Dividendo tale cifra per i 30 occupati sardi a ciascuno di loro spetterebbero ben 366 milioni di lire, ovvero un salario di quasi 18 milioni e mezzo l’anno, per 20 anni consecutivi. Se, pertanto, i soldi pubblici elargiti ad ampie mani alla multinazionale australiana nei soli primi tre anni di attività, fossero stati dati direttamente ai 30 dipendenti sardi si avrebbe che: – 30 famiglie sarde avrebbero il sufficiente garantito per 20 anni; – non vi sarebbe la distruzione di colline e montagne sarde per 3 milioni 500 mila metri cubi nei soli primi 10 anni di attività; – non vi sarebbe l’avvelenamento di eventuali falde acquifere nei 400 ettari dati in concessione, e nell’area circostante; – non vi sarebbero né il disastro ambientale nella concessione, né il pericolo di inquinamento dell’intera area circostante, che così sarebbe sfruttata, come in passato, dall’intera comunità se non altro per la raccolta di funghi, asparagi, per il pascolo brado, per coltivazioni specializzate (mandorle ed ulivi, ad es.), e per il rimboschimento. Quelle poche decine di sardi occupati nella SGM sono solo il paravento a mezzo del quale chiunque sbarca nei porti sardi con 50 euro in tasca, può rapinare impunemente, dietro lasciapassare della classe politica in vendita al miglior offerente, la terra, le risorse e le popolazioni sarde. Ma poi, quanti vi lavorano effettivamente dei paesi di Guasila, Segariu, Furtei e Serrenti, che sono le comunità direttamente espropriate di quell’area e soggette a forte inquinamento? La verità è dunque solo una: che utilizzando i soldi pubblici elargiti nei soli primi 2-3 anni di attività alla SGM, la trentina di occupati sardi attuali avrebbero potuto seguire per ben 20 anni un produttivo rimboschimento dei 400 ettari dati in concessione, senza distruggere assolutamente nulla, senza inquinare alcunché, soprattutto senza pericolo di avvelenamento delle popolazioni e degli animali, nonchè della vegetazione. La salute, la terra sarda, la ricchezza naturale non solo sarebbero integre e salvaguardate, bensì ulteriormente migliorate. Che l’estrazione dell’oro, dell’argento e degli altri minerali preziosi sia effettuata con gravissime conseguenze per l’area data in concessione, per l’intero territorio circostante, e per le popolazioni, è divenuto evidente questa primavera, proprio in quel pezzo di concessione in agro di Guasila, ove son site alcune delle vasche al cianuro. Le vasche traboccano da mesi ed il puzzolente e velenoso liquido ha inondato ormai non solo l’area data in concessione, ma anche quella circostante. Il cianuro è un acido estremamente tossico – veleno vero e proprio – per cui è evidente che quando la SGM, per calmare gli animi e poter iniziare i lavori, affermò l’innocuità del sale dell’acido cianidrico, mentì spudoratamente. I sali non evaporano affatto, ciò che evapora è l’acqua. I sali si depositano, si essicano, si polverizzano nello strato superficiale e vengono così trasportati dal vento e dispersi nell’area vicina e lontana circostante, avvelenando non solo eventuali falde ma le coltivazioni, i pascoli, gli alberi e le persone che li respirano. Tutti oggi possiamo verificare quella menzogna. E per la salvaguardia della salute delle popolazioni, dell’integrità del territorio, anche perché quello circostante la concessione è soggetto a pascolo, a coltivazione ecc., sarebbero opportuni controlli periodici – analisi chimiche e biochimiche – in superficie ed in profondità, di tutte le zone della concessione e dell’intera area circostante, nonché delle acque di eventuali falde e del canale EAF dell’acqua potabile che percorre un bel tratto proprio a ridosso della recinzione della concessione. Cosa ha mai fatto, di tutto ciò, la ASL competente?
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