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Torino: alle radici dell'odio. Serata antirazzista
by FAI Torino Thursday October 16, 2003 at 02:42 PM mail: fat@inrete.it 

Torino venerdì 17 ottobre ore 21,15: "Alle radici dell’odio: il razzismo diffuso ed il razzismo delle istituzioni" interventi sulla condizione dei migranti all’epoca delle leggi razziste dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini. In corso Palermo 46

Senza stati né frontiere nessuno è clandestino:
dibattito antirazzista

Alle radici dell'odio

Torino venerdì 17 ottobre ore 21,15: "Alle radici dell’odio: il razzismo diffuso ed il razzismo delle istituzioni" interventi sulla condizione dei migranti all’epoca delle leggi razziste dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini.
Interventi di Massimo Ortalli dell’Archivio Storico della FAI e Simone Bisacca, avvocato. Nella sede della Federazione Anarchica Torinese in c.so Palermo 46.
La sede della FAT è aperta ogni giovedì dalle 21,15; tel. 338 6594361; mail fat@inrete.it

SENZA STATI E FRONTIERE NESSUNO È CLANDESTINO

“Non esistono frontiere naturali nel senso dato loro dai patrioti. Tutti i limiti costruiti fra le nazioni sono opera dell’uomo e nulla impedirebbe che venissero spostati o cancellati.” Eliseo Reclus

Nel 1998 entra in vigore la cosiddetta legge Turco-Napolitano, varata dall’allora governo di Centrosinistra (e con l’appoggio di Rifondazione Comunista), con lo scopo di disciplinare l’ingresso e il trattamento degli stranieri extracomunitari in Italia. Tale normativa nasceva dall’esigenza di adeguarsi alle disposizioni dell’Unione Europea in materia di flussi migratori, una politica che vide il suo apice con gli accordi di Schengen: secondo questo trattato l’Europa è diventata una specie di “fortezza” dai confini invalicabili all’interno della quale è garantita la libera circolazione delle merci e delle persone (purché cittadini europei), mentre viene negato l’ingresso a tutti quegli stranieri che non possano garantire in termini di identità, reddito, status sociale. La suddetta legge istituisce i “Centri di Permanenza e Accoglienza Temporanea” (CPT), nome (non a caso) ingannevole dietro il quale si nascondono vere e proprie realtà carcerarie, con regolamenti restrittivi, inadeguata assistenza sanitaria, sbarre, filo spinato, poliziotti dal manganello facile. L’immigrato che fugge dalla fame, dalla precarietà economica, da regimi invivibili è così accolto da carabinieri e poliziotti con guanti di lattice che lo caricano su una camionetta e lo trasportano dentro il CPT più vicino. Per questo non è necessario aver commesso alcun delitto: unica colpa quella di non essere in regola. Quest’anno il governo delle destre continua sulla stessa linea politica con la legge Bossi-Fini, che raddoppia (portandolo a sessanta giorni) il tempo di detenzione, e stabilisce l’aberrante nesso fra permesso di soggiorno e contratto di lavoro. Se non hai già un lavoro prima di entrare, non sei il benvenuto. Destra e sinistra non sembrano diverse. La manovra è chiara: il capitalismo abbisogna di forza lavoro ricattabile e a basso costo, e si serve del suo gendarme, lo stato, per pianificare il suo disegno di profitto e di dominio. I nodi della globalizzazione neoliberista vengono al pettine, ma in barba ai vaneggiamenti di chi ha teorizzato la fine del ruolo degli stati-nazione, vediamo che lo stato riprende tutta la sua funzionalità. L’identità nazionale, religiosa, culturale è accesa in nome di una fantomatica guerra al terrorismo che spinge all’odio razziale e allo scontro fra civiltà, giustificando guerre di occupazione quali quella in Afganistan e in Iraq. I Paesi poveri, nella più totale indifferenza dei più, vengono tenuti sotto scacco con la guerra, l’esportazione di armi, col sostegno a governi dittatoriali, con la protezione offerta alle imprese multinazionali, e col ricatto dei soldi prestati per uno sviluppo che non arriva mai. E in risposta alla fuga dalle situazioni di miseria createsi lo stato riscopre un suo concetto sostanziale: il confine. Le politiche neoliberiste che abbattono dazi e dogane favoriscono l’invasione di capitali nei paesi dominati, mentre le porte sono chiuse a chi chiede di rifarsi una vita. L’utile capro espiatorio offerto dall’immigrato, sempre dipinto come potenziale terrorista o piccolo criminale, legittimano un graduale rafforzamento degli apparati polizieschi e militari, l’accentramento dei poteri e la restrizione delle libertà. D’altra parte, è una misura estrema data dalla necessità. La stessa ossessione securitaria che ha sempre sorretto l’esistenza stessa dello stato, giustificando la brama di dominio e oppressione che sono nella sua natura. Il razzismo è un prodotto dello stato e del capitalismo, e solo la loro definitiva abolizione, assieme all’abbattimento delle frontiere, delle galere, dei tribunali, della polizia e degli eserciti può portare a quello spazio di libera associazione e sperimentazione delle forme politiche che da sempre noi anarchici vogliamo. Solo l’azione diretta, l’auto-organizzazione del lavoro e della vita sociale senza deleghe e gerarchie possono offrire un’alternativa al modello statuale che da sempre esiste per opprimere. E d’altronde, di fronte a una destra e una sinistra che sono sempre più simili, l’inganno parlamentare e riformista si rivela proprio oggi come una truffa colossale, arma della borghesia per contenere e controllare ogni opposizione entro i limiti da lei stabiliti. Stato, capitalismo, razzismo hanno la stessa origine, e perciò urleremo ancora una volta che nostra patria è il mondo intero e che non esistono poteri buoni!
Federazione Anarchica Torinese - fai c.so Palermo 46

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